(Kongeriget Danmark). Stato dell'Europa settentrionale (43.098 km²). Capitale: Copenaghen. Divisione amministrativa: regioni (5). Popolazione: 5.511.451 ab. (stima 2009). Lingua: danese (ufficiale). Religione: protestanti 84,3%, musulmani 3,7%, non religioso/ateo 6,9%, altri 5,1%. Unità monetaria: corona danese (100 øre). Indice di sviluppo umano: 0,952 (13° posto). Confini: Mare del Nord (N e W), Mar Baltico (E), Germania (S). Membro di: Consiglio d'Europa, Consiglio nordico, EBRD, NATO, OCDE, ONU, OSCE, UE e WTO.

Generalità

La Danimarca occupa dal punto di vista geografico la penisola dello Jylland e le circa 500 isole e isolette che la costeggiano, le maggiori delle quali sono Sjælland, dove sorge la capitale Copenaghen, Fyn o Fionia, Lolland. Fisicamente appartenente al continente europeo, il Paese costituisce geograficamente la parte più meridionale della Scandinavia, essendo separata da Svezia e Norvegia soltanto da alcuni bracci di mare (Skagerrak, Kattegat, Øresund). In corrispondenza dell'Øresund le coste danese e svedese distano tra loro meno di 10 km. Questa prossimità con la penisola scandinava e l'apertura al mar Baltico e al Mare del Nord fanno della Danimarca una terra “nordica”, marginale nei confronti dell'Europa centrale, di cui può considerarsi una sorta di “ponte” verso l'Europa settentrionale. La continuità geografica con la Germania, il confine con la quale fu stabilito nel 1920 assegnando ai danesi lo Slesvig Settentrionale (Schleswig) e, d'altra parte, l'appartenenza storica e culturale alla Scandinavia, sono all'origine di quella particolare duplicità di rapporti che costituisce la peculiarità stessa del Paese. Dal punto di vista amministrativo e culturale la Danimarca è unificata fin dal sec. X d. C. sotto le insegne di Harald II, re di stirpe vichinga (e il nome del paese significa proprio “terra dei Dani”, dal nome di questa popolazione nordica). Nel corso dei secoli, la continuità della monarchia danese ha contribuito notevolmente allo sviluppo civile del Paese, che ha fama di essere tra i più avanzati d'Europa in materia di legislazione sociale, tolleranza, istruzione. Dal punto di vista politico, la volontà espansionistica della Danimarca è sempre stata rivolta a nord, riguardando le coste inglesi, la Norvegia, la Svezia e le terre atlantiche di Islanda, Groenlandia), Fær Øer. Le ultime due rimangono ancor oggi sotto il controllo della corona danese, ma godono da tempo di vaste autonomie e Fær Øer ha avviato nel 2000 le trattative con il governo danese per l'indipendenza. Il carattere scandinavo della Danimarca si rivela nella vocazione commerciale, nell'efficienza economica e nell'avanzamento della società civile. Ma il Paese mantiene saldi legami anche con l'Europa continentale, che si concretizzano sul piano politico ed economico nell'ingresso nell'Unione Europea, avvenuto nel 1993, seppure con alcune deroghe. Le diffidenze ancora presenti tra i danesi in merito all'integrazione europea si sono manifestate nel 2003 con l'ennesimo rifiuto dell'adesione alla moneta unica.

Lo Stato

La Danimarca è una monarchia costituzionale ereditaria; capo dello Stato è il sovrano che, in base alla Costituzione del 5 giugno 1953, esercita il potere legislativo congiuntamente con il Parlamento (Folketing), unicamerale, i cui 179 membri (di cui due delle Fær Øer e due della Groenlandia) sono eletti ogni 4 anni a suffragio universale. Al sovrano inoltre spetta il potere esecutivo, che egli esercita tramite i ministri da lui nominati, ma che necessitano della fiducia del Parlamento. Dal 1° gennaio 2007 il Paese è diviso amministrativamente in 5 regioni: Syddanmark (Danimarca Meridionale), Midtjylland (Jylland Centrale), Nordjylland (Jylland Settentrionale), Hovedstaden (regione della capitale) e Sjælland. La Corte suprema, con sede a Copenaghen, svolge il ruolo di Corte costituzionale. La difesa è formata dai corpi di terra, di mare, aeronautico e da una Guardia Nazionale. Quest'ultimo corpo è composto esclusivamente da professionisti. Vige la coscrizione obbligatoria con una durata di 9-12 mesi. L'istruzione è obbligatoria tra i 7 e i 16 anni, preceduta da un anno di istruzione prescolare e seguita da un anno facoltativo. L'insegnamento superiore è articolato in quattro diversi indirizzi che consentono l'accesso all'università.

Territorio: morfologia

Il territorio danese è formato da una sezione peninsulare, il Jylland, che appare come la propaggine estrema del territorio germanico, e da ca. 500 isole (le più estese sono Sjælland, dove sorge la capitale, Fyn o Fionia, Lolland) che per la maggior parte sorgono nei bracci di mare antistanti la costa svedese sudoccidentale; piuttosto emarginata rispetto alle altre è solo l'isola di Bornholm, nel Mar Baltico. Solo una piccola parte di queste isole è abitata dall'uomo. Strutturalmente non c'è discontinuità di substrato tra la Svezia meridionale e la Danimarca: si tratta di una zolla rigida, marginale allo scudo baltico e ai massicci paleozoici centreuropei, che ha subito nel corso delle ere geologiche moti di subsidenza alternati, con conseguenti ingressioni o regressioni del mare. Da ciò la costituzione geologica della terra danese, che vede la successiva sovrapposizione di strati sedimentari a partire dagli inizi del Mesozoico, e la cui potenza nel complesso sembra raggiungere i 1000 metri. La maggior parte delle sedimentazioni risale al Cretaceo ed è rappresentata da calcari diversi, in rapporto ai cicli di sedimentazione in mari più o meno profondi; peculiare è il Limsten, un calcare duro che affiora in alcune zone del Jylland. Alle formazioni mesozoiche succedono strati di marne, argille e sabbie del Cenozoico, corrispondenti a fasi diverse di sommersione ed emersione del territorio che, durante i periodi di emersione, fu più o meno intensamente sottoposto alla denudazione subaerea. Nel Quaternario le glaciazioni investirono direttamente il Paese con le grandi espansioni provenienti dai massicci scandinavi. I depositi glaciali rappresentano le formazioni più superficiali del territorio danese; l'ultima glaciazione, quella di Würm, ha lasciato i suoi depositi lungo una linea che taglia da NW a SE la penisola del Jylland. La morfologia della Danimarca è il risultato di queste vicende geologiche; il Paese è prevalentemente pianeggiante, ma, data la presenza dei depositi morenici, si hanno ondulazioni, lievi avvallamenti, alture isolate (Bakkøer) che si elevano 100-150 m sopra le pianure sabbiose: la massima cima, l'Ejer Bavnehøj, tocca i 171 metri. L'attuale contorno costiero, il cui elevatissimo sviluppo è di ben 7314 km, deriva da un regresso del mare che si è protratto sino a oggi e che dall'Età del Bronzo, cioè in ca. 4000 anni, ha registrato un abbassamento del livello di 25 m, con conseguente accrescimento del territorio. L'azione delle glaciazioni sul territorio è visibile anche nel disegno frastagliato che segue il litorale costiero. Il Limfjorden, che attraversa la penisola da parte a parte, è profondo 180 km. Paese insulare e frammentato, la Danimarca è, in conseguenza di ciò, tutta aperta al mare, ma al tempo stesso ne è largamente difesa, specie sul lato orientale, dove sono ubicati, nei bracci di mare tra isola e isola, i porti maggiori. Sul lato occidentale del Jylland la costa presenta invece aspetti selvaggi e mutevoli con cordonature sabbiose, allineamenti dunosi, lagune e terre anfibie, secondo una morfologia che ricorda il litorale fiammingo. Sul lato orientale, la costa si alza a formare scogliere rocciose.

Territorio: idrografia

Legata al glacialismo è l'idrografia, che si sviluppa in corrispondenza dei corsi fluviali che uscivano un tempo dai ghiacciai o che scorrevano sotto i ghiacciai stessi (fiumi a galleria). Dato il carattere pianeggiante della Danimarca, il drenaggio delle acque è ovviamente difficile e ciò ha creato laghi (il maggiore è l'Arresø) e aree paludose, sebbene oggi i terreni siano interamente bonificati. Inoltre, per la limitata estensione e la frammentarietà del Paese, i fiumi hanno uno sviluppo molto modesto; il più lungo, il Gudenå, che scorre nel Jylland e sfocia nel Randers Fjord, non raggiunge i 150 km.

Territorio: clima

Il clima è essenzialmente oceanico, soggetto cioè agli influssi delle masse d'aria occidentali d'origine atlantica; tali influssi si alternano però a quelli delle masse d'aria continentali polari, provenienti da NE, il che ha effetti sensibili sulla varietà delle condizioni climatiche da zona a zona. La sezione occidentale del Jylland, direttamente investita dai venti atlantici, è relativamente piovosa (800 mm annui), mentre il resto del Paese, specie le isole orientali, è caratterizzato da precipitazioni scarse, che in media non superano i 600 mm annui, scendendo a 450-500 mm nell'isola di Sjælland. Le piogge si concentrano principalmente nel periodo tardo-estivo, mentre la primavera è di solito ventosa e secca. L'inverno è umido e brumoso. Le temperature, data la limitata azione mitigante dei mari nordici, poco profondi, hanno sensibili variazioni stagionali: in generale si passa da 1-2 ºC in gennaio a 13-14 ºC in luglio, mentre la media annua del Paese è di 7 ºC.

