àugure

sm. [sec. XIV; dal latino augur -ŭris]. Sacerdote dell'antica Roma, membro di uno dei quattro collegi sacerdotali ufficiali. In origine gli auguri erano cinque, tutti patrizi; poi furono portati a nove, cinque patrizi e quattro plebei; e infine a quindici e a sedici, senza più alcuna distinzione tra patrizi e plebei. Compito degli auguri era di consultare Giove per l'assenso del dio in molti atti importanti della vita pubblica. La consultazione avveniva osservando i segni (per lo più la presenza di uccelli) che comparivano in uno spazio idealmente delimitato con il lituo (un bastone ricurvo). Tutto ciò che s'iniziava con l'assenso di Giove veniva detto “inaugurato”, ossia “aumentato” (il nome degli auguri deriva dalla stessa radice di augmentare, aumentare) dalla sacralità. Si inauguravano magistrature, sacerdozi, feste, templi e certi luoghi particolari. § Il termine ha assunto il significato estensivo e lett. di indovino, profeta; anche come agg., profetico: “l'augure stormo” (Carducci).

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