ACLI

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(Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani). Costituite nel 1944, a ridosso della firma del Patto di Roma (giugno 1944) con cui le correnti sindacali cristiana, socialista e comunista confluivano, sotto la spinta dei partiti politici, in un sindacato unitario, la CGIL (vedi sindacato), esse si configuravano come il luogo in cui il movimento sociale cattolico cercava di formare e guidare le attività di tutti coloro che si impegnavano nel campo sindacale. Negli anni seguenti, sotto la guida di Achille Grandi e Giulio Pastore, le ACLI ebbero il riconoscimento e l'appoggio del papa Pio XII. In seguito, però, alla rottura dell'unità sindacale e alla formazione della Libera CGIL (LCGIL), cui contribuirono con le decisioni prese al Congresso del 13 settembre 1948, le ACLI iniziarono a riconsiderare la loro natura, ripensamento che si fece inevitabile in rapporto alla scelta dei dirigenti sindacali cattolici di dar vita a un sindacato non confessionale, libero e indipendente dai partiti (la CISL). Oggi le ACLI constano di due distinte forme organizzative, tali da consentire una vasta e articolata azione, ispirata alle idealità cristiane di “formazione” e di “assistenza”, che, secondo lo statuto, deve svolgersi in piena armonia con le direttive della Chiesa (garantite dalla presenza di un assistente ecclesiastico). Da un lato esiste l'organizzazione di categoria, che si articola in nuclei aziendali, gruppi comunali, provinciali e nazionali, dall'altro operano i circoli dei lavoratori che rappresentano “la cellula prima e fondamentale del movimento”. Considerate un gruppo di pressione collaterale della DC sino alla fine degli anni Sessanta del Novecento, definirono nel 1969 (congresso di Torino) una propria autonomia di schieramento e, nel 1970 (convegno di Vallombrosa), una nuova linea programmatica, “l'ipotesi socialista”, che l'anno successivo induceva la CEI a togliere il consenso dei vescovi all'organizzazione. Nello stesso 1971 si scindevano dalle ACLI i gruppi dissidenti MOCLI (Movimento Cristiano Lavoratori Italiani) e Federacli, poi unitisi (1973) nel MCL (Movimento Cattolico Lavoratori). Se nel 1974, in occasione del referendum abrogativo della legge sul divorzio, il nuovo corso delle ACLI era confermato da una posizione antiabrogazionista, nel decennio successivo si è assistito a un certo ammorbidimento della linea politica aclista (pur nell'ottica della consolidata autonomia). Dopo il XVII Congresso (svoltosi a Milano nel 1988), le ACLI hanno accentuato il loro radicamento ecclesiale e la loro volontà a impegnarsi nel ricostruire un retroterra spirituale, etico e culturale per rilanciare l'impegno civile dei cattolici.
Nei primi anni Novanta, le Acli si sono aperte alla modernità, facendo propri alcuni valori quali l’ecologia, la giustizia sociale e la partecipazione democratica in tutti i Paesi del mondo, e proponendo iniziative a favore delle fasce più deboli della società italiana. Nel 1993 è avvenuta la cosiddetta “svolta di Chianciano”, durante la quale l’allora presidente Giovanni Bianchi ha invitato le Acli a intervenire in maniera incisiva nel Terzo settore.
Nel 1996 veniva siglato uno storico accordo tra Acli e Cisl per ritrovare l’unità sindacale e l’unità del Terzo settore. Nel 1998 Luigi Bobba subentrava a Franco Passuello alla presidenza delle Acli e lanciava un programma i cui punti fondamentali erano: lavoro, welfare, pace, cooperazione, globalizzazione della solidarietà. Nel 2006 Bobba lasciava la carica di presidente. Gli subentrava Andrea Olivero, sostituito nel 2013 da Giovanni Bottalico.

Bibliografia

L. Civardi, Il clero e l'azione sociale, Roma, 1955; L. Labor, In campo aperto..., Firenze, 1970; M. C. Sermanni, Le ACLI alla prova della politica, Bologna, 1986.

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