Chio (isola)

Indice

Generalità

Isola (841,6 km²) della Grecia situata nel mar Egeo, di fronte alla penisola turca di Karaburun, da cui la separa lo stretto di Chio (8-25 km). Con alcune isole minori costituisce il nomós omonimo. In greco, Chíos.

Storia

Celebrata nell'antichità per la sua fertilità e ricchezza di grano e di alberi da frutto e segnalata tra le possibili patrie di Omero, Chio fu occupata dai Milesi e quindi annessa all'Impero persiano; partecipò, agli inizi del sec. V a. C., alla rivolta ionica e ne subì le conseguenze dopo la sconfitta di Lade. Fece parte della Lega delio-attica fino al 413. Nel sec. IV entrò a far parte della II Lega ateniese. Presso Chio fu combattuta nel 357 la battaglia in cui perì Cabria. Quindi subì per un certo tempo la dominazione caria. In epoca romana, durante la I guerra mitridatica, subì il saccheggio da parte delle truppe di Mitridate; fu città libera fino all'impero di Vespasiano e sotto Costantino viene ricordata come provincia insularum. Dopo il dominio bizantino fu oggetto di contrasto tra Veneziani e Genovesi; dal 1304 appartenne a questi ultimi, prima come possesso della famiglia degli Zaccaria (1304-29) e poi (1346-1566) in qualità di possesso della “Maona”, società di armatori i cui componenti presero il nome comune di Giustiniani (dal palazzo di Genova, sede di tale società). Tributaria della Turchia dal 1453, essa fu infine conquistata dai Turchi nel 1566. Nel sec. XIX si sviluppò nell'isola un forte movimento irredentista. Il 15 dicembre 1912, durante la II guerra balcanica, Chio fu occupata dai Greci e annessa. Nel corso della seconda guerra mondiale fu occupata da Italiani e Tedeschi (aprile 1941-ottobre 1944).

Arte

L'isola ebbe notevole importanza commerciale e culturale nel mondo greco. Coniò monete dalla fine del sec. VII a. C. e fu centro di produzione di ceramiche esportate in tutto il Mediterraneo e nelle colonie greche del Mar Nero. La ceramica “chiota”, che ebbe la sua maggiore fioritura alla fine del sec. VII a. C., fu detta un tempo di Naucrati, perché in questa colonia greca nel delta del Nilo era apparsa per la prima volta in grande quantità. I vasi, in argilla grigia con ingubbiatura bianca, recano una decorazione orientalizzante con raffigurazioni di animali, spesso resi con vivace policromia. Con gli inizi del sec. VI divengono frequenti le rappresentazioni di eroi e divinità. Gli scavi hanno rivelato in varie zone dell'isola resti di abitati dell'Età del Bronzo (Emboriòs), classici ed ellenistici, numerosi templi e santuari dal sec. VII a. C. in poi, il sito della base militare ateniese del 412 a. C., resti romani e paleocristiani. Entro le mura della città medievale si trova il quartiere turco, del sec. XVI. Esempi di arte musulmana sono la moschea che ospita il museo e la fontana del Pascià (Pachavrisi). Sull'isola si trovano i resti di tre basiliche paleocristiane e alcune chiese bizantine dei sec. XI-XII. La più celebre è quella a pianta ottagonale del monastero della Nea Moni (fondato dall'imperatore Costantino Monomaco intorno alla metà del sec. XI) che conserva all'interno un importantissimo ciclo di mosaici (1042-56), testimonianza, assieme a quelli di Dafni e Hosios Lucas (tra i quali per stile e cronologia va collocato) e S. Sofia di Kijev, della grande fioritura pittorica bizantina del periodo della rinascita macedone (sec. IX-XI). Caratteristici di quest'arte sono lo splendore dei colori, la dignità delle figure ascetiche e allungate, lo stile sobrio e potente. Alcuni particolari, come l'accentuato linearismo, certe negligenze del disegno e l'iconografia di origine cappadociana, fanno pensare all'opera di artisti provinciali che ripetono modelli di Costantinopoli.

A. Orlandos, Les monuments byzantins de Chios, Atene, 1930; J. Boardman, C.E. Vaphopoulou Richardson, Chios. A Conference at the Homereion in Chios, Oxford, 1986.

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