Territorio: geografia umana

La Danimarca è un Paese di antico insediamento umano, di cui sono presenti sul territorio cospicue tracce, risalenti fino all'età neolitica. Già in epoca romana la popolazione, dedita all'agricoltura, era organizzata in villaggi che rimarranno anche successivamente punti chiave della geografia umana del Paese. Con l'espansione vichinga furono invece valorizzate le coste e nel Medioevo Copenaghen, Århus, Ålborg erano già attivi centri commerciali. Fino a tutto il sec. XVIII tuttavia la popolazione non fu mai molto elevata e l'organizzazione territoriale era fissata su pochi centri sulla base di un regime politico e sociale rimasto di tipo feudale, in mano cioè a un'aristocrazia terriera, sempre più in contrasto con la borghesia mercantile delle città portuali. Nel 1781 venne promulgata una legge con la quale si ebbe il primo affrancamento delle terre agricole: ne conseguirono la rottura della tradizionale organizzazione fondata sui villaggi compatti e la nascita di tante fattorie sparse nella campagna. Ancor oggi l'insediamento si caratterizza, in Danimarca, per la grande diffusione delle fattorie isolate, sparse per il territorio, o raggruppate in piccoli villaggi attorno a una piazza centrale. La prospera economia e l'elevato livello di vita sono stati alla base dei notevoli incrementi demografici registrati dal Paese a partire dagli inizi del sec. XIX, quando esso aveva poco più di 900.000 abitanti. Agli inizi del secolo successivo i danesi erano già 2,5 milioni, nel 1925 poco più di 3,4 milioni, nel 1951 ca. 4,3 milioni. Nel corso degli ultimi decenni, invece, la dinamica demografica è stata caratterizzata da un lentissimo incremento della popolazione, avvenuto tra un alternarsi di piccoli cali e leggere riprese. Determinante è apparsa la sia pur lieve prevalenza del tasso di mortalità (nel 1987) su quello di natalità; oggi invece la crescita annua è dello 0,3%, dato del quinquennio 2002-2007). La densità media della popolazione è di 128 ab./km² ma negli ultimi decenni si è andata modificando la distribuzione della popolazione: così si è registrata una lieve diminuzione degli abitanti nelle regioni di più fitto insediamento, come l'isola di Sjælland, passata dai 291 ab./km² del 1976 agli attuali 300 (nel 2002), mentre un altrettanto modesto aumento si è avuto nelle regioni meno popolose, come il Jylland, passato, nello stesso periodo, da 76 a 83 ab./km2 (nel 2002). Oltre i due terzi della popolazione vivono nelle città e la tendenza all'inurbamento si va accentuando; tale altissima percentuale è però legata soprattutto alla presenza di una grande metropoli come Copenaghen, mentre sono solo una dozzina gli altri centri di consistenti dimensioni (più di 50.000 ab.). La preminenza di Copenaghen si deve al fatto che la città, situata sulla costa nordorientale dell'isola di Sjælland e affacciata all'Øresund, si trova in una posizione ideale nei confronti sia della Danimarca sia della Svezia meridionale, posizione rimasta valida anche oggi, dati i traffici intensi che si svolgono tra le due parti. La capitale accoglie tutte le principali attività economiche (è sede delle maggiori industrie e attivissimo centro di scambi, dotato del maggior scalo marittimo e aereo del Paese), oltre a essere una delle più interessanti e visitate metropoli d'Europa per i suoi molti richiami culturali e artistici. Seconda città della Danimarca, la più importante del Jylland, è Århus, situata sulla costa orientale della penisola al fondo dell'omonimo golfo e anch'essa dotata di un porto di rilevante traffico e di varie industrie. Sempre nel Jylland sono Ålborg, città assai antica, posta sulla sponda meridionale del Limfjord e oggi soprattutto grande centro commerciale e industriale (cantieri navali, ferriere, distillerie, complessi alimentari ecc.), benché vanti anche insigni monumenti, ed Esbjerg, importante base di pesca e maggior porto della Danimarca occidentale. Terza città del Paese è Odense, nell'isola di Fionia, sbocco dei prodotti della fertile isola, posta sull'asse ferroviario che unisce Copenaghen al continente; merita infine un cenno la città storica di Roskilde, affacciata all'omonimo golfo, 25 km a W della capitale, nella cui cattedrale sono sepolti da molti secoli quasi tutti i sovrani danesi.

Territorio: ambiente

In epoca antica il suolo danese era praticamente ricoperto dalla foresta di latifoglie (faggi, querce, abeti rossi), alimentata dalla piovosità del clima atlantico e dalla limitata altitudine del territorio; ma col passare del tempo il continuativo sfruttamento ne ha ridotto notevolmente l'estensione. Oggi essa si estende sull'11,8% del territorio. Presenti anche boschi di conifere (pino silvestre, abeti), per lo più d'impianto. Quasi il 53% del territorio è stato convertito in colture e l'8,1% è lasciato a pascolo; sulla restante superficie si estendono la torbiera e la brughiera, prossime al mare e spazzate dal vento, dove crescono giunchi, mirtilli ed erica. La fauna locale è composta di cervi, daini e caprioli, scoiattoli, istrici e tassi; la lontra ha rischiato seriamente l'estinzione alcuni decenni fa. Alta è la presenza di uccelli, anche migratori. I più comuni sono le anatre e le oche, le gazze e le folaghe. Per quanto riguarda la fauna marina, i pesci più comuni sono l'aringa e il merluzzo. La Danimarca è in campo europeo un Paese molto avanzato circa i temi di natura ambientale, tuttavia presenta anch'essa problemi di inquinamento, soprattutto di suoli e falde acquifere, dovuto allo scarico di idrocarburi e solventi organici. Anche la fauna marittima è minacciata dagli scarichi in mare provenienti da industrie e agricoltura. Nel Paese le aree protette occupano una superficie pari al 4,2% del territorio, e sono costituite in prevalenza da superfici forestali, zone umide o caratterizzate da particolari biodiversità.

Economia: generalità

Pur essendo uno dei Paesi dell'Unione Europea che meglio ha rispettato i parametri di Maastricht, la Danimarca ha deciso di non aderire alla fase finale dell'Unione Economica e Monetaria, di non partecipare alla difesa comune, alla cittadinanza europea, alla cooperazione negli affari interni. La situazione economica del Paese si è sempre mantenuta su livelli di crescita molto apprezzabili anche in momenti di crisi generalizzata per i restanti Paesi europei. Il reddito pro capite è sempre stato tra i più elevati nella UE (62.626 dollari statunitensi nel 2008) e molto ridotti per contro i valori dell'inflazione e della disoccupazione. La Danimarca mantiene le caratteristiche di Paese nettamente "scandinavo": dal punto di vista politico-amministrativo unisce infatti un sistema avanzato di protezione sociale a una politica di grande flessibilità del mercato del lavoro. Dal punto di vista geografico utilizza appieno i suoi favorevoli requisiti naturali, in particolare la felice collocazione tra due mari (Mare del Nord e Mar Baltico) e il terreno fertile e adeguato allo sfruttamento agricolo. Popolo intraprendente, di spiccate tradizioni mercantili, i Danesi si sono forgiati a contatto con l'Europa nordoccidentale, imprenditoriale e capitalistica, mettendo a frutto le possibilità del loro Paese in senso agricolo e in senso commerciale, sviluppando inoltre, soprattutto negli ultimi decenni, una specializzata e redditizia industria manifatturiera, basata sulla lavorazione dei prodotti dell'agricoltura e dell'allevamento, oltre che allo sviluppo del settore metallurgico, meccanico e chimico-famaceutico. La cronica assenza di risorse energetiche sul territorio spinge storicamente la Danimarca all'importazione della maggior parte delle materie prime per le proprie industrie. Nei diversi settori economici (incluso quello finanziario) la struttura produttiva, tradizionalmente basata su imprese di piccole e medie dimensioni, ha conosciuto negli anni più recenti il diffondersi di acquisizioni e di fusioni, incentivate da una politica governativa che mira a ridurre la penetrazione delle grandi società straniere connessa alla realizzazione del Mercato Unico Europeo (1992). Il modello di sviluppo è tradizionalmente privatistico e liberistico e sono state in più occasioni respinte le proposte socialdemocratiche di socializzare ulteriormente l'economia, passando cioè dalla “democrazia sociale” al “socialismo democratico” basato sulla proprietà comune, tra lavoratori e imprenditori, dei mezzi di produzione. Lo Stato partecipa ancora dell'azionariato di numerose imprese, e gli interventi governativi assumono un ruolo determinante grazie alla loro funzione di controllo e sostegno dei vari settori produttivi attraverso manovre fiscali e creditizie, anche se il processo di privatizzazione è in corso ormai da anni e fortemente sostenuto dall'attuale governo. Secondo il modello scandinavo del Welfare State, lo Stato opera inoltre interventi sociali assai estesi; in virtù dei contributi versati, la popolazione gode di un notevole sostegno sia in campo assicurativo sia previdenziale, e le condizioni di vita sono decisamente elevate nelle città come nelle campagne. Tuttavia anche la Danimarca sembra risentire del periodo di difficoltà economica avvertito a livello internazionale. Dopo il 2000 la crescita del prodotto nazionale lordo è decisamente rallentata e la percentuale di cittadini disoccupati si è alzata. Nel 2008 il PIL è stato di 342.925 ml $ USA. Il governo Rasmussen si propone di migliorare la situazione riducendo la pressione fiscale sui cittadini, limitando i diritti della popolazione immigrata e favorendo la privatizzazione delle aziende, senza intaccare l'avanzato sistema di welfare che lo stato danese mette tradizionalmente a disposizione dei cittadini. In questo clima di rallentamento economico i danesi, chiamati nel 2003 a decidere per l'adesione alla moneta unica, hanno ancora una volta rifiutato il passo.

