Generalità

Insieme dei mari e delle terre situati attorno al Polo Nord e convenzionalmente racchiusi entro l'isoterma di 10 ºC del mese meno freddo, limite che coincide, all'incirca, con la linea di transizione tra la foresta e la tundra. Il contorno delle regioni artiche così assunto è in ogni caso frastagliato e irregolare; si spinge molto a S del Circolo Polare Artico in corrispondenza degli oceani Atlantico e Pacifico, mentre corre grosso modo lungo il parallelo di 70º N in corrispondenza delle terre, includendo le isole a N del continente nordamericano e la Groenlandia ed escludendo la sezione settentrionale della Scandinavia che, lambita dalla calda Corrente del Golfo, gode di un clima sensibilmente più mite di quello delle altre regioni poste alla medesima latitudine. A differenza di quello che avviene alla latitudine opposta, al Polo Sud, nella regione artica è presente l'elemento umano in Lapponia così come nel Nordamerica e nelle isole settentrionali della Russia. Assai sfruttato durante la guerra fredda per ragioni geopolitiche, dall'inizio del sec. XXI sulla calotta artica stanno convergendo attenzioni e nuove sensibilità ambientali, determinate soprattutto dal timore dello scioglimento massiccio dei ghiacci. Questo preoccupante fenomeno rischia di ingenerare una corsa all'allargamento delle acque territoriali dei singoli Paesi al fine di poter sfruttare economicamente la possibilità di trivellazione ed estrazione degli idrocarburi, petrolio in particolare. A questo proposito la Russia ha organizzato, nel 2007, la spedizione Arktika 2007, con lo scopo dichiarato di affermare la sovranità russa sui fondali dell'Oceano Artico, argomentando questa tesi con la supposta derivazione dei fondali artici dallo scudo siberiano.

Divisione politica

Le terre artiche sono incluse nelle masse continentali in vicinanza delle quali si trovano: vengono pertanto distinte in terre polari europee, asiatiche e americane. Le terre polari europee comprendono l'isola di Jan Mayen (377 km²) e le Svalbard (61.020 km²), norvegesi, la Terra di Francesco Giuseppe (16.100 km²) e la Novaja Zemlja (82.600 km²), russe. Le terre polari asiatiche, tutte appartenenti alla Russia, comprendono l'arcipelago della Severnaja Zemlja (37.560 km²); le isole Piccola Tajmyr (364,5 km²), Schmidt (727,9 km²), della Solitudine (236,5 km²), Wiese e Ušakov; l'arcipelago della Nuova Siberia (38.400 km²); le isole De Long (789 km²), Wrangel (7270 km²) e Herald (10 km²). Le terre polari americane comprendono la Groenlandia (2.166.600 km²), formalmente possedimento danese, e le isole della Regina Elisabetta (ca. 1.500.000 km²), all'estremità nordoccidentale del Canada. La principale delle terre artiche, la Groenlandia, appartiene alla corona danese, seppure sia in atto già dal 1979 un processo di graduale indipendenza dell'isola. L'Artide americano è diviso tra Canada e Stati Uniti (Alaska), mentre quello euroasiatico è spartito tra Norvegia e Russia. Sull'Oceano Artico, però, non si esercita una vera e propria giurisdizione da parte di nessuno degli Stati nordici, godendo quindi questa zona dell'extraterritorialità.

Geografia fisica

La parte centrale dell'Artide è il Mar Glaciale Artico, che a causa della scarsa salinità e delle bassissime temperature è un'immensa distesa di ghiacci perenni. Le terre sono costituite in prevalenza da gnéiss e graniti che compongono la piattaforma siberiana, quella baltico-scandinavo-russa e lo Scudo Canadese. La grande area è circondata dalle masse continentali; l'unico varco molto ampio è quello tra la Norvegia e la Groenlandia, identificato con il Mare di Norvegia e il Mare di Groenlandia; praticamente all'opposto si trova invece lo stretto di Bering, tra la Siberia e l'Alaska. Le terre artiche hanno la caratteristica di essere piuttosto piatte: i rilievi raggiungono a fatica i 2000 m di altezza e si concentrano nella Siberia nordorientale, in Islanda, nell'Alaska settentrionale, nell'isola di Baffin e in Groenlandia. Il sistema dei fiumi è estremamente scarso; le basse temperature impediscono le precipitazioni e il terreno quasi sempre gelato (permafrost) non assorbe l'acqua di fusione del ghiaccio; di conseguenza si vengono a formare acquitrini e laghi poco profondi. Si possono definire artici quei fiumi che scorrono verso N e sono gelati nel loro ultimo tratto per gran parte dell'anno; sono per esempio lo Yukon in Alaska, la Lena, lo Jenisej e l'Ob in Russia.

