Cenni storici: dalla nascita alla Grande Guerra

L'esercito italiano nacque il 4 maggio 1861 quando una nota ministeriale stabilì che l'armata sarda lasciasse la sua antica denominazione per assumere quella di esercito italiano. Questo sorgeva dal ceppo dell'esercito piemontese, con tutti quegli ampliamenti e adattamenti necessari perché potesse far fronte a tutte le nuove esigenze istituzionali. Si può dire che appena sorto questo esercito dovette affrontare problemi molto gravi, come quello del brigantaggio, che lo impegnò duramente. In mezzo a difficoltà svariate e ad accese polemiche, l'esercito italiano negli anni seguenti la sua costituzione cercò di darsi un'organizzazione e un'efficienza moderne. Furono così adottate armi rigate per la fanteria, cannoni di bronzo a retrocarica, furono create le prime batterie da montagna, oltre al potenziamento di arsenali e fortezze. Un progetto di mobilitazione del 1863 prevedeva un complesso di ca. 300.000 uomini, 43.000 cavalli e 588 cannoni, ripartiti in sette corpi d'armata. L'opera di costituzione era tuttavia gravemente ostacolata dalle difficoltà di bilancio che il nuovo Stato doveva affrontare. Il problema finanziario condizionava tutti gli altri e il settore militare appariva quello più idoneo per realizzare economie che furono largamente applicate. La politica dei tagli sulle spese militari era però in contrasto con le aspirazioni nazionali (che potevano realizzarsi solo con una guerra) e solo le circostanze internazionali resero possibile nel 1866 la terza guerra di indipendenza. La campagna del 1866 aggravò ulteriormente le condizioni del bilancio. Erano infatti state sopportate spese di guerra per oltre 300 milioni e il settore nel quale pareva più facile realizzare le necessarie economie era ancora quello militare e pertanto il problema del momento era quello di riuscire a conciliare le esigenze del bilancio con un minimo di organizzazione militare in funzione puramente difensiva. Ma accanto a questo problema esisteva quello pur grave della revisione dell'intero ordinamento dell'esercito, poiché la guerra aveva rivelato non poche lacune nel reclutamento degli uomini, nel funzionamento dei servizi, nella formazione degli ufficiali. Si imponevano sostanziali riforme e come modello fu scelto quello prussiano, che destava unanime ammirazione per i progressi tecnici, la perfezione delle sue istituzioni militari, il grado di addestramento della truppa e l'elevata preparazione culturale e professionale degli ufficiali. Un avvio all'ammodernamento venne con l'istituzione della Scuola di Guerra nel 1867 per la preparazione professionale degli ufficiali. Alla vigilia del 1870, sempre nel rispetto del programma di economie, il contingente di leva fu portato da 40 a 30.000 uomini. Gli anni che seguirono il 1870 furono di grande importanza per gli eserciti europei. Sull'esempio dei grandi risultati conseguiti dai Prussiani, tutti gli eserciti cercarono di riplasmare e ammodernare le loro strutture. In Italia promotore della riforma dell'esercito fu il generale Ricotti Magnani, ministro della Guerra dal 1870 al 1876. Il nuovo esercito venne stabilito in 7 corpi d'armata e 16 divisioni con un totale di 220.000 uomini fra ufficiali, sottufficiali e truppa. Venne dato notevole impulso alle scuole militari e venne creato l'Istituto Geografico Militare. Fu rinnovato l'armamento della fanteria e dei bersaglieri mediante l'adozione, per la fanteria, del fucile a retrocarica rigato mod. 1870 e, per i bersaglieri, del fucile Remington. Un'ulteriore fase di ampliamento e irrobustimento dell'esercito, che dal 1879 aveva preso la denominazione di Regio Esercito Italiano, si ebbe a cominciare dal 1882 quando i corpi d'armata vennero portati a 12 e venne istituito il capo di Stato Maggiore dell'esercito con precise attribuzioni di pace e di guerra. Fu questo l'esercito che affrontò nel decennio 1885-96 le prime guerre coloniali. La situazione politica europea venuta a crearsi nel primo decennio del Novecento imponeva una solida e sollecita preparazione dell'esercito in vista di quelle complicazioni internazionali che non lasciavano dubbi circa la soluzione bellica dei gravi e inconciliabili dissensi esistenti fra le grandi potenze. Nel 1908 il nuovo capo di Stato Maggiore generale Pollio diede avvio all'aumento del contingente bellico e alle fortificazioni sul Tagliamento, in Carnia e in Cadore e alla revisione dell'intera dottrina tattica alla luce delle evoluzioni avvenute in Europa negli ultimi tempi. L'armamento della fanteria venne integrato con la mitragliatrice, venne introdotto il traino meccanico delle artiglierie e costituito il primo reparto aereo. La prima guerra mondiale costituì una dura prova per l'esercito italiano che entrò in campagna nel 1915 al comando del generale Cadorna, divenuto capo di Stato Maggiore nel 1914.