Economia: agricoltura, allevamento e pesca

L'agricoltura sta tradizionalmente alla base dei successi economici danesi. Sebbene non rivesta più la funzione portante dei secoli passati, essa rimane anche nel panorama economico del XXI secolo un fattore essenziale del benessere del Paese e, dal punto di vista organizzativo, è tra le più avanzate del mondo. Basata all'origine eminentemente sulla coltivazione dei cereali, ha subito già nel secolo scorso una decisiva riconversione ponendosi al servizio dell'allevamento (dal quale deriva il 70% delle entrate relative al settore primario), che è andato via via razionalizzandosi con risultati difficilmente eguagliabili. L'attività agricola ha tradizionalmente un'organizzazione cooperativistica (cooperative di medi e piccoli coltivatori), a orientamento commerciale, che ha conferito alle campagne danesi quel volto ordinato e caratteristico che ben giustifica l'appellativo dato alla Danimarca di “fattoria d'Europa”. Grazie all'intensa specializzazione e meccanizzazione del settore, soltanto il 4% della popolazione attiva è occupato nel settore. La maggior parte dell'arativo è occupata dai cereali: orzo, frumento, segale e avena. Estese sono poi le coltivazioni di patate e di barbabietole da zucchero, i cui sottoprodotti vengono utilizzati per l'allevamento. Anche i cereali sono in larga misura al servizio dell'allevamento, che dispone di un notevole patrimonio zootecnico: bovini e suini soprattutto, cui si aggiungono i volatili da cortile. I bovini sono allevati per la produzione lattiera, impiegata con grandi e moderni impianti caseari per la fabbricazione del burro, tradizionalmente esportato in Gran Bretagna, dei formaggi e del latte conservato; la carne suina è invece utilizzata soprattutto per la produzione di insaccati, avviati in buona misura verso la Germania. Attiva è la pesca, esercitata nel Mare del Nord; il pescato (in prevalenza merluzzi e aringhe) è largamente destinato all'esportazione e solo in parte viene impiegato per la produzione di farina e olio di pesce. Numerosi, nel Jylland, sono i centri che vivono sulla pesca: Esbjerg, Skagen, Hirtshals, Thyborøn sono i maggiori.

Economia: risorse minerarie e industria

La Danimarca scarseggia invece di risorse energetiche; si estraggono modesti quantitativi di lignite e, dal Mare del Nord, di petrolio (più che raddoppiato nell'ultimo decennio) e gas naturale; una modesta quantità di ferro proviene dalle miniere a cielo aperto groenlandesi. Piuttosto elevata, se si considera l'esiguità del territorio e della popolazione, è la produzione di energia elettrica, che è quasi tutta d'origine termica ed è ottenuta con petrolio e carbone importati, soprattutto dalla Svezia. Da segnalare la presenza di centrali marine eoliche, che riescono a coprire il 13% del fabbisogno. Quanto all'industria, i settori tradizionali sono quello alimentare legato all'agricoltura e alla zootecnia, per la produzione di latte e prodotti caseari, carne in scatola e altri alimenti conservati, zucchero, grassi animali; il tessile, sia della lana sia del cotone, e il cantieristico. Tuttavia, malgrado la pressoché assoluta mancanza di materie prime, la Danimarca è anche dotata di una buona industria di base, in specie di una siderurgia che fornisce discreti quantitativi di acciaio e ghisa e di una metallurgia che raffina alluminio, piombo e zinco. Come si è detto, l'industria metalmeccanica è essenzialmente al servizio del settore navale, con principali cantieri a Copenaghen, quindi a Helsingør, Ålborg ecc., ma produce altresì macchinari e mezzi di trasporto di vario genere (tipiche sono, per esempio, le biciclette). Ben rappresentata è anche l'industria del cemento, alimentata dalla vasta presenza sul territorio di rocce adibite alla sua produzione. Sempre nei settori di base, le raffinerie di petrolio hanno una capacità di raffinazione annua piuttosto elevata. L'industria alimentare comprende, oltre ai numerosi caseifici e ai complessi conservieri, zuccherifici, una affermata produzione di birra, largamente esportata: internazionale è infatti la fama dei marchi danesi Carlsberg, Tuborg, Ceres e Faxe. In funzione dell'agricoltura si è particolarmente sviluppata, tra le industrie chimiche, quella dei fertilizzanti, ma il Paese produce anche acido solforico, soda caustica, materie plastiche, resine ecc. Completano il panorama del settore produttivo le manifatture di tabacco e le celebri porcellane di Rønne, che si avvalgono di ottimo caolino nazionale. In grande espansione negli ultimi decenni è risultata l'industria elettronica, pure fortemente orientata all'esportazione.

Economia: comunicazioni, commercio e turismo

Le comunicazioni interne sono molto sviluppate, nonostante le difficoltà connesse con la frammentazione insulare del Paese; traghetti congiungono rapidamente isola a isola e operano soprattutto lungo le principali linee che collegano la penisola scandinava all'Europa centrale. La funzione dei porti è fondamentale in un Paese come la Danimarca, sia per i traffici interni sia per quelli con l'estero; molto efficiente è infatti la flotta della marina mercantile. Copenaghen è di gran lunga il più attivo scalo marittimo, oltre a essere sede del maggior aeroporto, Copenhagen-Kastrup, importante nodo di collegamento tra le rotte artiche e scandinave e quelle dirette alle capitali meridionali d'Europa e agli Stati Uniti. Scali aerei minori sono presenti anche nelle città di Karup, Ålborg e Århus. I servizi aerei sono assicurati dalla SAS (Scandinavian Airlines System), consorzio aeronautico attivo fin dal secolo scorso di cui partecipano anche Svezia e Norvegia.Le isole Sjælland e Fionia sono collegate tra loro e allo Jylland per mezzo di ponti. Inoltre, dal luglio del 2000 è in funzione il ponte galleria stradale e ferroviario (lungo 16 km), che attraversando lo stretto dell'Øresund collega Copenhagen alla città di Malmö, in Svezia. Il commercio estero è naturalmente assai vivace, secondo una tradizione che fa parte della vita stessa della Danimarca (l'interscambio si svolge essenzialmente con la Germania, la Gran Bretagna e la Svezia). Le tradizionali esportazioni di carni, prodotti caseari e zootecnici in genere, pesce ecc., incontrano attualmente più difficoltà che in passato. Oggi si esportano inoltre, e in misura sempre crescente, macchinari e svariati prodotti industriali (chimici, petrolchimici ecc.) oltre alle costruzioni navali. Tuttavia l'industrializzazione comporta necessariamente un continuo bisogno di importare sia macchinari sia soprattutto materie prime, particolarmente petrolio. Questa dipendenza pesa notevolmente sulla bilancia commerciale del Paese, che però si mantiene in attivo a dispetto della difficile congiuntura internazionale. La banca centrale è la Danmarks Nationalbank, e il settore bancario appare fortemente concentrato nelle mani di pochi grandi gruppi che occupano la quota di maggioranza del settore del credito. A Copenhagen è presente un'attiva borsa valori. Prospera il turismo, proveniente soprattutto dai Paesi dell'Europa Settentrionale. La meta principale è Copenaghen; di grande interesse sono inoltre le residenze reali rinascimentali, le numerose aree naturali, i parchi all'aperto presenti sul territorio.