Clima

Il clima è l'elemento unificatore di queste terre, pur così diverse secondo altri aspetti. Per la grande obliquità dei raggi solari il Polo ha luce continua per sei mesi di seguito e per altrettanti notte continua; alla latitudine di 80º N i giorni senza tramonto sono 134 e altrettanti quelli senza luce; a 70º di latitudine i due periodi opposti sono di 64 giorni, mentre al Circolo Polare si hanno una volta all'anno un giorno di luce (21 giugno) e una notte (22 dicembre), che durano 24 ore. I valori medi della temperatura sono inferiori a 0 ºC durante quasi tutto l'anno; solo in un breve periodo estivo (2 o 3 mesi) si hanno valori medi superiori a 0 ºC, con disgelo del suolo. I valori minimi sono stati osservati non in prossimità del Polo Nord o alle latitudini più elevate, dal momento che queste aree godono dell'effetto mitigatore del mare, bensì nel cuore delle terre che fanno parte dell'Artide, dove al fattore latitudine si aggiungono quelli dell'altitudine e della continentalità. Le zone più fredde sono la sezione settentrionale dell'isola di Ellesmere (Canada) e la Groenlandia; in quest'ultima la temperatura media annua è di -30 ºC al centro dell'isola, con valori di -22 ºC sulle coste settentrionali e di -8 ºC su quelle meridionali, mentre il minimo osservato è stato di -70 ºC (North Ice). Le precipitazioni sono scarse, inferiori in media ai 260 mm annui, e distribuite in numerosi giorni, con minimi di circa 140 mm nella Siberia orientale, nel Canada settentrionale e in Groenlandia. Caratteristica dell'Artide è la nebbia di ghiaccio, che si forma quando vapor d'acqua viene immesso in aria a temperatura inferiore a -30 ºC e si trasforma in cristalli di ghiaccio. Venti gelidi e impetuosi soffiano in continuità dal Mar Glaciale Artico, area di permanente alta pressione.

Flora e fauna

La vegetazione è limitata alle zone continentali e alle isole interessate indirettamente dalla Corrente del Golfo; prevale la formazione a tundra che, a nord, è caratterizzata da licheni (generi Cladonia, Cetraria, Alectoria ecc.), da molti muschi e quindi da erbe cespitose (per esempio Ciperacee, Graminacee, Sassifragacee). Scendendo verso S la vegetazione si fa più rigogliosa con salici nani, piccole betulle, Ericacee e altre specie simili ad alcune di quelle che si trovano nelle zone alpine più alte. La fauna, specie marina, è ben rappresentata. L'animale più caratteristico è l'orso bianco o polare (Thalassarctos maritimus). Vi sono inoltre la balena dei Baschi (Eubalaena glacialis), la balena della Groenlandia (Balaena mysticetus), a rischio di estinzione, il tricheco (Odobenus rosmarus), il narvalo (Monodon monoceros), il beluga (Delphinapterus leucas), varie otarie e foche, renne, volpi, lupi, diversi roditori fra cui alcuni lemming, il bue muschiato (Ovibos moschatus) e, fra gli uccelli, l'edredone (Somateria mollissima), il gabbiano di Ross (Rhodostethia rosea) e alcune gazze marine. In ambito fossile va segnalata la recente scoperta di un'antichissima foresta fossile risalente all'Eocene (ca. 45 milioni di anni fa) sull'isola di Axel Heiberg (Canada settentrionale).

Ambiente

L'Artide, nonostante la limitatissima antropizzazione, è una delle aree del pianeta soggetta a maggiore rischio ambientale. Gli effetti del riscaldamento globale, innanzi tutto, stanno progressivamente riducendo lo spessore e l'estensione della calotta polare, motivo per cui, tra l'altro, si stanno aprendo, seppur solo per alcuni periodi dell'anno, nuove rotte commerciali tra Europa, Asia e America del Nord. All'inizio del XXI secolo navi di grosso tonnellaggio riescono a solcare aree fino a pochi decenni fa riservate alle sole rompighiaccio. In particolare, destano preoccupazione le nuove rotte delle petroliere, come ha dimostrato il caso del terribile incidente occorso alla Exxon Valdez, che nel 1989 riversò al largo delle coste dell'Alaska oltre 40.000 tonnellate di greggio, procurando un vero e proprio disastro ambientale. L'assottigliamento dei ghiacci artici prefigura poi la possibilità di installare nella zona piattaforme per l'estrazione di idrocarburi, a tutto detrimento degli equilibri ambientali. Accanto ai nuovi rischi ambientali, sussistono poi altre e più antiche forme di sfruttamento, in particolare della fauna artica, come attesta la perseveranza con cui, ancora nel 2010, alcuni Paesi (come il Canada) continuano a consentire la caccia alla foca; ma anche altri animali sono duramente colpiti dall'attività dei cacciatori di pellicce come, per esempio, orsi bianchi, trichechi, buoi muschiati, ermellini.

