Berlioz, Hector

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Biografia

Compositore francese (La Côte-Saint-André, Isère 1803-Parigi 1869). A contatto con la vita musicale di Parigi, dove si era stabilito nel 1821 per studiare medicina, decise, sebbene osteggiato dalla famiglia, di dedicarsi alla musica, di cui prima si era occupato da autodidatta: divenne allievo di J. F. Lesueur e nel 1826 si iscrisse al conservatorio, avendo a maestro anche A. Reicha. Nel 1830 riuscì a vincere, dopo cinque tentativi, il Prix de Rome: nello stesso anno aveva compiuto e fatto eseguire la Symphonie fantastique, primo esempio di musica esplicitamente legata a un programma (dal quale tuttavia era stata condizionata solo in parte). A carattere autobiografico, questo rifletteva la sfortunata passione del compositore per l'attrice irlandese Harriet Smithson, di cui Berlioz si era innamorato, senza mai averla avvicinata, nel settembre 1827, dopo averla vista recitare in inglese (lingua a lui sconosciuta) la parte di Ofelia. Sempre nel 1830, prima di partire per Roma, il compositore si fidanzò con la bella pianista Camille Moke, ma questa poco dopo sposò Camille Pleyel. La notizia del tradimento gli fece intraprendere il viaggio di ritorno, con progetti omicidi e suicidi, improvvisamente mutati all'arrivo a Nizza. Sorse allora l'idea del Lélio, ou Le retour à la vie, lavoro che comprende diversi pezzi scritti in precedenza e collegati da un discorso affidato a un attore. Berlioz volle poi legarne il contenuto autobiografico a quello della Symphonie fantastique, con cui Lélio doveva formare un dittico inseparabile. Il periodo romano fu trascorso a malincuore e non lasciò tracce profonde; di ritorno a Parigi alla fine del 1832 fece eseguire Symphonie fantastique e Lélio in una serata cui la Smithson fu presente e della quale si sentì la protagonista. L'attrice conobbe così il giovane compositore, nel quale si era riaccesa l'antica passione, e acconsentì a sposarlo nel 1833. Alle preoccupazioni del matrimonio, che si rivelò un'esperienza infelice, si aggiunsero subito quelle finanziarie: Berlioz viveva esercitando la critica musicale su diversi giornali ed era costretto a contrarre debiti enormi per far eseguire a proprie spese le sue musiche. Alla fine del 1838 la generosa elargizione di 20.000 franchi da parte di Paganini, che lo aveva ascoltato dirigere la Symphonie fantastique e Harold en Italie, lo liberò da pressanti preoccupazioni economiche. A partire dal 1842 compì diverse tournées in Russia, a Londra e soprattutto in Germania, dove lo sosteneva l'amico Liszt. Nel 1854, alla morte della Smithson, sposò Maria Recio, una modesta cantante già da vari anni sua compagna; nel 1856 iniziò la composizione di Les Troyens, nel 1861 quella di Béatrice et Bénédict; negli ultimi anni compì nuove tournées in Austria, Germania e Russia.

Le opere

La figura di Berlioz ha sollevato valutazioni contraddittorie e attende ancora una definizione critica: tra i suoi limiti sono stati indicati quelli di una invenzione melodica non sempre spontaneamente ricca e felice e delle singolari cadute, nell'arco di una composizione, nel banale o nell'impacciato, quasi zone di vuoto. Si è viceversa visto in lui il padre dell'orchestrazione moderna, senza il quale gli sviluppi della strumentazione tardo-ottocentesca non sarebbero concepibili: l'uso di registri nuovi per il suo tempo (come il sapiente sfruttamento dei registri estremi degli strumenti) o l'impiego di strumenti rari (il corno inglese, il clarinetto piccolo) non sono che alcuni aspetti della sua esperienza di strumentatore, che confluì anche nel fondamentale Grand traité d'instrumentation et d'orchestre moderne, pubblicato nel 1844. La straordinaria invenzione timbrica costituì di fatto una componente essenziale della poetica di Berlioz: la ricerca di nuove sonorità fu alla base delle sue composizioni e spiega i limiti e soprattutto il carattere non dialettico dell'armonia, perché la sua funzione è quella di sostegno accordale al timbro. Non la continuità del discorso è perseguita, ma la folgorazione del frammento, in cui la sonorità inedita si impone come gesto di straordinaria eloquenza. Il costante riferimento a un programma o a un testo letterario non fa che rendere più evidenti, attraverso un dualismo che non si risolve nel fatto musicale, il rifiuto del discorso e la denuncia di un dissidio con il proprio tempo: un atteggiamento cioè che riflette una posizione coerentemente estetizzante e la dimensione astorica e rituale in cui cerca di proiettare il fatto musicale (anche di qui la ragion d'essere del gigantismo che contesta la normale vita concertistica, in cui non può e non vuole inserirsi). In questa luce si spiega quanto rimane di irrisolto nell'opera di Berlioz, si avvertono le folgoranti anticipazioni di esperienze musicali del sec. XX e si comprende come non si possa parlare di evoluzione stilistica. Oltre alle opere già citate, ricordiamo la sinfonia drammatica Roméo et Juliette (1839), la Grande Messe des Morts (1837), il Te Deum (1849), la trilogia sacra L'enfance du Christ (1850-54), che rivela un singolare arcaismo estetizzante, La damnation de Faust (1846; Dannazione di Faust), le liriche, fra cui in particolare le deliziose Nuits d'été (1834), e Les Troyens (1856-58), che nella produzione di Berlioz hanno una funzione significativamente conclusiva.

Bibliografia

J. Barzun, Berlioz and the Romantic Century, Boston, 1950; G. Favre, Hector Berlioz, Parigi, 1954; H. Barraud, Hector Berlioz, Parigi, 1955; F. D'Amico, Berlioz cent'anni dopo, in “Chigiana”, 1971; H. Barraud, Berlioz, Milano, 1978.

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