Storia: dalle origini al Trattato di Vienna del 1864

La Danimarca è un Paese di antichissimo insediamento umano, tra le più caratteristiche e cospicue tracce della presenza dell'uomo in età preistorica sono i cosiddetti kjøkkenmøddinger (rifiuti di cucina), cumuli di avanzi di pasti che risalgono al primo Neolitico e che si riferiscono a popolazioni di pescatori. Nel Neolitico, con l'affermazione dell'agricoltura, si ebbe il primo sfruttamento di un territorio relativamente favorevole alle colture, specie cerealicole. All'epoca romana la Danimarca presentava una popolazione agricola ben organizzata in villaggi. Per quanto riguarda la popolazione tribale dei Dani, il primo re di cui si hanno notizie storicamente accertate è Goffredo, che riuscì a fermare la pressione espansionistica di Carlo Magno. Goffredo fu però ucciso da una congiura di soldati e il suo successore venne a patti con l'imperatore dei Franchi e stabilì il confine meridionale del Paese al corso del fiume Eider, rafforzato con la costruzione del Danevirk (o Vallo dei Dani). Aroldo Klatz, divenuto re, ma spodestato dai figli di Goffredo, ottenne da Ludovico il Pio l'aiuto a ritornare sul trono; egli dovette però farsi battezzare (826) e permettere che il monaco benedettino Anscario organizzasse delle missioni per convertire il popolo danese. Ad Aroldo I succedette Gorm il Vecchio e a questi il figlio Aroldo II, che proibì i riti pagani a tutto vantaggio della religione cattolica. Abile guerriero, conquistò la Norvegia e l'Holstein e alla sua morte (ca. 985) il figlio Svend, detto “Barba Forcuta”, occupò l'Inghilterra (1013) e il suo successore, Canuto il Grande, riunì le corone di Danimarca, Inghilterra e poi Norvegia: l'unione delle ultime due fu di breve durata poiché si dissolse nel 1042. Sovrano di Danimarca e Norvegia divenne poi Magnus il Buono, norvegese e figlio di Olaf il Santo. Nel 1047 la Danimarca riebbe un proprio re: Svend Estridsön, nipote di Canuto il Grande, alla cui morte succedette un periodo di guerre civili sotto Aroldo Hén, Canuto il Santo, Olaf Hunger, Erik Ejegod, Niels, Magnus ed Erik Emune, conclusosi con l'ascesa al trono di Valdemaro I (1157-82). Questi, iniziatore in tutti i campi di un'era di progresso, sotto la guida del suo consigliere Absalon di Roskilde, arcivescovo di Lund, conquistò ai Vendi (antica popolazione slava) l'isola di Rügen e parte della Pomerania e del Meclemburgo. Valdemaro II, detto il Vittorioso (1202-1241), conquistò l'Estonia (1219) e il territorio tra l'Eider e l'Elba: fatto prigioniero (1223) da un suo vassallo, il conte Enrico di Schwerin, e poi sconfitto da Federico II a Bornhöeved (1227), dovette però cedere buona parte delle sue conquiste. All'interno Valdemaro riorganizzò l'esercito e l'amministrazione su basi centralizzate dando un nuovo impulso economico al Paese. Intanto anche la Chiesa mirava a raggiungere sempre maggiore indipendenza e il successore Erik IV (1232-50) giunse a imprigionare l'arcivescovo Jakob Erlands, principale esponente delle istanze del clero. Nel 1282 Erik V fu costretto dai nobili e dalla Chiesa a sottoscrivere una Magna Charta, con cui rendeva annuali le diete e divideva con il Parlamento i poteri legislativi. I suoi successori si impegnarono in guerre contro la Svezia, la Norvegia e la Lega Anseatica per l'egemonia nel Baltico, guerre che cessarono con Valdemaro IV Atterdag (1340-75), che firmò nel 1370 l'onerosa Pace di Stralsund. Alla morte di questi la figlia Margherita, che era stata reggente in Danimarca durante la minorità del figlio Olaf e reggente in Norvegia dopo la morte (1380) del marito, re Haakon VI di Norvegia, divenne, alla scomparsa del figlio Olaf (1387), regina di Danimarca e Norvegia. Sconfitto il re di Svezia nella battaglia di Falen (1389), nel 1397 Margherita costituì l'Unione di Kalmar con i tre regni di Danimarca, Norvegia e Svezia. Scontenti della politica che il nuovo sovrano Erik VII conduceva contro la Lega Anseatica, gli Svedesi si staccarono dall'Unione già nel 1434 e ribadirono successivamente la loro indipendenza sotto i sovrani Cristiano I di Oldemburgo (1448-81), capostipite dell'attuale dinastia, e Hans d'Oldemburgo (1481-1513). Con Cristiano II (1513-23) l'Unione di Kalmar, già provata dalle rivendicazioni svedesi, fu gravemente compromessa. Nel 1520 il bagno di sangue che lo stesso re danese ordinò a Stoccolma, trucidando i seguaci di Sten Sture, non poté arrestare la decadenza del dominio danese poiché la Svezia elesse re Gustavo Vasa ottenendo l'indipendenza. Il nuovo sovrano Federico I (1523-33), salito al trono in un momento di contrasti religiosi e sociali, permise la penetrazione nel Paese della Riforma luterana, che divenne religione di Stato nel 1536 con Cristiano III (1534-59). Nel frattempo prendeva sempre più forza la nobiltà, la stessa che aveva voluto al trono Cristiano III e che aveva spinto poi Federico II e Cristiano IV a tentare inutili e controproducenti guerre contro la Svezia. La partecipazione alla guerra dei Trent'anni si risolse in un disastro per la Danimarca. Il Trattato di Brömsebro del 1645 dettò condizioni del tutto sfavorevoli per le quali la Danimarca venne a perdere l'egemonia nel nord. Le disastrose conseguenze della guerra e lo strapotere dell'aristocrazia agraria imponevano il riassestamento delle finanze e dell'amministrazione pubblica voluto anche dal clero e dalla borghesia. La prima mossa contro la nobiltà venne da Federico III (1648-70) che il 13 ottobre 1660 proclamava l'ereditarietà della corona e nel 1665 la legge (Regia) che sanzionava l'instaurazione della monarchia assoluta di diritto divino con conseguente accentramento dei supremi poteri nelle mani del sovrano. Dopo di lui Cristiano V e Federico IV si impegnarono in nuove guerre contro la Svezia (1675-79) e poi nella guerra nordica (1700-20), che terminò con l'incorporazione dello Schleswig nel regno danese. La seconda metà del Settecento fu caratterizzata dall'influenza esercitata dai consiglieri tedeschi tra i quali primeggiava la figura di J. F. Struensee. Politico illuminato, Struensee si impegnò in un programma di ardite riforme ma cadde vittima della reazione xenofoba provocata dalla nascente coscienza nazionale danese. La sua morte favorì la reazione liberale, che riuscì a realizzare in un clima tipicamente illuminista una serie di misure per le quali fu liquidato il protezionismo, vennero aboliti i vecchi privilegi nell'agricoltura, dati nuovi impulsi all'economia, fu abolito il commercio degli schiavi nelle colonie, si ebbe l'emancipazione degli ebrei. Coinvolta nelle guerre napoleoniche, la Danimarca si alleò alla Francia ma andò incontro a una grave sconfitta sanzionata dalla Pace di Kiel (1814), per la quale dovette cedere la Norvegia alla Svezia ottenendo dalla Germania la Pomerania che fu scambiata l'anno successivo con il Lauenburg. Le idee liberali diffuse in Europa penetrarono nel sec. XIX anche in Danimarca, provocando aspri contrasti con i rappresentanti della monarchia assoluta. Fu Federico VII il primo sovrano danese ad accogliere con tolleranza le proposte liberali promulgando una Costituzione il 5 giugno 1849 con la quale furono istituite due camere elette a suffragio universale. Oltre a ciò Federico operò affinché Danimarca e Schleswig avessero insieme un solo governo. Il suo successore Cristiano IX, salito al trono nel 1863, cercò di concludere tale progetto, ma si vide contrastato da Prussia e Austria. La guerra, inevitabile, si risolse negativamente per la Danimarca che a Vienna (1864) sottoscrisse un trattato che costò la perdita di Schleswig, Holstein, Lauenburg e l'isola di Alsen.

Storia: l'età contemporanea

Gli insuccessi in politica estera indussero i nuovi governi a occuparsi prevalentemente del miglioramento della situazione interna. Neutrale in occasione della prima guerra mondiale, nell'intervallo tra i due conflitti mondiali la Danimarca (che nel 1920 aveva ottenuto mediante referendum lo Schleswig settentrionale) attuò sostanziali riforme economiche e sociali. Questo periodo ebbe tra i suoi protagonisti Thorvald Stauning, esponente della socialdemocrazia che si era inserita alla guida politica della nazione. Nel 1939, dopo aver firmato un patto di non aggressione con la Germania, fu da quest'ultima invasa (9 aprile 1940). L'occupazione durò 5 anni e dal 1943, quando la Resistenza poté organizzarsi, fu decisiva la rottura con le autorità tedesche, che agli inizi furono relativamente tolleranti. Dopo la liberazione salì al trono (1947) Federico IX e in quello stesso anno le elezioni decretarono il successo dei socialdemocratici. Il nuovo governo (1948) ebbe l'appoggio del piano Marshall e l'anno seguente aderì al Patto Atlantico. Nel 1953 la Danimarca contribuì all'istituzione del Consiglio Nordico: nello stesso anno una nuova Costituzione introduceva un sistema parlamentare unicamerale. Sotto Margrethe II, succeduta a Federico IX nel 1972, il 1º gennaio 1973 la Danimarca entrava a far parte della CEE. All'inizio degli anni Settanta, con il declino dell'egemonia socialdemocratica, si apriva un periodo di instabilità governativa. Liberali e socialdemocratici, dopo essersi alternati in governi minoritari, erano costretti a formare governi di coalizione di breve durata finché, nel 1982, saliva al potere il Partito conservatore di P. Schlüter, che rimanendo alla guida del Paese per tutti gli anni Ottanta, imponeva una sensibile svolta nella politica economica del Paese, comprimendo la spesa sociale e incoraggiando l'impresa privata. Tali scelte provocavano, però, una radicalizzazione della vita politica che si manifestava nei risultati positivi raggiunti da formazioni collocate agli estremi dei tradizionali partiti. Ciò determinava una situazione di difficile governabilità, dimostrata dal fatto che gli esecutivi a guida conservatrice susseguitisi dal 1988 erano costretti a operare senza una vera maggioranza parlamentare e solo nel 1993 i socialdemocratici, che pure tre anni prima avevano vinto le elezioni, riuscivano a formare un nuovo governo, la cui guida veniva affidata a Poul Nyrup Rasmussen. Le incertezze della situazione politica favorivano anche spinte isolazionistiche, come dimostrava il risultato negativo del referendum sul Trattato di Maastricht (2 giugno 1992). Dopo un anno i danesi approvavano l'adesione al trattato con le deroghe specificatamente previste per la Danimarca, ma non si trattava di una reale inversione di tendenza. Le resistenze all'unificazione europea, infatti, riemergevano in occasione delle elezioni per il Parlamento di Strasburgo (1994) con il successo delle liste anticomunitarie. Le incertezze del quadro politico portavano anche a un nuovo scioglimento anticipato dell'Assemblea legislativa danese, il Folketing. Il risultato elettorale (1994) attribuiva un indubbio successo ai liberali che aumentavano di 13 seggi, ma i socialdemocratici, pur facendo registrare una lieve flessione, mantenevano la maggioranza relativa e riuscivano a confermare la premiership con Poul Nyrup Rasmussen che dava vita a una coalizione di centrosinistra con i radicali e il Centro democratico, riconfermata nelle elezioni del 1998. Nel settembre 2000, mediante un referendum, la Danimarca decideva di non aderire alla moneta unica europea, mettendo in difficoltà il governo di Poul Nyrup Rasmussen, promotore della consultazione elettorale, che comunque riaffermava la partecipazione del Paese all'Unione Europea. Dopo nove anni al governo, i socialdemocratici di Poul Nyrup Rasmussen, nelle elezioni legislative del 2001, perdevano la maggioranza. A capo dell'esecutivo veniva nominato Andreas Fogh Rasmussen, leader dei liberali che guidavano la coalizione di maggioranza di centro-destra, appoggiata dal Partito popolare danese, di estrema destra. Il partito si era affermato nelle elezioni come terza formazione politica del Paese organizzando una campagna elettorale che aveva fatto leva sui sentimenti antislamici, suscitati dagli attentati terroristici dell'11 settembre 2001 negli Stati Uniti. Nel settembre 2003 un referendum riproponeva ai cittadini la questione dell'ingresso del Paese nella moneta unica europea, ma l'esito delle urne era nuovamente negativo. Alle elezioni anticipate del febbraio 2005, decise dal premier A. F. Rasmussen, la coalizione di centro-destra ha mantenuto la maggioranza in parlamento grazie al notevole calo dei socialdemocratici. In settembre la pubblicazione di alcune vignette satiriche su Maometto ha innescato una serie di proteste in tutto il mondo islamico. Nel gennaio 2007 entrava in vigore la riforma amministrativa che rivoluzionava il sistema delle autonomie locali, eliminando la tradizionale suddivisione in contee. Nel 2007 si svolgevano le elezioni legislative anticipate che venivano nuovamente vinte dalla coalizione liberale (V) di Rasmussen, rendendo però necessaria l'alleanza con il partito di destra (DF). In occasione del vertice NATO dell'aprile 2009 Rasmussen veniva nominato segretario generale dell'organizzazione; Lars Løkke Rasmussen veniva nominato premier. In occasione delle elezioni europee di giugno di quell'anno i cittadini approvavano tramite referendum un'emendamento costituzionale che garantisce l'ugualianza tra uomini e donne nella successione al trono. In giugno entrava in vigore il nuovo statuto che regolava una maggiore autonomia della Groenlandia, in vista di una possibile indipendenza. Nel settembre del 2011 si svolgevano le elezioni politiche vinte dalla coalizione di centrosinistra (89 seggi, su 179), guidata dai socialdemocratici; il suo leader Helle Thorning-Schmidt diventava premier, prima donna del Paese a ricoprire tale carica. Alle elezioni politiche del 2015 vincevano i socialdemocratici, ma il populista Partito del popolo danese otteneva un ottimo risultato. Lars Løkke Rasmussen diventava nuovamente premier.

