Cavalcanti, Guido

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poeta italiano (Firenze ca. 1259-1300). Amico di Dante, che gli dedicò la Vita nuova, Cavalcanti è presentato dalle testimonianze dei contemporanei come uno studioso solitario, cosciente della superiorità sua e del suo ambiente. Appartenente a una potente famiglia guelfa, sposò una figlia del ghibellino Farinata degli Uberti, nel quadro della politica di riconciliazione seguita al ritorno dei guelfi (1267) e fu tra i garanti della pace del cardinale Malebranca Latino (1280). Fu con Brunetto Latini e Dino Compagni nel Consiglio del Comune (1284); ma fu uomo di parte: fiero nemico di Corso Donati, si schierò con i bianchi contro i neri. Nel giugno 1300 (anno del priorato di Dante) fu esiliato a Sarzana, da dove tornò nell'agosto, minato dal male che l'avrebbe portato in poco tempo alla morte. Le sue Rime (poco più di 50 tra canzoni, sonetti e ballate) sorgono nella corrente dello stil novo, di cui Cavalcanti può considerarsi il più originale esponente. La sua cultura filosofica (celebre è la canzone Donna mi prega, sulla natura ed essenza dell'amore) e scientifica (o, come allora si diceva, di “filosofia naturale”) fornisce lo schema in cui sono calate le sue esperienze psicologiche: così l'astratta distinzione delle varie potenze organiche (gli “spiriti”) si risolve in un drammatico contrasto di sentimenti e in un appassionato approfondimento delle sensazioni. Anche in virtù delle forme che, svincolate dalle cadenze e dai motivi obbligati, offrono una compiuta elaborazione del linguaggio stilnovistico e gli consentono un'inedita dimensione immaginativa, si coglie, riproposta poeticamente, l'interpretazione della vita di Cavalcanti. La donna, culmine di ogni bellezza sollevata in una regione ideale, si pone al tempo stesso come limite estremo di un totale nulla, e la morte, colta alle soglie dell'ignoto, appare come la condizione stessa dell'uomo. Esemplare è in questo senso la celebre ballata Perch' i' no spero.

M. Luzi, L'inferno e il limbo, Firenze, 1949; B. Nardi, Dante e la cultura medievale, Bari, 1949; E. Robaud, Guido Cavalcanti, Siena, 1951; A. Pagliaro, Saggi di critica semantica, Messina-Firenze, 1952; N. Sapegno, Il Trecento, Milano, 1960; G. Petrocchi, Il dolce stil novo, in E. Cecchi-N. Sapegno, “Storia della letteratura italiana”, vol. I, Milano, 1965; M. Corti, La felicità mentale. Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante, Torino, 1983.

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