Carbonerìa

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sf. [sec. XIX; da carbonaro]. Società segreta, sorta nell'Italia meridionale all'inizio del sec. XIX. Alla diffusione della Carboneria nel murattiano Regno di Napoli non è forse estranea l'influenza borbonica e inglese, che cercò di strumentalizzare la setta per creare difficoltà allo Stato sorto dalle vittorie napoleoniche. Il progressivo disgregarsi dell'impero dopo la campagna di Russia permise alla Carboneria di consolidare le fila della propria organizzazione, che raccolse adesioni nei ceti sociali più vari, ma soprattutto nell'ambito della piccola borghesia, dell'esercito e anche del basso clero, mentre più tardi non mancheranno neppure adesioni da parte della borghesia industriale e professionale. La Carboneria rifiutava infatti il carattere antireligioso delle altre sette (vedi Massoneria), affermando anzi di trarre ispirazione dall'esempio di virtù lasciato da Gesù Cristo. Nel 1813 si ebbero i primi tentativi insurrezionali a Cosenza, Teramo e Pescara, presto circoscritti dalle truppe di Murat, che misero a sacco Altilia, considerata centro attivo della setta. Il re di Napoli tentò inutilmente di legare alla propria politica autonomistica la Carboneria che, attraverso le Marche e la Romagna, ben presto si diffuse anche nell'Italia settentrionale. Qui, ormai in piena Restaurazione, la Carboneria entrò in contatto con le sette preesistenti ispirate da F. Buonarroti e ne subì l'influsso accogliendo tra le proprie finalità la proclamazione della repubblica e la riforma agraria. Il cenacolo più attivo della Carboneria nell'Italia settentrionale si raccolse attorno al Conciliatore. Il frasario, sotto i cui veli la setta copriva gli scopi politici, era tratto dal gergo dei commercianti del carbone e il neofita ne veniva a conoscenza dopo una cerimonia di iniziazione di spirito romantico. Gli adepti erano detti buoni cugini e si suddividevano in 9 gradi gerarchici, mentre i luoghi di riunione si chiamavano baracche, vendite, vendite madri e alte vendite, in relazione a una rispettiva più ampia competenza territoriale. Numerosi furono i tentativi insurrezionali ispirati dalla Carboneria in quasi tutte le regioni d'Italia. Nel 1817 si ebbe un tumulto a Macerata, duramente represso; due ufficiali carbonari, M. Morelli e G. Silvati, guidarono (1820) la rivolta contro Ferdinando I, re delle Due Sicilie. Dopo i primi tentativi carbonari (vedi Risorgimento), Pio VII comminò la scomunica contro la Carboneria (settembre 1821), rivestendo così il reato politico di insurrezione anche di un carattere religioso. Il nuovo pontefice Leone XII confermò la condanna e infierì duramente sui carbonari in Romagna tra il 1824 e il 1826 e a Roma (impiccagione di Targhini e Montanari nel 1825). Le azioni del 1831, nate dalle speranze nella rivoluzione parigina del 1830, chiusero il ciclo delle insurrezioni carbonare in Italia. Il distacco della setta dal tessuto reale della società, l'ambito ristretto a pochi iniziati in cui si muoveva, la frammentarietà delle sue azioni prive di un centro coordinatore e operativo comune, portarono la Carboneria alla disgregazione; essa visse ancora qualche tempo in Francia, dove provocò nel 1834 la rivolta di Lione.

P. Pieri, Le società segrete e i moti degli anni 1820-21 e 1830-31, Roma, 1949; G. Spini, Mito e realtà della Spagna nelle rivoluzioni italiane del 1820-21, Roma, 1950; G. Bourgin, Carboneria e Risorgimento, in “Miscellanea in onore di Roberto Cessi”, III, Roma, 1958; A. Lepre, La rivoluzione napoletana del 1820-21, Roma, 1967; G. Gabrieli, Massoneria e Carboneria nel regno di Napoli, Roma, 1982.

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