Cultura: generalità

Le prime testimonianze artistiche della cultura danese appaiono in epoca successiva al Mille, derivate dalla commistione tra la cultura vichinga e quella germanica. A partire dall'età moderna, l'adesione nazionale alla Riforma luterana e i canoni del rinascimento scandinavo divengono i principali punti di riferimento in campo artistico e letterario (traduzione della Bibbia in danese, fioritura degli studi linguistici, fondazione dell'università di Copenaghen, costruzione delle fastose residenze reali di Kronborg, Frederiksborg e Rosenborg). Tuttavia è l'Ottocento romantico il periodo di massima fioritura della cultura danese. In letteratura viene recuperato il genere epico, ma soprattutto appaiono le opere del narratore di fiabe Hans Christian Andersen, i cui personaggi (la sirenetta, il brutto anatroccolo, la principessa sul pisello) sono cari a i bambini di tutto il mondo. In filosofia fiorisce l'astro dolente di Soeren Kierkegaard; la capitale si arricchisce delle opere neorinascimentali realizzate dall'architetto Nyrop; in campo musicale l'opera di Carl Nielsen segna l'affacciarsi del Paese alla ribalta internazionale. Nel corso del sec. XX la Danimarca si è fatta conoscere a livello mondiale per la sua fama di Paese ordinato, dall'atmosfera tranquilla e un po' sognante, ma anche come modello di organizzazione, funzionalità, tolleranza. Questi aspetti sono incarnati dalla sua capitale, Copenaghen, dove gli abitanti passeggiano senza fretta sui boulevard in riva al mare, mentre l'avveniristico ponte sullo stretto di Øresund sottolinea la modernità del Paese. Queste caratteristiche convivono tuttavia con il permanere di usanze folcloriche e tradizionali, soprattutto nelle zone periferiche, dove si celebrano feste pagane legate all'arrivo dell'estate e dove fioriscono i musei all'aperto e i parchi a tema tipici della tradizione scandinava e nordica. Numerose sono inoltre le manifestazioni di carattere musicale, che hanno luogo nel corso dell'anno, tra le quali hanno una particolare rilevanza il Numus Festival di Århus, quello di Roskilde dedicato alla musica rock e i Festival di Copenaghen dedicati al jazz e alla musica classica.

Cultura: tradizioni

Di carattere tradizionale sono in Danimarca le feste che si svolgono tra maggio e giugno per celebrare la fine della stagione fredda e con essa la cacciata degli spiriti maligni. Di questo genere sono le manifestazioni che si tengono nello Schleswig in occasione della “notte di Valpurga” (tra il 30 aprile e il 1° maggio), in cui si accendono fuochi per allontanare le streghe; o quelle della notte di San Giovanni (24 giugno), con fuochi e falò allestiti sulle spiagge per festeggiare la notte più breve dell'anno. Appartengono al folclore anche gli spettacoli di fiabe di Andersen organizzati a Odense, paese natale dell'autore, di cui nel 2005 ricorreva il centenario della nascita. La Danimarca è inoltre famosa per l'ampia offerta di parchi e di musei all'aperto (tipici della tradizione scandinava), dove vengono con cura conservate (o ricostruite) le testimonianze folcloristiche in suggestive ambientazioni, e per l'alta concentrazione di parchi zoologici e zoo safari (come quelli di Ålborg, Odense, Faarup), in alcuni dei quali gli animali vivono liberi all'interno dei parchi. Caratteristici del Paese sono anche i parchi di divertimento per bambini. Celeberrimo quello dei Giardini di Tivoli, nel centro di Copenaghen, che vanta più di 150 anni di vita essendo stato allestito nel 1843. In esso le attrazioni sono sparse tra le aiuole, i ristoranti, i teatri e gli ambienti da concerto. La struttura vanta una propria orchestra e una lunga tradizione di teatro cinese e teatro dei mimi. Forse ancor più famoso è Legoland, il parco di divertimenti voluto negli anni Settanta del secolo scorso dal fondatore dell'industria produttrice dei famosi mattoncini da costruzione Lego, dove tutte le attrazioni sono realizzate in questo stesso materiale. Per quanto riguarda i personaggi tradizionali, prima è sicuramente la Sirenetta (Lille Havfrue), sfortunata protagonista dell'omonima favola di Andersen, la cui statua, opera dello scultore Eriksen nel 1913, posta a ornamento della promenade del lungomare di Copenhagen, è uno dei principali simboli della città e dell'intero Paese. Una menzione a parte merita anche Amleto, principe di Danimarca nato dalla fantasia del commediografo inglese William Shakespeare (la cui tragica vicenda è ambientata nel castello reale di Karlborg) e la cui attitudine dubitativa è divenuta proverbiale. Nel campo dell'artigianato folcloristico, continua la tradizione dei pizzi e dei merletti (Tønder è la capitale di questa lavorazione). I costumi antichi sono ancora indossati da piccoli gruppi di comunità costiere o delle isole. Di antica tradizione è anche la passione sportiva, sviluppata specialmente nel nuoto, nella vela, nel golf, nell'equitazione, nella bicicletta e nella vela su ghiaccio. § La cucina danese è molto varia. Piatto nazionale è lo smørrebrød, pane a fette imburrato e preparato con carne, pesce, verdure, formaggi o salumi (in certi ristoranti se ne trovano almeno 200 varietà). Elevato il consumo di pesce (crostacei, salmone, sogliole, sgombro), ma grande è anche la specializzazione nella preparazione di secondi di carne, accompagnate da contorni di patate e barbabietole rosse. Tra i dolci sono molto diffuse le torte di frutta e la danisch pastry, dolcetti fatti di sfoglia e ripieni di burro e marmellata. La bevanda nazionale è la birra (øl).

