Cassazione, Córte di-

Indice

Definizione

Suprema magistratura dell'autorità giurisdizionale, sia in materia civile sia in materia penale; è unica per l'Italia e ha sede in Roma. La Corte di Cassazione è divisa in sezioni ed è composta da un primo presidente, da presidenti di sezione e da consiglieri. Ogni sezione giudica con il numero fisso di 5 votanti, compreso il presidente; nei casi stabiliti dalla legge, la corte giudica a sezioni unite e allora i votanti sono 19. Presso la Corte di Cassazione è costituita inoltre una Procura generale della Repubblica con a capo un procuratore generale coadiuvato da vari sostituti.

Le funzioni

Funzioni della Corte di Cassazione sono: mantenere nei limiti della propria competenza tutti gli organi, ordinari e giurisdizionali, che esercitano funzioni giurisdizionali; controllare l'osservanza delle forme processuali da parte dei giudici superiori; regolare e uniformare l'interpretazione giurisprudenziale del diritto. Queste funzioni tendono a garantire la perfetta osservanza e la puntuale applicazione della legge da parte degli organi giurisdizionali. Essendo questi i compiti della Corte di Cassazione , ne consegue che il sindacato che essa può portare deve limitarsi all'osservanza delle norme anzidette, mentre non può giungere a un esame critico del fatto che rimane accertato nel precedente giudizio. Per questo motivo la Corte di Cassazione viene definita giudice di solo diritto e in questa sua veste si contrappone agli altri giudici, che sono invece detti di merito. Un'ulteriore conseguenza derivante dal particolare carattere dei giudici della Suprema Corte è che quando quest'ultima accoglie un ricorso non può rifare il giudizio di merito relativo alla sentenza annullata, ma la causa deve essere rinviata ad altro giudice di merito. Possono essere impugnate davanti al Supremo Collegio tutte le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado, cioè le sentenze inappellabili. Prima dell'entrata in vigore della Costituzione il nostro codice stabiliva che le sentenze in materia di opposizione agli atti esecutivi non erano impugnabili; ma attualmente ai sensi dell'art. 111 della Costituzione è stato ammesso il ricorso in Cassazione anche per queste sentenze nel caso di violazione di legge. Possono inoltre essere impugnate anche le decisioni in grado di appello e in unico grado dei giudici speciali. Il ricorso per Cassazione è ammesso per i cosiddetti vizi di attività (errores in procedendo) e per gli errori di giudizio (errores in iudicando); mentre i primi sono indicati in modo tassativo, i secondi sono definiti dalla legge solo genericamente. La categoria dei vizi di attività comprende tanto l'ipotesi che il giudice abbia giudicato su una controversia che appartiene a un giudice speciale o a nessun giudice, quanto quella in cui il giudice abbia negato la propria competenza a giudicare. Altro tipico esempio di vizio di attività denunziabile in Cassazione è la nullità della sentenza o del procedimento. Infine vi è il vizio di attività che ha dato luogo ai maggiori dubbi e a molte incertezze e che è indicato all'art. 360 del Codice di Procedura Civile: “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio”. In questo caso la Corte di Cassazione deve controllare se il ragionamento del giudice, espresso nella motivazione, sia sufficiente, secondo la logica, a giustificare le conclusioni contenute nella sentenza, ma non può entrare nel merito, sindacare se il giudice abbia correttamente valutato il risultato delle prove, ecc. La categoria degli errori di giudizio comprende la “violazione o falsa applicazione di norme di diritto”. Con questa espressione il legislatore intende riferirsi sia al caso di violazione di norme processuali sia al caso in cui il precetto legislativo viene applicato a una fattispecie diversa da quella prevista dalla norma. Compito della Corte di Cassazione in questi casi è di controllare il risultato del giudizio ma solo nella parte riguardante l'applicazione della norma giuridica al caso concreto; si tratta quindi sempre di errori di diritto. Il procedimento avanti alla Corte di Cassazione inizia con una domanda che riveste la forma del ricorso, diretto alla Corte medesima e con l'osservanza di una serie di norme procedurali; la parte contro la quale il ricorso è rivolto può presentare il controricorso, atto che è soggetto alla stessa normativa del primo. La norma principale che regola il procedimento in Cassazione è che questo è regolato dall'impulso d'ufficio e non si ha quindi dichiarazione di contumacia in assenza della parte contro la quale è diretto il ricorso. L'estinzione del giudizio non può avvenire per inattività delle parti, ma solo con la rinuncia al ricorso presentata dal ricorrente. Nel processo avanti alla Suprema Corte non vi è una fase istruttoria, non vi è perciò la nomina di un giudice istruttore, ma decide la singola sezione alla quale il ricorso è stato assegnato o le sezioni unite nei casi previsti dalla legge. Di regola la proposizione del ricorso per Cassazione non toglie efficacia alla sentenza impugnata, ma il giudice che ha pronunciato la sentenza, su istanza della parte interessata, può sospendere l'esecuzione quando sussistano pericoli di danni gravi e irreparabili. In base al Codice di Procedura Penale (1989) è ammesso il ricorso alla Cassazione per: esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi; inosservanza o erronea applicazione delle norme di diritto da applicarsi nel procedimento; inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza; mancata assunzione di una prova decisiva quando la parte ne ha fatto richiesta; mancata o manifesta illogicità della motivazione quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato (art. 606 Codice di Procedura Penale). In forza dell'art. 111 della Costituzione sono sempre “ricorribili” i provvedimenti contro la libertà personale emessi da un organo giurisdizionale. La Corte di Cassazione giudica solo “in diritto” e non “in fatto”, salvo in materia di revisione, dove il giudizio è anche “in fatto”. I provvedimenti della Corte di Cassazione sono inoppugnabili. L'art.106 della Costituzione dispone che, su designazione del Consiglio Superiore della Magistratura, possono essere chiamati all'ufficio di consigliere di Cassazione , per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati, che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori. Ad attuare tale norma ha provveduto, dopo oltre cinquanta anni dal dettato costituzionale, la legge del 5 agosto 1998, n. 303, che ha stabilito tra l'altro i requisiti per la nomina, l'inquadramento in ruolo, lo stato giuridico ed “elementi di specifica rilevanza”, disponendo che il magistrato nominato possa essere destinato esclusivamente alle funzioni giudicanti.

