Bónghi, Ruggèro

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uomo politico e letterato italiano (Napoli 1826-Torre del Greco 1895). Dedicatosi agli studi umanistici, conseguì notevoli successi soprattutto nella lingua greca. Cadute le speranze in una lega italiana con l'allocuzione di Pio IX ai cardinali (29 aprile 1848), si rifugiò in Piemonte dove conobbe Rosmini e Manzoni. Dedito a una multiforme attività culturale, collaboratore di giornali, brillante conferenziere, autore di opere filosofiche, storiche e letterarie, nel 1859 ebbe da Cavour la cattedra di filosofia che aveva invece rifiutato dall'Austria. Deputato dal 1860 al 1892, professore in varie università (Milano, Roma, Firenze), direttore della Perseveranza (dal 1866), fondatore della Cultura, collaboratore della Nuova Antologia e del Politecnico, fu certamente uno dei maggiori pubblicisti e parlamentari della destra dopo l'unificazione. Relatore di maggioranza del disegno di legge delle Guarentigie (1871), fu successivamente ministro della Pubblica Istruzione e in tale qualità promosse numerose e importanti riforme e fondò a Roma la Biblioteca Vittorio Emanuele. Verso la fine della sua vita fu attento anche ai nuovi fermenti del mondo operaio e si volse allo studio del socialismo, ma con una certa superficialità e incertezza. Tra le sue opere si ricordano: I ritratti contemporanei (1879), Le Stresiane (post., 1897) e il volume Perché la letteratura italiana non sia popolare in Italia (1856), al quale è pressoché interamente legata la sua fama di scrittore. Merito indiscusso del libro è quello di aver contribuito a gettare il discredito sul linguaggio accademico e paludato dei letterati italiani.

Bibliografia

E. Savino, Ruggero Bonghi letterato, Lecce, 1940; G. Acocella, Dall'arte della politica alla scienza del governo, Napoli, 1988.

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