Cultura: letteratura: dalle origini al XIX secolo

Alle origini della letteratura danese, come per altri Paesi nordici, è la tradizione orale che raccoglie storie di migrazioni di popoli, di invasioni, di guerre, come le kaempeviser (ballate eroiche) o le ridderviser (canzoni cavalleresche), dove il tema principale è l'amore, o, ancora, le trylleviser (ballate magiche) sul fantastico filone della magia e degli gnomi; tale tradizione, tuttavia, tarda a concretarsi in pagine di poesia. Il primo documento scritto di cui si ha notizia è il poema di Bjarke (sec. X), di cui solo alcune strofe furono raccolte dall'islandese Snorri Sturluson. Dalla fine del sec. XII datano le Gesta Danorum di Saxo Grammaticus (ca. 1150-ca. 1220), miscellanea in 16 libri di vicende storiche fino al 1187, miti, leggende e frammenti di canti epici. Si riscontrano ancora in queste storie resti di mitologia pagana e solo a cominciare dai sec. XVI e XVII i primi umanisti studiarono e pubblicarono antologie su temi antichi, all'interno delle quali era palese l'influsso di alcune canzoni francesi e tedesche che erano andate diffondendosi durante il basso Medioevo. Come in tutti i Paesi protestanti, la traduzione della Bibbia consacrò una prima affermazione dello spirito nazionale. Il maggior traduttore della Bibbia di Lutero in Danimarca fu Christiern Pedersen (ca. 1480-1554), che nel 1550 fece apparire la Bibbia di Cristiano III. Essa può considerarsi il punto di partenza di una lingua già affermata mentre dotti e scienziati, come il celebre astronomo Tyge (Tycho) Brahe (1546-1601), continuarono fino a tutto il Seicento a servirsi del latino. Con Pedersen, una volta adottato ufficialmente il luteranesimo, che lo sviluppo della stampa aveva contribuito a diffondere, si distinguono Hans Tausen (1494-1561) e Hans Christensen Sthen (1544-1610). Nel sec. XVII continuarono e si consolidarono le tendenze erudite cominciate nel secolo precedente, mentre il barocco si manifestava nell'opera di numerosi autori, tra i quali va ricordato Thomas Kingo (1634-1703). Un rapido accenno ai poeti che gli furono contemporanei o che lo precedettero porta alla ribalta Anders Arrebo (1587-1637), autore del poema Hexaëmeron, traduzione del poema La Première Semaine di Du Bartas, opera caratteristica di transizione verso il barocco, Leonora Christina (1621-1698), figlia di Cristiano IV, e altri minori, ma pur sempre di particolare interesse, come Peder Syv (1631-1702), che nel 1685 pubblicò la prima grammatica danese, e Anders Bording(1619-1677), poeta di temi contemporanei pubblicati nella gazzetta da lui curata: Den danske Mercurius (Il Mercurio danese). Nel sec. XVIII la letteratura danese subì l'influsso di autori stranieri, in particolare del tedesco Klopstock, degli enciclopedisti Diderot, Rousseau e Voltaire, mentre si afferma, dominando e condizionando tutta un'epoca, il norvegese di nascita ma danese di lingua e di costume Ludvig Holberg (1684-1754) le cui commedie satiriche, ispirate a Molière, alla Commedia dell'arte e anche al razionalismo degli enciclopedisti, suscitarono vasta eco di consensi. La presenza qui di un norvegese non stupisca poiché la scomparsa del norvegese come lingua letteraria aveva attratto nell'orbita artistica e culturale danese molti autori di quel Paese. Su una linea di sensibilità e lirismo è senz'altro da ricordare il poeta Hans Adolph Brorson (1694-1764) di ispirazione religiosa, dai toni a volte esasperati, che Johannes Ewald (1743-1781) temperò nella linea di pietismo divenuto una caratteristica dell'epoca in numerosi Paesi. Oltre alle liriche, Ewald scrisse tragedie e commedie (un coro del melodramma I pescatori divenne l'inno nazionale danese). Tra i preromantici va segnalato Knud Lyhne Rahbeck (1760-1830), lirico, critico, fondatore di periodici, che pur nel gusto settecentesco già rivelava quella che sarebbe stata la rivoluzione romantica. Egli diffuse le sue idee nelle riviste Tilskueren e Minerva. Il salotto letterario che animava con la collaborazione della moglie riunì i migliori spiriti del tempo, tra i quali il radicale Peter Andreas Helberg (1758-1841), influenzato dalle idee della Rivoluzione francese, e Jens Baggesen (1764-1826), già influenzato da quello spirito romantico che, nato in Germania, ben presto ebbe i suoi cultori anche in Danimarca. Tra le figure più rappresentative vanno citate quella di Adam Oehlenschläger(1779-1850), amico di Goethe, di Tieck, di Schelling, dei fratelli Schlegel e fecondo compositore di liriche, di poemi, di romanzi e di drammi, e quella di Nikolai Frederik Severin Grundtvig (1783-1872), autore dei grandi inni ispirati alla tradizione nazionale, che ebbero come primi cultori Thomas Kingo e Hans Adolph Brorson, noto anche come riformatore religioso. Altro autore di eccellenti inni fu Bernhard Severin Ingemann (1789-1862), che si dedicò in particolare al romanzo storico sull'esempio ovunque dilagante di Walter Scott. Tra gli autori minori va ricordato Carsten Hauch (1790-1872), che ebbe fortuna anche con opere teatrali. A cominciare dal 1830, la generazione che ha i suoi massimi esponenti in Johan Ludvig Heiberg (1791-1860), autore di briosi vaudevilles, e Henrik Hertz (1798-1870), si distingue per una tendenza opposta all'esaltazione emotiva dei primi romantici spesso muovendosi su toni satirici, che trovano la massima efficacia in teatro con la critica della borghesia. Tra i poeti sono da ricordare Christian Winther (1796-1876), Emil Aarestrup (1800-1856), Ludvig Adolph Bødtcher (1793-1874) e il narratore jutlandese Steen Steensen Blicher (1782-1848). Due grandi nomi richiamano in questo periodo l'attenzione del mondo sulla letteratura e sulla filosofia danesi: sono quelli di Hans Christian Andersen (1805-1875), l'immortale creatore di fiabe, e Soeren Aabye Kierkegaard (1813-1855), maggior pensatore della storia danese nonché critico dell'idealismo hegeliano e il teorico del sentimento dell'angoscia inteso come premessa alla rivelazione del divino. Di Kierkegaard basti ricordare Diario di un seduttore e Aut-Aut. Si accentua intanto la decantazione critica in seno al movimento romantico e già si avvertono i primi mutamenti che porteranno al realismo. Tra i primi narratori della nuova corrente vanno ricordati F. Paludan-Müller (1809-1876), con il romanzo Adam Homo, M. A. Goldschmidt (1819-1887), H. E. Schack (1820-1859) e i poeti C. Ploug (1813-1894) e V. Kaalund (1818-1885). Nel 1871 G. M. C. Brandes (1842-1927), che ebbe a maestro Kierkegaard, pronunciò alcune conferenze, raccolte poi nei 6 volumi delle Correnti principali nella letteratura del XIX secolo, che aprirono nuove prospettive alla cultura danese. Con Brandes fece la sua prima apparizione in Danimarca il naturalismo e il concetto dell'art pour l'art. La letteratura danese veniva così acquistando un impulso cosmopolita, grazie anche al giornale Politiken fondato, con altri, da C. E. C. Brandes (1847-1931), fratello di Georg. L'arte di G. Brandes ben presto andò evolvendosi verso l'artistocratismo borghese di fine secolo, tipico dell'intellettualismo europeo, mentre si affermavano narratori come J. P. Jacobsen (1847-1885), il poeta H. Drachmann (1846-1908) e una schiera di altri autori, tra cui Sophus Schandorph (1836-1901). H. Bang (1857-1912), H. Pontoppidan (1857-1943), autore di romanzi ciclici sulla Danimarca contemporanea, K. Gjellerup (1857-1919). Gli ultimi due ottennero il premio Nobel nel 1917. Al naturalismo in prosa si accompagnarono le influenze rinnovatrici dei parnassiani e dei simbolisti francesi. Tra i poeti di questo gruppo figurano L. D. Holstein (1864-1943), Helge Rode (1870-1937), J. Jørgensen (1866-1956) e S. Claussen (1865-1931).

Cultura: letteratura: l'età contemporanea

Di particolare impegno e di più ampio respiro appare la letteratura contemporanea. Basti citare J. V. Jensen (1873-1950), premio Nobel 1944 per la letteratura con il romanzo La caduta del re, che va oltre la pura rappresentazione storica nella dualità di sovrapposizione tra mondo contemporaneo e radici antiche, fino a creare una tensione di modernissima lucidità. Come lui originario dello Jütland è il poeta J. Aakjær (1866-1930), la cui opera ha influenzato un'intera generazione. Nell'ambito della letteratura per l'infanzia grande importanza riveste l'opera della scrittrice Karin Michaëlis (1872-1950), in particolare per i romanzi che narrano le avventure della piccola eroina Bibi. Se il romanzo di tono intimista spirituale ha un ottimo rappresentante in H. Kidde (1878-1918), di più forte impulso e di grande vigore è la narrativa di M. Andersen Nexo (1869-1954), il più corposo creatore di romanzi realisti, in cui trasfonde una fede marxista che si esalta nell'analisi dei caratteri e dei sentimenti popolari. I suoi romanzi più caratteristici sono stati tradotti in diverse lingue: Pelle il conquistatore (1906-10) e Ditte menneskebarn (1919-21; Ditte, figlia dell'uomo). J. Paludan (1896-1975) e T. Kristensen (1893-1974) proseguono il filone di una narrativa critica in antitesi rispetto ai temi della loro generazione. Tra i poeti, di particolare valore, V. Rørdam (1872-1946), N. Petersen (1897-1973) e P. La Cour (1902-1956). Intorno al 1930 il teatro ha momenti di splendore con K. Munk (1898-1944), Kjeld Abell (1901-1961), che ci ha dato un capolavoro con Giorni su una nuvola (1947) sul tema del disorientamento morale del dopoguerra, e Carl Erik Soya (1896-1983), che ha tracciato ne I parassiti (1929) un'indimenticabile e feroce satira del mondo piccolo-borghese. Narratrice di fama internazionale è Karen Blixen-Finecke (1885-1962), autrice, tra l'altro, della raccolta di racconti Seven Gothic Tales (1934; Sette storie gotiche) e di commosse rievocazioni africane (Den afrikanske Farm, 1937; La mia Africa). H. Ch. Branner (1903-1966) è invece il maestro del romanzo breve (Historien om Børge, 1942; La storia di Børge) e della novella (To Minutters Stilhed, 1944; Due minuti di silenzio); ha scritto anche alcune opere teatrali, tra le quali Thermopyla (1958). Tra i poeti M. Nielsen (1922-1944) e H. Rasmussen (1915) occupano una posizione considerevole accanto a Martin A. Hansen (1909-1955), considerato il maggior esponente della sua generazione. Col secondo dopoguerra si fa generalmente coincidere l'inizio della corrente letteraria definita “modernismo”, che in maniera più o meno determinante si afferma per oltre due decenni. Una prima fase, detta di Heretica, dal nome della rivista simbolista (1948-53), aveva come obiettivo principale la promozione della poesia come forma superiore di conoscenza, in polemica con la tradizione razionale e realistica, colpevole di aver ignorato le forze irrazionali che avevano scatenato le recenti catastrofi. In tale clima, in cui domina naturalmente la lirica, fioriscono le opere di O. Wivel, O. Sarvig, T. Bjørnvig, F. Jaeger e Tage Skou-Hansen, mentre altri, come Paul La Cour e Erik Knudsen, lasciano il gruppo criticandone le posizioni misticheggianti. Non mancano tuttavia, anche in questi anni, prosatori che continuano la tradizione del realismo psicologico, come Hans Lyngby Jensen e Poul Ørum (1919-1997). Altre importanti voci della fine degli anni Sessanta sono quelle del poeta Benny Andersen (n. 1929), il più popolare della nuova generazione per i suoi versi semplici e ironici; Ivan Malinovski (1926-1989), impegnato cantore di atmosfere rese cupe dalla perdita degli ideali; Jørgen Gustava Brandt (1929-2006), Jørgen Sonne (n. 1925), Per Højholt (n. 1928) e Tove Ditlevsen, poetessa maledetta morta suicida nel 1976. Nella narrativa si distinguono la prosa assurdista di Peter Seberg (n. 1925), il documentarismo di Thorkild Hansen (1927-1989), il realismo diretto e antimoralistico di Leif Panduro (1923-1977) e di Anders Bodelsen (n. 1937). Le opere di Sven Åge Madsen (n. 1939) hanno fatto parlare di nuovo modernismo e una vetta della sperimentazione poetica è stata raggiunta da Det (1969; Ciò) di Inger Christensen (n. 1935). Alla fine degli anni Settanta, segnati da un forte impegno politico ma con un'enorme varietà di espressioni letterarie, prevalgono gli autori della generazione punk, come Michael Strunge, Bo Green Jensen e Pia Tafdrup, e soprattutto la letteratura femminile, le cui maggiori rappresentanti, pur nei diversi orientamenti, sono Elsa Gress, Vita Andersen, Dea Trier Mørch, Ulla Ryum, Marianne Larsen, Cecil Bødker, Dorrit Willumsen. Nonostante la maggior parte di queste autrici sia giunta col tempo a forme d'espressione più personali e meno dimostrative, la lezione della letteratura femminile non ha ancora terminato il suo approfondimento, provocando una rilettura in molti campi, dal linguaggio alla storia e all'economia, nel mondo accademico e fuori. Una nuova fase del modernismo, di rottura con la tradizione, ma che non rinuncia a incidere sul dibattito sociale, è annunciata dalle pagine della rivista Vindrosen, sotto la direzione, tra il 1959 e il 1963, di due delle più incisive personalità della letteratura danese contemporanea: Villy Sørensen (1929-2001) e Klaus Rifbjerg (n. 1931). Il primo, che con le sue originali novelle descrive simbolicamente le contraddizioni dell'uomo moderno, intraprende con Apoilons opror (1989) una riflessione filosofica sulla natura umana; sempre di stampo filosofico è l'opera successiva Den frie vilje (1992), mentre in Jesus og Kristus (1992) l'attenzione si concentra sulla figura del Cristo nella sua dimensione storica e umana. Il secondo, Klaus Rifbjerg, poeta e narratore assai prolifico fornisce ulteriore prova della sua vena immaginifica e ironica con la serie di racconti dedicati alla metà (1989), per dare poi alle stampe ben due raccolte di liriche, Bjerget i himlen (1991) e Krigen. En digtcyklus (1992). A fianco di Sørensen e Rifbjerg sono stati attivi il poeta Ole Wivel (n. 1921), che in Modspil (1991) descrive la propria esperienza di critico, Jørgen Gustav Brandt (1929-2006) con il volume di poesie Poppeldigte (1989) e il già citato Madsen con il romanzo fantasy sul tema della disoccupazione Jagten pa et menneske (1991). Determinante per tutti è un nuovo uso del linguaggio, virtuosistico e sperimentale, come unico strumento di conoscenza. Più difficile è orientarsi tra i debuttanti degli ultimi anni, il cui grande numero, insieme alla difficoltà di individuare tendenze, radici o profili comuni, ha fatto parlare il critico Carsten Jensen di “letteratura epifita”; vanno comunque citati Jens Christian Grøndal (1959-1988), Jørgen Christian Hansen (morto nel 1988 a soli 32 anni), Jens-Martin Eriksen (n. 1945), Søren U. Thomsen (n. 1956) e Astrid Saalbach (n. 1957). Grazie alla pubblicazione di una particolarissima detective story ambientata tra Copenhagen e i ghiacci della Groenlandia Peter Høeg (n. 1957) ha poi conosciuto un vastissimo successo internazionale con il romanzo Frøken Smillas fornemmelse for sne (1992; Il senso di Smilla per la neve), dal quale nel 1997 è stato tratto un film. Altri importanti autori contemporanei sono Henrick Stangerup (1937-98), saggista, romanziere e cineasta, le cui opere sono tradotte in tutto il mondo, la narratrice Kirsten Thorup (n. 1942) e Ib Michael (n. 1945).

