Eròde I

(greco Hērṓdēs), re di Giudea detto il Grande (73-4 a. C.). Idumeo di origine, dopo l'assassinio del padre Antipatro, governatore di Galilea, fu cacciato da Gerusalemme: rifugiatosi a Roma, trovò protezione in Marco Antonio che nel 40 a. C. lo fece riconoscere dal Senato re dei Giudei. Conquistata Gerusalemme con forze romane nel 37 a. C., rivendicò al suo regno tutta la Palestina, che Ottaviano Augusto, col quale si affrettò ad allinearsi dopo la battaglia di Azio (31 a. C.), gli confermò. Combatté contro i Parti e gli Arabi; ricostruì il porto di Cesarea; in Gerusalemme edificò un nuovo tempio; fortificò numerose città, che abbellì con teatri e ginnasi. La sua tendenza ellenizzante e il servilismo verso i Romani gli procurarono avversione nei ceti tradizionalisti e nelle caste sacerdotali fedeli alla dinastia degli Asmonei, ai quali preferì altri ceti, costituiti da Ebrei ellenizzati della diaspora, che immise nel Sinedrio per averlo prono ai suoi disegni. Si circondò di grande fasto. Il Vangelo (Matteo 2, 16) gli attribuisce la strage degli innocenti. Ebbe contrasti sia con i numerosi figli nati da dieci matrimoni, sia con la moglie favorita Mariamne che fece giustiziare nel 29 a. C. Stessa sorte subirono successivamente anche i figli di lei Alessandro e Aristobulo e suo figlio maggiore Antipatro. Prima di morire divise il regno tra i tre figli rimasti: Archelao, Erode Filippo ed Erode Antipa.

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