Almoràvidi

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Storia

(arabo al-Murābiṭūn, abitanti del ribāt, edificio fortificato). Appartenenti a un movimento religioso musulmano da cui ebbe origine una dinastia che controllò il Marocco, parte dell'Algeria e la Spagna musulmana dal 1062 al 1147. Il movimento ebbe inizio nel Marocco meridionale dove alcune cabile, appartenenti al grande gruppo etnico degli Zānagā, scelsero, dopo un periodo di rivalità, un emiro comune. Questi, convintosi nel corso di un pellegrinaggio alla Mecca che i Berberi non conoscevano il vero Islam, ricorse ad ʽAbd Allāh ibn Yāsīn al-Ğuzūlī, un dotto esponente della scuola ortodossa malikita che, raccolti in un ribāt gruppi di Berberi, li disciplinò con la pratica delle virtù religiose e formò una comunità di zelanti e devoti seguaci a cui inculcò l'ardore religioso per l'espansione dell'Islam. In pochi anni ʽAbd Allāh ibn Yāsīn raccolse numerosi proseliti e il suo movimento si trasformò in una forza politica tesa ad affermare la potenza degli Almoravidi che, sotto la direzione di Yaḥyā ibn ʽOmar e poi di Abū Bakr, luogotenenti di ʽAbd Allāh, conquistarono il Sahara occidentale e iniziarono l'espansione verso N dove incontrarono la resistenza dei Berberi Zenāta e degli sceriffi Barghawāṭa. Nel corso di queste spedizioni morì ʽAbd Allāh (1059) e il problema religioso passò, sotto il suo successore Yūsuf ibn Tashfīn, in secondo piano di fronte alle esigenze di conquista. Vinta la resistenza degli Zenāta, si proclamò sultano, assunse il nome di Yūsuf I e pose la propria capitale a Marrakech, da lui stesso fondata (1062). Yūsuf I, che controllava ormai il Marocco e parte dell'Algeria, passò in Spagna dove il suo intervento era stato richiesto dai reyes de Taifas contro i principi cristiani. Qui egli occupò gran parte del Paese dopo aver sconfitto Alfonso VI di Castiglia nella battaglia di Zalaka (23 ottobre 1086), presso Badajoz. Dieci anni prima suo cugino Abū Bakr aveva conquistato l'impero del Ghana. A Yūsuf succedette il figlio ʽAlī (1106-1143) che ampliò l'impero con l'annessione delle Baleari e proseguì la conquista dei regni di Taifas, già iniziata dal padre durante l'ultimo periodo del suo regno: gli Abbadidi e gli Aftasidi infatti erano stati sconfitti nel 1091 e nel 1094. Già in questi anni iniziò però la decadenza della dinastia, contro la quale si scatenavano gli attacchi, dapprima solo dottrinali, degli Almohadi. Sotto gli ultimi califfi la decadenza fu inarrestabile e gli Almoravidi dovettero cedere il potere al gruppo rivale degli Almohadi che nel 1147 conquistarono la capitale.

Arte

I sovrani Almoravidi continuarono la tradizione artistica degli Omayyadi di Cordova, che avevano realizzato un'unità stilistica fra Spagna musulmana e Marocco. Costruirono numerose moschee, delle quali le meglio conservate si trovano in Africa (Nedroma, Tlemcen). Queste presentano numerose navate, perpendicolari al muro della qibla, e il tetto in capriate e tegole smaltate; l'arco venne sfruttato sia nella forma polilobata che a profilo liscio. Delle forme architettoniche di Cordova vennero ripresi sia l'arco definito da conci a raggera sia la cupola a nervature; quest'ultima fu talvolta abbinata con la cupola a stalattiti. Gli Almoravidi introdussero anche alcune innovazioni, come gli archi a ferro di cavallo spezzato, i pilastri al posto delle colonne e la decorazione a griglie di mattoni, che sarà poi ripresa dagli Almohadi. Poco resta dell'architettura civile e militare. Le decorazioni dei monumenti erano ottenute mediante sculture in gesso e rivestimenti in ceramica smaltata; il tema preferito era la doppia palmetta d'acanto, spesso molto stilizzata.

Bibliografia

Per la storia

H. Terrasse, Histoire du Maroc des origines à l'établissement du protectorat français, 2 voll., Casablanca, 1949-50; Ch. A. Julien, R. Le Tourneau, Histoire de l'Afrique du Nord, 2 voll., Parigi, 1961.

Per l'arte

J. Caillé, La ville de Rabat jusqu'au Protectorat français. Histoire et Archéologie, 3 voll., Parigi, 1949; G. Marçais, L'architecture musulmane d'Occident, Parigi, 1954; idem, Moresco stile, in “Enciclopedia Universale dell'Arte”, Novara, 1980.

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