L'antropocene non è un'epoca geologica, ma ne viviamo pienamente gli effetti

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Dopo 15 anni di dibattito sul tema, gli scienziati hanno deciso che questa definizione non si adatta all'epoca in cui viviamo

L'Antropocene, cioè quella che abbiamo imparato a considerare l'età dell'uomo, non è un epoca geologica. Lo dicono gli scienziati della Commissione Internazionale di Stratigrafia (ICS) che, dopo 15 anni di dibattito attorno al tema, hanno deciso di non adottare questa parola. Anche se diventata familiare e largamente usata a causa dell'influenza antropica all’origine di cambiamenti climatici, cementificazione terrestre e danni alla biodiversità, ci sarebbero delle questioni tecniche che impedirebbero agli esperti di considerarla una definizione utile anche alla scienza. Ma procediamo per gradi scoprendo, prima di tutto, cosa si intende precisamente con la parola antropocene.

Cos'è l'Antropocene

Nel 2000 il premio Nobel per la chimica Paul Crutzen parlò per la prima volta di Antropocene, definendola come l'epoca dell'uomo. Infatti, in questo periodo storico l'ecosistema terrestre avrebbe subìto un forte condizionamento da parte delle attività e comportamenti umani, per lo più con conseguenze negative per il pianeta. La crisi climatica in atto ne è l'esempio più lampante. 

L'intuizione verrebbe da lontano. Infatti, già nel 1864 George Perkins Marsh, nel suo saggio L’uomo e la natura ossia la superficie terrestre modificata per opera dell’uomo, sottolineò come la vita umana stesse mettendo a rischio l'ecosistema con conseguenze nefaste anche per la propria sopravvivenza sulla Terra. 

L'Antropocene sarebbe l'epoca successiva all'Olocene, ultimo segmento dell'era Quaternaria, iniziato tra i 12 mila e 9 mila anni fa. L'intuizione di Crutzen avrebbe spinto molti scienziati ad abbracciare la definizione e a lavorare per "certificare" l'avvento di questa nuova epoca. Nel 2019, infatti, i geologi si sono messi al lavoro per individuare tracce di plastica, alluminio o cemento in ghiacci, terra o nei coralli marini. I ritrovamenti sono necessari per far sì che i geologi possano certificare come reale l'impatto dell'uomo sul pianeta

L'uomo ha davvero condizionato i cambiamenti della Terra?

Oggi sappiamo che la plastica e le microplastiche sono ovunque, persino nei nostri corpi. Che i cambiamenti climatici sono una certezza scientifica. Che gli allevamenti intensivi e la cementificazione hanno compromesso ampie porzioni del pianeta. Eppure, la decisione dell'ICS mette in discussione il consenso – finora unanime – sul fatto che l'uomo sia la causa dei principali cambiamenti subìti dal pianeta. Tuttavia, non c'è nessun dubbio che le attività umane abbiano avuto tangibili e disastrose conseguenze su clima, morfologia e biodiversità della Terra.

Antropocene: è davvero una nuova era?

Gli scienziati si sono posti anche un altro interrogativo. Nel mettere in discussione l'etichetta "Antropocene" non intendono negare che l'essere umano e il suo modello di sviluppo abbiano apportato dei cambiamenti al pianeta. Il punto per la comunità scientifica è valutare se ciò che sta accadendo da 70 anni a questa parte possa davvero essere riassunto in una nuova epoca per l'umanità e il pianeta Terra. Gli scienziati sono più propensi a credere che, per quanto terribile, le evoluzioni in atto possano essere considerate eventi dell'Olocene

Il concetto di Golden Spike

L'individuazione di una nuova epoca geologica si lega indissolubilmente al concetto di Golden Spike. L'espressione, che significa letteralmente "chiodo dorato", si riferisce a quei "marcatori" visibili nella stratigrafia terrestre che possano indicare senza ombra di dubbio il passaggio da una era geologica all'altra, così da inserirlo nella scala geocronologica del pianeta Terra. 

Gli scienziati sono impegnati da anni nella ricerca di Golden Spike dell'antropocene. I candidati più promettenti sono stati due, perché su di essi portano il "marchio" inequivocabile dell'impronta dell'uomo nella storia geologica del Pianeta. Si tratta della barriera corallina di Flinders, in Australia, e dell'estuario della baia di San Francisco. Ma in realtà sono stati anche altri i siti papabili, tra cui le stalattiti della grotta di Ernesto in Valsugana. Poi è stato proposto il fango sul fondo del lago Crawford in Canada. Ma torniamo ai due Golden Spike più importanti. 

 

  • Barriera corallina di Flinders: su questi coralli è chiaramente "registrato" l'aumento della Co2 nell'atmosfera terrestre dal 1850 a oggi, con un picco fra la fine degli anni '50 e '60 del Novecento a causa dei numerosi test atomici del periodo.
  • Estuario della baia di San Francisco: l'ecosistema di questo ambiente ha subito una modifica sostanziale rispetto al passato a causa dell'arrivo delle cosiddette specie aliene (non autoctone, ma arrivate a causa delle attività umane) da luoghi molto lontani. L'instaurarsi delle specie aliene ha modificato sostanziualmente l'habitat del luogo, tanto che sono oggi presenti nella documentazione fossile del sito, diventando una vera e propria "firma geologica" dell'impatto dell'uomo sul pianeta.

 

Tuttavia, nonostante i suddetti possibili golden spike, oggi non c'è ancora un parere unanime sulla questione, soprattutto riguardo all'imprescindibile elemento della sincronicità, ovvero un fattore che nel passaggio dal Mesozoico al Cenozoico è stato molto più chiaro. Questo passaggio, ad esempio, è segnato in modo certo dall'impatto con la Terra del meteorite che ha portato all'estinzione dei dinosauri. Al contrario, per l'antropocene sembra mancare un evento altrettanto significativo. Gli scienziati si trovano a dover valutare un passaggio graduale e diacronico a causa del fatto che le tracce "raccontate" dal pianeta hanno peso diverso nelle varie aree del globo a seconda dei gradi di sviluppo dell'umanità presente nella data zona.

Che l’uomo abbia cambiato il volto della Terra è tuttavia un dato di fatto ormai sotto gli occhi di tutti. Il discorso sorto attorno alle questioni tecnico-scientifiche circa la definizione e l’uso del nome “Antropocene” per caratterizzare la nostra epoca non può quindi far abbassare il tono dell’allarme lanciato dalla comunità scientifica sulle conseguenze che i comportamenti umani hanno provocato (e continueranno a provocare) sul Pianeta. 

Stefania Leo

Foto di apertura: Freepik