Bresson, Robert

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regista cinematografico francese (Brémont-Lamothe, Auvergne, 1907-Parigi 1999). Ha conquistato un posto alto, ma solitario e chiuso, nel panorama culturale del secondo dopoguerra, distinguendosi per il rifiuto sistematico di usare il mezzo d'espressione più popolare a fini di intrattenimento: per lui il Cinématographe è scrittura, non spettacolo. All'inizio della sua attività creatrice (La conversa di Belfort, 1944; Les dames du Bois de Boulogne ovvero Perfidia, 1945) si serviva ancora di attori; poi li abolì, e in quella che forse è l'“opera della sua vita”, Au hasard, Balthazar (1966), il protagonista è un asino, che ascende il Golgota, come il Signore. In Bresson la determinante concezione religiosa si trasforma in rigore stilistico, in uno scavo ellittico ed essenziale, in una sorta di altero calvinismo della regia. In lui, come già in Dreyer (con cui ha tentato di rivaleggiare in Procès de Jeanne d'Arc, 1963), è più importante il togliere che il mettere. Autore scarno, si è ispirato spesso a scrittori tormentati come Bernanos (Journal d'un curé du campagne, Diario di un parroco di campagna, 1951; Mouchette, 1967) e Dostoevskij (Pickpocket, 1959; Così bella così dolce, 1969, primo suo film a colori; Quattro notti di un sognatore, 1971). Il suo titolo più noto fu Un condamné à mort s'est échappé (1956; Un condannato a morte è fuggito), che riusciva a essere anche un omaggio alla Resistenza. Apologhi esistenziali, scanditi da un pessimismo totale, sulla crudeltà dell'universo terreno e la pena di viverci, risultano sia Lancillotto e Ginevra (1974) sia Il diavolo probabilmente... (1977): il primo ambientato in un corrusco mondo medievale, il secondo nel mondo contemporaneo sull'orlo dell'autoannientamento, inquinato materialmente e moralmente. Nel 1983 è tornato su questo tema col film L'argent. Nel 1989 ha ricevuto, a Venezia, il Leone d'oro alla carriera.

Bibliografia

R. Briot, Robert Bresson, Parigi, 1957; J. Sémolué, Bresson, in “Classiques du Cinéma”, 7, Parigi, 1959; M. Estève, Robert Bresson, in “Cinéma d'aujourd'hui”, 8, Parigi, 1962; Guerrini, L'inter-essere del frammento: il diavolo probabilmente... di Robert Bresson, Roma, 1980.

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