Popolazione

La popolazione nativa è, poco numerosa: nel continente americano i maggiori gruppi sono gli inuit (in precedenza chiamati eschimesi, ‘mangiatori di carne cruda'), gli athabaska (Alaska) e gli yupik; nel continente euroasiatico i sami (o lapponi) nella Scandinavia settentrionale, gli jakuti (o sakha), i nenet e ciukci (Siberia). In molte aree va scomparendo il carattere nomade di questi popoli dediti alla caccia e alla pesca: vari villaggi, abitati da bianchi e da nativi, sono sorti nei pressi delle miniere, delle stazioni di ricerca scientifica, degli aeroporti e delle basi militari (Eureka e Alert sull'isola di Ellesmere; Thule in Groenlandia; Longyearbyen, Barentsburg e nelle Svalbard; Dikson, Tiksi e Tabor sulle coste siberiane; Nome e Barrow in Alaska; Kugluktuk (già Coppermine) sulla costa artica canadese ecc.).

Attività economiche

La valorizzazione economica dell'Artide ha portato a un incremento demografico, sia pure variabile da regione a regione, ma soprattutto ha determinato un accentuato fenomeno di inurbamento, con conseguente crescita dei centri urbani di maggiori dimensioni. Oltre alla pesca e alla caccia, sono risorse della zona i giacimenti minerari: carbone nelle Svalbard, sulle coste siberiane e in Groenlandia; criolite e grafite in Groenlandia, ma soprattutto petrolio. Si sono scoperti nuovi giacimenti o è cresciuta la produzione dei minerali metallici, dei minerali preziosi e di carbon fossile. Nuovi campi di petrolio e gas naturale hanno iniziato la produzione in Alaska, nel Canada artico e nei territori artici ex sovietici. Gran parte delle entrate statali dell'Alaska, per esempio, dipendono dall'estrazione degli idrocarburi. Questi fondi sono in parte raccolti nell'Alaska Permanent Fund, uno strumento finanziario attraverso il quale si redistribuisce una porzione delle entrate da attività estrattive alla popolazione locale. Le vie di comunicazione, cui è legato lo sviluppo economico, sono soprattutto aeree (dal 1957 si effettuano voli transpolari, con scalo ad Anchorage) e marine, inoltre nel 1969 per la prima volta una grande nave, la superpetroliera Manhattan, ha attraversato il passaggio di Nord-Ovest, quasi ovunque bloccato dai ghiacci. Lo sviluppo delle comunicazioni aeree ha aperto al turismo regioni prima altrimenti irraggiungibili, ma di grande interesse naturalistico e paesaggistico, come le Svalbard, l'isola di Baffin e la Groenlandia. La rete stradale si è ulteriormente sviluppata in Alaska e quella ferroviaria in Siberia.