Cultura: arte

Solo nel sec. XI inizia in Danimarca una produzione architettonica monumentale (resti della Vor Fruekirke di Roskilde). Nel corso del sec. XII furono erette numerose chiese romaniche (oltre 1800), per lo più in pietra da taglio (granito) o in pietra e mattone, che riecheggiano forme tedesche, tra cui importanti le cattedrali di Ribe, di Viborg e di Lund (sede arcivescovile danese dal 1104). Interessanti le numerose chiese dei villaggi. Caratteristico è il gruppo delle chiese-fortezza a pianta circolare di Bjernede presso Sorø e dell'isola di Bornholm. Alla fine del sec. XII i maestri lombardi diffusero l'uso del mattone (chiesa benedettina di Ringsted, ca. 1160; chiesa cistercense di Sorø, iniziata ca. nel 1170), che divenne il materiale preferito nei secoli successivi. Di mattoni è anche la cattedrale di Kalundborg (ca. 1170-90), caratterizzata da una pianta a croce greca con 4 torri ottagonali al termine di ogni braccio e un'alta torre-lanterna all'incrocio: un unicum nell'architettura danese. Verso il 1200 compare lo stile gotico, derivato dall'architettura in laterizio della Germania settentrionale (Lubecca). Capolavoro del gotico danese, per purezza e rigore di stile, è la cattedrale di S. Canuto (Skt. Knud) a Odense (ca. 1300-1450). Altre chiese gotiche sono quelle delle Brigidine di Mariager e di Maribo (1400-70) e il monastero dei Carmelitani di Helsingør (ca. 1430). Nel periodo gotico furono rimaneggiate e abbellite le chiese romaniche del sec. XII, aggiungendovi torri, volte a crociera, caratteristici portali con timpani a gradini. Al carattere bizantineggiante delle pitture murali del periodo romanico si sostituì nel sec. XIV, tramite Lubecca, quello della pittura gotica francese: i maggiori esempi di pittura gotica danese sono a Roskilde (cappella dei Re Magi nel Duomo) e nella chiesa di Fanefjord nell'isola di Møn (ca. 1450). Nel campo della scultura spiccano le lastre d'altare di rame martellato, tipiche della regione. Nel sec. XIII la scultura lignea e in avorio risente dell'influenza del gotico francese, mentre alla fine del secolo prevale l'influenza tedesca, sempre attraverso Lubecca. Di questa città è lo scultore Johannes Junge, influenzato dal naturalismo borgognone, autore della Tomba della regina Margareta nel duomo di Roskilde (1423). Nei primi decenni del sec. XVI sono attivi in Danimarca gli scultori Hans Brüggeman, Adam van Düren e Claus Berg, il maggior discepolo di Veit Stoss (Trittico del duomo di Odense, 1521). Con la Riforma (1536) cessa la committenza ecclesiastica e inizia quella laica, dell'aristocrazia e della corte. Verso il 1550 compaiono le prime forme rinascimentali nei castelli nobiliari. Con il castello di Kronborg a Helsingør (1575-83), di Hans van Paeschen e Anton van Opbergen, si afferma in Danimarca lo stile rinascimentale olandese. Un enorme incremento urbanistico si ha con Cristiano IV (1588-1648), che fonda numerose città in tutto il regno (Christianstad, Bredsted, Christiania ecc.) e inizia il rinnovamento urbanistico di Copenaghen (nuova cinta muraria, progetto della “Nuova Copenaghen”, città fortificata di Christianshavn, quartieri per marinai di Nyboder e Ny Skipperboder), dotandola delle attrezzature essenziali di una città moderna (la Borsa, l'Università, l'Arsenale ecc.). Il castello di Frederiksborg a Hillerød, di H. e L. van Steenvinkel (1600-20) e il castello di Rosenborg a Copenaghen (1606-17) sono tra i capolavori dell'architettura del periodo di Cristiano. Per Frederiksborg lavorarono il pittore Karel van Mander e lo scultore Adriaen de Vries (la fontana). L'influenza olandese continua anche dopo la metà del Seicento nelle forme di un sobrio barocco (S. Salvatore a Copenaghen e palazzo di Charlottenborg, 1672-77, di Lambert van Haven), mentre dopo il 1700 prevalgono gli influssi italiani (castelli reali di Frederiksborg, 1707-09, e di Fredensborg, 1720). Nel secondo quarto del Settecento i maggiori architetti sono i danesi L. de Thurah (castello Eremitagen presso Copenaghen, 1736; guglia del S. Salvatore a Copenaghen, borrominiana, 1750) e N. Eigtved, formatosi a Dresda e Varsavia col Poppelmann, e quindi aggiornato sul rococò franco-sassone. Il gusto scenografico dell'Eigtved si incontra con i programmi di rinnovamento edilizio di Federico V: nel nuovo quartiere di Frederiksstaden a Copenaghen (progettato nel 1750), Eigtved realizza il complesso monumentale di Amalienborg, una piazza ottagonale aperta da un lato sul porto e unita dall'altro, con una via, alla Frederikskirke. Nel 1754 viene fondata la Reale Accademia di Belle Arti, il cui primo professore, il francese N. H. Jardin, introduce in Danimarca il classicismo (Frederikskirke, 1756). Al Jardin succedette il neopalladiano F. C. Harsdorff (colonnato di Amalienborg, 1795), mentre nel primo Ottocento domina la figura di C. Hansen, un maestro dello stile “impero” (cattedrale e municipio di Copenaghen). Contemporanei dello Hansen sono lo scultore Bertel Thorvaldsen e il pittore C. W. Eckersberg. La tradizione neoclassica dura fin da oltre la metà del secolo sia in pittura (Constantin Hansen, C. Köbke, V. Marstrand, J. T. Lundbye) sia in scultura (H. W. Bissen) e in architettura (con gli allievi dello Hansen: G. F. Hetsch, Peder Malling, M. G. Bindesbøll, ecc.). Alla fine del sec. XIX prevale anche in Danimarca l'eclettismo (nuovo Municipio di Copenaghen, di Martin Nyrop, ca. 1900), mentre in pittura T. Philipsen aderisce all'impressionismo. La fedeltà alla tradizione nazionale, sia medievale sia neoclassica, caratterizza l'architettura danese del periodo tra le due guerre (chiesa di Grundtvig a Copenaghen, di Jensen Klint, 1913-26, legata all'espressionismo tedesco nell'alta facciata a organo; Questura centrale di Copenaghen, di Hack Kampman e Aage Rafn, 1925, neoclassica). Nel secondo dopoguerra l'architettura moderna danese (e, più in generale, scandinava) è all'avanguardia per originalità di soluzioni, raffinatezza di stile, sensibilità per le esigenze sociali e ambientali, intelligenza urbanistica. Tra i numerosi architetti di livello internazionale, si distingue Arne Jacobsen (Municipio di Rodovre). Nel campo della pittura le correnti moderne sono rappresentate da Harald Giersin, influenzato da Matisse, dai cubisti V. Lundstrom e C. Swane e, dopo il 1930, dai surrealisti W. Freddie e W. Bjerke-Petersen, fondatori della rivista Konkretion. Nel 1938 si formò il movimento astratto-surrealista danese (R. Mortensen, A. Jorn, E. Bille, E. Jacobsen, H. Heerup), che poi si raggruppò intorno alle riviste Helhesten, Aarstiderne Spiralen e Cobra (1948-51) evolvendosi nel “gruppo sperimentale danese”. Per quanto riguarda l'architettura contemporanea, numerosi sono i nuovi progetti realizzati nella capitale a partire dagli anni Novanta. Tra questi si ricordano l'ampliamento della Biblioteca Reale, in vetro e acciaio, soprannominata “il diamante nero” (den Svarte Diamanten), con riferimento al colore della facciata esterna; l'ampliamento della Ny Carlsberg Glyptotek, opera di Henning Larsen, e dello Statens Museum for Kunst. Tra i progetti in via di realizzazione vi è quello del modernissimo quartiere Ørestad, nei pressi del ponte sullo stretto di Øresund, destinato a ospitare edifici commerciali e istituti di ricerca.