Cenni storici

L'istituto della Cassazione trae origine dalle Lettres de justice con cui il re di Francia annullava talune decisioni del Parlamento in materia che riteneva di sua competenza. La spinosa questione trovò un primo regolamento nel Règlement concernant la procédure que Sa Majesté veut être observée en son Conseil, del 1739. Lo stesso Montesquieu fu favorevole a questo tribunale supremo “incaricato di fare osservare le leggi da parte di tutte le giurisdizioni” e nel 1790 la Cassazione fu confermata dall'Assemblea Costituente. In Italia l'istituto funzionò in Piemonte a opera dei Francesi ma piuttosto come organo politico che giudiziario. Caduto con la Restaurazione, fu rimesso in vigore nel 1847 in Sardegna e l'anno dopo in Toscana. Raggiunta l'unità, continuarono a funzionare le Cassazioni di Torino, Firenze, Napoli e Palermo e i tribunali supremi di Parma, Modena e Roma. Nel 1888 furono abolite a Torino, Firenze, Napoli e Palermo le sezioni penali, mentre la Cassazione di Roma si completava con entrambe le sezioni, civile e penale. Finalmente nel 1923 vennero soppresse definitivamente le Corti di Cassazione periferiche e sola competente per tutto il regno rimase la Corte di Cassazione di Roma.

P. Calamandrei, Istituzioni di diritto processuale civile, Padova, 1943; G. Leone, Lineamenti di diritto processuale penale, Napoli, 1956; S. Satta, Diritto processuale civile, Padova, 1959; V. Lacoppola, La competenza civile nella giurisprudenza della cassazione, Milano, 1988.

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