Esplorazioni

L'esplorazione delle terre polari artiche ebbe inizio nel sec. XVI, all'epoca delle grandi scoperte geografiche, e fu determinata soprattutto dalla necessità (avvertita sin da quando fu chiaro che le terre raggiunte da Colombo non erano il favoloso Oriente), di trovare una via più breve per raggiungere l'Asia costeggiando verso E le terre europee e asiatiche bagnate dal Mar Glaciale Artico (vedi passaggio di Nord-Est), oppure a W, attraverso l'Arcipelago Artico Americano (vedi passaggio di Nord-Ovest), le cui vie furono rispettivamente trovate da Nordenskjöld nel 1878-79 e da McClure nel 1850-54 . Contemporaneamente altri esploratori avevano volto la loro attenzione alla conquista del Polo Nord e a una maggior conoscenza del bacino artico. Il raggiungimento del Polo richiedeva la soluzione di un fondamentale problema: il Polo si trovava nel mare libero, dopo una cintura più o meno larga di ghiacci, o era posto sui ghiacci che dalle coste nordamericane e dalla Groenlandia si stendevano senza soluzione di continuità fino all'immaginario punto d'incontro di tutti i meridiani? Nel primo caso si poteva raggiungerlo con una nave, mentre nel secondo l'unico mezzo per conquistarlo era la slitta. Nel 1853 lo statunitense E. Kent Kane organizzò un viaggio con lo scopo di scoprire il “mare libero”, tracciando così una rotta artica; egli fu seguito nel 1860-61 da I. Hayes e da C. Hall, che nel 1871 toccò la latitudine di 82º 16´ N. Nel 1875 l'inglese G. Nares riuscì ad arrivare a ca. 700 km dal Polo, mentre l'anno successivo A. H. Markham raggiunse gli 83º 20´di latitudine N. Figura dominante nella storia delle esplorazioni artiche è quella del norvegese Fridtjof Nansen che, in seguito al rinvenimento presso le coste orientali della Groenlandia di alcuni relitti della nave Jeannette, naufragata al largo delle isole della Nuova Siberia, pensò all'esistenza di una corrente artica che facesse andare alla deriva i ghiacci attraverso mari ignoti. Studiò allora un piano arditissimo: farsi imprigionare dai ghiacci con una nave appositamente costruita, lasciarsi andare alla deriva, raggiungere possibilmente il Polo Nord e farsi poi trascinare verso i mari liberi. Partito da Christiania (l'odierna Oslo) con H. Johansen sulla nave Fram, da lui ideata, il 20 giugno 1893, fu imprigionato dai ghiacci nel mese di settembre; cominciò allora quella deriva che doveva portare la nave verso NW, permettendo agli scienziati di compiere numerose osservazioni e di provare l'esistenza della corrente prevista da Nansen, che non giungeva sino al Polo Nord, ma solo in prossimità di esso, presso gli 84º di latitudine N. Il 14 marzo 1895 Nansen e Johansen abbandonarono la nave, tentando di raggiungere il Polo con le slitte e gli sci, ma giunti a 86º 12´di latitudine N decisero di ritornare. Giunti su un'isola della Terra di Francesco Giuseppe il 7 agosto 1895, furono colti dalla notte polare e, costruita una capanna, si fermarono fino all'aprile 1896; ripresa la marcia raggiunsero la spedizione inglese di F. G. Jackson, che stava esplorando la Terra di Francesco Giuseppe, e poco dopo poterono far ritorno in Norvegia, quasi contemporaneamente alla Fram. L'anno seguente lo svedese S. A. Andrée, partito dalle Svalbard per raggiungere in pallone il Polo Nord, precipitò sull'isoletta di Kvitøya, dove morì di stenti con i suoi compagni. Nel 1899 Luigi Amedeo di Savoia, Duca degli Abruzzi, organizzò una spedizione per raggiungere il Polo. La nave usata, la Stella Polare, fu però seriamente danneggiata dai ghiacci durante lo sverno; per un incidente occorso al duca il comando della pattuglia che avrebbe dovuto raggiungere il Polo fu assunto dal capitano Umberto Cagni che, partito con le slitte l'11 marzo 1900, si portò sino alla latitudine di 86º 34´ N, superando i limiti toccati da tutti gli altri esploratori precedenti. Il 6 aprile 1909 il Polo Nord fu raggiunto per la prima volta dallo statunitense Robert Edwin Peary, partito, dopo numerose spedizioni preparatorie, il 1º marzo da Capo Columbia (isola di Ellesmere) con 23 uomini, 133 cani e 19 slitte. Un altro famoso esploratore polare fu il norvegese Roald Amundsen, che nel 1903-04 compì accurate osservazioni sul polo magnetico boreale e fu il primo a percorrere per nave il passaggio di Nord-Ovest; in una successiva spedizione (1925) tentò di raggiungere il Polo Nord servendosi di due aerei di costruzione italiana. I due