Cultura: musica

Tra le testimonianze più significative dell'antica musica danese sono i canti popolari di origine medievale, tramandati oralmente (soprattutto ballate). Nel campo della musica colta la Danimarca fu a lungo alle dipendenze del resto d'Europa, anche se la corte reale dedicò grande attenzione alla vita musicale, a partire dal sec. XVI. Operarono in Danimarca numerosi musicisti fiamminghi e tedeschi, tra cui H. Schütz; fu attivo invece in Germania D. Buxtehude, di origine danese. Rilevante anche l'influsso francese, che fornì il modello dei balletti di corte. In campo teatrale operarono C. Förster il Giovane, R. Keiser, Gluck, Dittersdorf, Grétry, G. Santi e J. A. P. Schulz, direttore del Teatro Reale (1787-95) e autore di Singspiele in lingua danese. Anche il suo successore F. L. A. Kunzen fornì un notevole contributo alla nascita di un teatro musicale nazionale. Agli inizi del sec. XIX dominò l'influenza del classicismo viennese; si affermarono però in breve le prime rilevanti personalità di compositori locali, J. P. E. Hartmann e N. Gade, entrambi ispirandosi alle tradizioni popolari nazionali (soprattutto Hartmann) e al romanticismo tedesco. In tempi più recenti la figura di maggior rilievo è quella di C. Nielsen, ancora legato a premesse tardoromantiche. Negli ultimi decenni i compositori danesi si sono ispirati a Hindemith e Stravinskij, quindi alla dodecafonia e all'avanguardia più recente.

Cultura: teatro

Dopo una certa fioritura di teatro religioso, che però in Danimarca si verificò in ritardo in quanto i soli testi di cui si conservi memoria risalgono al sec. XVI, e dopo un'intensa attività di teatro scolastico sulla scia delle controversie suscitate dalla Riforma, tutto un secolo, il Seicento, fu vuoto di teatro nazionale e unicamente occupato da tournées di compagnie straniere, soprattutto tedesche e francesi. Furono appunto due attori francesi, Ètienne Capion e René Montaigu, ad aprire nel 1722 la prima sala permanente di Copenaghen, dove rappresentarono, tra l'altro, numerose opere di Holberg. L'iniziativa però non ebbe fortuna e nel 1728 il teatro, ostacolato anche dalle mene dei puritani più rigorosi, dovette chiudere i battenti. Li riaprì nel 1748 con Holberg come consulente letterario e con un repertorio che lasciava largo spazio alla drammaturgia francese, mentre la musica assumeva man mano importanza determinante. Nel 1772 il teatro, posto nel frattempo sotto il patrocinio della Corona, assunse la fisionomia, che tuttora conserva, di scena quasi interamente dedicata alla rappresentazione di opere del repertorio nazionale. Al Teatro Reale si affiancano ora sale commerciali, aperte in prevalenza alla drammaturgia straniera, e teatrini sperimentali. Il Teatro Reale organizza inoltre frequenti tournées in provincia, dove hanno rilievo iniziative teatrali più o meno autonome a Odense e ad Århus. Particolare importanza ha l'Odin Teatret di Holstebro, laboratorio interscandinavo per l'arte dell'attore, che il suo fondatore, l'italiano Eugenio Barba, ha qui trasferito da Oslo nel 1966, presentandovi spettacoli di grande rilievo internazionale.

Cultura: danza e balletto

Le prime rilevanti manifestazioni della danza si ebbero già nel sec. XVI, dapprima in forma di intermezzo di rappresentazioni teatrali, poi come autonome rappresentazioni coreutiche di ispirazione francese. Nel Settecento subentrò l'influenza di artisti italiani, dalla compagnia viaggiante Mingotti che introdusse a Copenaghen la pantomima, ai fratelli Orlandi, ad A. Como, primo Dansemester di elementi danesi, ad A. Sacco, portavoce del ballet d'action di Angiolini e Noverre. La prima fioritura del balletto trasse origine dall'incontro tra il coreografo italiano V. Galeotti, la scuola francese da lui certamente assimilata e la cultura danese da cui lo stesso attingeva melodie e spunti narrativi. Del Galeotti è ancora nel repertorio del Kongelige Danske Ballet Amors og Balletmesterens Luner (I capricci di Cupido e del maestro di ballo), che ebbe la sua prima trionfale il 31 ottobre 1786. Anche una seconda fioritura fu agli inizi di natura cosmopolita. Ne fu protagonista A. Bournonville, che dal 1830 al 1877 diresse quasi ininterrottamente il Balletto Danese in qualità di primo ballerino, coreografo e maestro di ballo, creando oltre 50 balletti ed elaborando quello che è definito “lo stile danese”, tuttora seguito. Nel Novecento il balletto ha trovato i suoi più validi rappresentanti nel coreografo Harald Lander, attivo dal 1932 al 1951 e fautore di un balletto danese più moderno e aperto all'influenza internazionale, in Vera Volkova, in Niels Bjørn Larsen e Frank Schaufuss e nel figlio di questi Peter Schaufuss. Con essi, e soprattutto con Flemming Flindt già primo ballerino poi direttore e coreografo del Kongelige Danske Ballet, la compagnia di Copenaghen si è aperta al repertorio contemporaneo (Balanchine, Robbins, Petit, Cramer, Cranko, Tetley) pur continuando a tener viva la sua particolare tradizione tecnico-stilistica. Altre figure di primo piano del balletto danese dei nostri tempi sono state Erik Bruhn, interprete finissimo tanto del repertorio danese che di quello ballettistico classico e contemporaneo, e Peter Martins, dal 1984 alla guida della compagnia creata da Balanchine, il New York City Ballet. Anche Peter Schaufuss ha brillato sulle scene internazionali sia come primo ballerino, che come maître de ballet e riproduttore del grande repertorio bournonvilliano.

Cultura: cinema

Il primo film danese fu realizzato nel 1903, ma la produzione vera e propria esordì nel 1906 con il costituirsi della casa di produzione Nordisk Film Kompagni fondata da Ole Olsen a Copenaghen. La produzione raggiunse ben presto medie molto elevate (100-150 film annuali dal 1910 al 1917), in corrispondenza del favore con cui il suo vario cosmopolitismo era ovunque accolto. Il cinema danese si distinse infatti fin da subito per la novità degli argomenti trattati, della rappresentazione dei personaggi e del paesaggio e toccò l'apogeo prima e nel corso della prima guerra mondiale. Tra i registi si ricordano Viggo Larsen, Urban Gad, August Blom, Robert Dinesen e Holger-Madsen; tra gli attori Valdemar Psilander, primo divo europeo (morto nel 1916 al culmine della fama), e Asta Nielsen, rivelatasi nel 1910 in Afgrunden (Abisso). Già nel 1912, però, la Germania si accaparrò la Nielsen e Gad; attivo dal 1913 (L'X misterioso), Benjamin Christensen si affermò nel 1922 in Svezia (La stregoneria attraverso i secoli), poi emigrò in Germania e negli Stati Uniti. Il declino iniziò nel 1919: le cifre precipitarono, anche se nel 1920 nacque la Palladium, che divenne poi la società di Dreyer. Dal 1919 il maestro sommo, Carl Theodor Dreyer, lavorò più all'estero (Svezia, Germania, Francia) che in patria, dove realizzò tuttavia il pregevole Padrone di casa (1925). Negli anni Venti le presenze più regolari furono quelle del regista dickensiano A. W. Sandberg e della coppia di comici Schenström e Madsen (Pat & Patachon). Il primo film sonoro, Eskimo (1930) di G. Schneevoigt, fu una coproduzione con la Norvegia. Si dovettero attendere gli anni Quaranta per nuove opere di qualità, tra le quali Afsporet (Braccata) di B. Ipsen e L. Lauritzen jr. nel 1942, Dies irae di Dreyer nel 1943, Ditte figlia dell'umanità e Questi benedetti ragazzi di Bjarne e Astrid Henning-Jensen nel 1946-47. Una buona corrente documentaristica continuò anche nel decennio successivo; vi partecipò, oltre ai citati e ad altri, anche Th. Christensen. Dopo il premiato Ordet (1955) e il discusso Gertrud (1964), Dreyer scomparve, apparentemente senza lasciare eredi, e il nome più prestigioso divenne quello di Henning Carlsen (Dilemma, 1962; Fame, 1966). Negli anni Settanta la fondazione dell'Istituto danese del cinema tuttavia, favorì la formazione di nuovi autori e, garantendo il finanziamento dopo l'esame dei copioni, ha evitato che nelle sale cinematografiche del Paese si proiettassero quasi esclusivamente film stranieri. Le tendenze tematiche prevalenti sono quelle contemporanee, che osservano e analizzano la società del benessere, l'instabilità e le angosce che ne derivano, la ripetitività e la monotonia dell'esistenza. A partire dagli anni Ottanta, si afferma una nuova generazione di registi che riporta il cinema danese alla ribalta internazionale: accanto al ritorno di Astrid Henning-Jensen (Il momento, 1980) e alla conferma di Henning Carlsen, Gabriel Axel ottiene un grande successo con Il pranzo di Babette (1987, premio Oscar 1988), Bille August con Pelle alla conquista del mondo (1988) vince la Palma d'oro a Cannes nel 1988 e il premio Oscar nel 1989. Ma è soprattutto Lars Von Trier ad acquistare statura internazionale, vincendo la Palma d'Oro al Festival di Cannes con Le onde del destino (1996), con Dancer in the Dark (2000). Anche Thomas Viterbertg con Festen-Festa in famiglia ha ottenuto il premio della giuria al Festival di Cannes (1998).

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