Cipriano, Tàscio Cecìlio

(latino Caecilíus Cyprianus). Vescovo e apologista cristiano, santo (Cartagine ca. 200-258). Di famiglia patrizia, fu insegnante di retorica, ma, dopo la conversione al cristianesimo (246), si votò a sostenere e a diffondere la nuova fede. La sua attività caritativa gli meritò ben presto la nomina a vescovo di Cartagine e come tale lottò strenuamente per l'organizzazione della Chiesa d'Occidente e la sua difesa. Costretto a fuggire per la persecuzione di Decio (250), si nascose fuori Cartagine, continuando tuttavia a confortare e a dirigere. Tornò l'anno seguente, quando il pericolo cessò; si prodigò durante l'epidemia di peste del 252; partecipò a diversi concili, sostenendo l'opportunità di riammettere nella Chiesa chi aveva abiurato per paura durante le persecuzioni (i lapsi), ma, in conflitto con il papa Stefano, si pronunciò contro la validità del battesimo impartito da eretici. Nella persecuzione successiva, quella di Valeriano, fu esiliato a Curubis e poco dopo decapitato. Festa il 16 settembre. La sua produzione comprende opere apologetiche, dogmatiche e pastorali. Delle prime le più importanti sono: Ad Donatum, Ad Demetrianum, Testimonia ad Quirinum, in difesa del cristianesimo; delle seconde il De unitate catholicae ecclesiae, in cui si sostiene la dottrina dell'unica Chiesa fondata da Pietro e l'autorità dei singoli vescovi, e il De lapsis; fra i trattati disciplinari il De habitu virginum, De dominica oratione, De opere et elemosynis. Importantissime poi per la storia della Chiesa sono le 66 lettere, in cui traspaiono ancor meglio l'animo forte e sereno del vescovo e il suo spirito pratico, che si riflette anche nello stile, piano ed efficace.

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