aerei volarono sulla banchisa fino a 87º 44´di latitudine N, poi, per le avverse condizioni atmosferiche, dovettero ritornare: Amundsen però volle atterrare sul ghiaccio per compiere alcune osservazioni, e durante la manovra un aereo subì dei guasti e l'altro fu imprigionato dai ghiacci. Dopo quasi un mese di lavoro, l'aereo fu liberato e gli esploratori ritornarono alla base presso le coste delle Svalbard. L'anno successivo Amundsen volle ritentare l'impresa servendosi di un dirigibile semirigido, battezzato Norge, acquistato in Italia e ideato dal colonnello Umberto Nobile, che prese parte alla spedizione come comandante dell'aeronave. L'impresa aveva come scopo il raggiungimento del Polo e la traversata del bacino polare dalle Svalbard all'Alaska. Partito l'11 maggio dalla Baia del Re, il Norge all'1,30 del giorno seguente sorvolò il Polo Nord, atterrando poi a Teller in Alaska il 14 maggio. Due giorni prima della partenza di Nobile e Amundsen per il Polo, dalla Baia del Re si alzò in volo uno Junker, comandato dallo statunitense R. E. Byrd, che, raggiunto il Polo, fece ritorno alle Svalbard in meno di 16 ore. Nel 1928 Umberto Nobile fece ritorno alla Baia del Re con una nuova aeronave, Italia, gemella del Norge. Il programma scientifico della spedizione prevedeva un volo sulla Severnaja Zemlja e uno fino al Polo Nord. Dopo due primi viaggi (11 e 14 maggio) conclusisi positivamente, al ritorno dal terzo (25 maggio) il dirigibile fu sbattuto dalla tempesta contro il pack e dalla cabina sfasciata dall'urto caddero pochi viveri, una radio, una tenda e nove componenti dell'equipaggio; l'aeronave, così alleggerita, riprese quota e non si seppe mai la sua fine. La tenda venne colorata di rosso (la famosa tenda rossa) per renderla più visibile. Si mobilitarono i soccorsi, e tra essi l'aereo che portava Amundsen, che però disparve senza più fare ritorno. Nel 1931 il dirigibile tedesco Graf Zeppelin compì un volo polare che lo portò fino alla Terra di Francesco Giuseppe. Uno dei più noti esploratori polari moderni fu il francese J. B. Charcot, che compì numerose esplorazioni talassografiche nelle acque della Groenlandia. Nel 1930 Wilkins tentò di navigare sotto la calotta polare con il sottomarino Nautilus, ma fallì l'impresa. Nel maggio 1937 quattro uomini al comando di J. Paninin e O. Schmidt, sbarcati a poca distanza dal Polo Nord, rimasero alla deriva sul pack fino al febbraio dell'anno successivo. Nel 1951 il bacino artico fu attraversato in volo dall'americano C. Blair, che percorse la rotta Bardufoss (Norvegia)-Fairbanks (Alaska) in 10 ore e mezzo. L'idea di usare un sottomarino per l'esplorazione del bacino artico trovò pratica applicazione nel 1958, quando il sottomarino atomico statunitense Nautilus, comandato dal capitano W. R. Anderson, partì da Pearl Harbor il 22 luglio e arrivò a Portland (Inghilterra) il 12 agosto: il 3 agosto alle ore 23,15 si trovava esattamente sotto il Polo Nord. L'anno successivo l'impresa venne ripetuta dal sommergibile atomico Skate, che il 17 marzo emerse esattamente al Polo Nord forando la banchisa polare. Tra la fine del 1962 e l'inizio del 1963 il sommergibile atomico sovietico Leninskij Komsomol raggiunse il Polo Nord in immersione, e lì emerse rimanendovi per molto tempo. Tra il 1968 e il 1969 fu portata a termine da una spedizione scientifica britannica, guidata da W. Herbert, la prima traversata a piedi dell'Artide (5987 km): partiti da Barrow (Alaska) il 21 febbraio 1968 i componenti della spedizione raggiunsero il Polo Nord il 6 aprile 1969, dirigendosi poi alle Svalbard, che toccarono il 30 maggio 1969. L'impresa di Peary venne ripetuta nel 1971 da G. Monzino che, partito da capo Columbia (isola di Ellesmere), percorse, durante cinque mesi, ca. 800 km, quanti separano l'isola dal 90º latitudine N (isola T3), dove giunse il 12 giugno. Nel 1983 (marzo-maggio) ebbe invece luogo il discusso tentativo di A. Fogar. Partito da Capo Columbia in Canada, l'esploratore italiano cercò di raggiungere il Polo con una lunga marcia solitaria ma si fece poi trasportare in aereo per un tratto di 180 km, invalidando così l'impresa. Più felice fu invece la traversata dell'inglese D. Hemplemann-Adams, che nel maggio 1984 raggiunse a piedi il Polo Nord magnetico (non quello geografico) a 77º 17´ N, 101º 78´ W, dopo una marcia di 400 km durata 22 giorni.

Bibliografia

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