Cenni storici: dalla seconda guerra mondiale alla leva volontaria

Dopo il conflitto l'esercito ebbe vari ordinamenti di breve durata fino all'ordinamento del 1926, dove la novità fu l'adozione della divisione ternaria, ossia su tre invece che su quattro reggimenti di fanteria, e uno di artiglieria. Il successivo ordinamento del 1934 apportò alcune innovazioni, come l'inizio della motorizzazione della cavalleria, mentre i carri armati, anziché essere costituiti in Arma autonoma, continuavano a far parte della fanteria. Vennero anche emanati nuovi criteri per l'impiego in combattimento delle varie Armi. Alla vigilia della seconda guerra mondiale l'esercito italiano subì una nuova riforma organica con l'adozione della divisione binaria (due reggimenti di fanteria e uno di artiglieria). La dottrina elaborata sulla base delle esperienze della campagna etiopica, ispirata all'aggressività e alla manovra, rendeva infatti necessario uno strumento più agile e manovrabile con funzioni di comando molto semplificate. Lo scoppio della guerra trovò l'esercito in piena crisi di preparazione. Il nuovo ordinamento non era stato ancora raggiunto, l'armamento era in genere antiquato, le scorte insufficienti. La forza alle armi era di ca. 1.700.000 uomini su 75 divisioni; tuttavia soltanto un quarto di esse erano al completo di personale, materiali e dotazioni e nel complesso si trattava di grandi unità poco potenti e poco mobili: le divisioni di fanteria, in particolare, erano infatti insufficientemente o per nulla dotate di automezzi. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 l'esercito si ricostituì faticosamente. Da un primo nucleo che si affiancò agli Alleati il 28 settembre 1943 si sviluppò un complesso di 22.000 uomini denominato Corpo Italiano di Liberazione e da questo trassero origine i “Gruppi di combattimento” che furono sei con ca. 60.000 effettivi. Conclusasi la seconda guerra mondiale, dai “Gruppi di combattimento” trasformati in divisioni crebbe l'esercito italiano, organizzato con criteri moderni. Sono rimasti inalterati il carattere dell'esercito, che è sempre basato sulla ripartizione fra le Armi, cui è devoluta l'attività addestrativa e operativa, e i Servizi, i quali provvedono al rifornimento dei materiali che interessano la vita, il movimento e le operazioni delle truppe. Rilevante rispetto al passato è l'ampliamento degli istituti di istruzione per attribuire al personale di ogni grado la preparazione richiesta dall'adozione di nuove armi e nuovi mezzi. Alla fine del XX secolo si avviava una riforma dell'esercito italiano: con la legge del 20 ottobre 1999 n. 380 si estendeva il reclutamento a entrambi i sessi. Nell'ambito di questa riforma, alcuni mesi più tardi, nel febbraio 2000, il Consiglio dei ministri, con alcuni emendamenti, programmava entro sette anni l'abolizione del servizio di leva obbligatorio, sostituendolo con quello volontario. Con la legge 14 novembre 2000, n. 331 veniva quindi prevista l'istituzione di una ferma esclusivamente volontaria e il decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, stabiliva che il servizio obbligatorio di leva fosse sospeso a decorrere dal 1° gennaio 2007, poi anticipato al 1° gennaio 2005 con la legge votata dal Parlamento il 29 luglio 2004. Venivano anche ristrutturati i vertici delle Forze Armate e dell'Amministrazione della Difesa e, di conseguenza, si registravano sensibili cambiamenti anche nello Stato Maggiore dell'esercito e dell'intera Forza Armata. Nel marzo 2000, inoltre, a seguito di una riorganizzazione dell'Arma dei Carabinieri, questa passava dalle dipendenze dello Stato Maggiore dell'esercito a quelle dello Stato Maggiore della Difesa, assumendo il rango di quarta forza armata, godendo così di maggiore autonomia, maggiori poteri ed equiparando le carriere a quelle di tutti gli altri ufficiali dell'esercito.

Per la storia greca

M. Lanney, Recherche sur les armées hellenistique, Parigi, 1950; F. E. Adcock, The Greek and Macedonian Art of War,Berkeley, 1957; G. Marni, Strategia e tattica degli opliti, Roma, 1983.

Per la storia romana

G. Forni, Il reclutamento delle legioni da Augusto a Diocleziano, Milano, 1953; E. Gabba, Esercito e società nella tarda repubblica romana, Firenze, 1973; M. Reddè, Mare nostrum. Les infrastructures, le dispositif et l'histoire de la marine militaire sous l'Empire romain, Roma, 1986.

Per la storia medievale e moderna

F. Lot, L'art militaire et les armées au Moyen Age en Europe et dans le Proche Orient, Parigi, 1946; P. Pieri, Il Rinascimento e la crisi militare italiana, Torino, 1952; Stato Maggiore dell'Esercito - Ufficio Storico, L'esercito italiano fra la prima e la seconda guerra mondiale, Roma, 1954; idem, L'esercito italiano dal primo tricolore al primo centenario, Roma, 1961; J. Carlo, Ordinamento dell'esercito in Italia, Padova, 1989.

Per la storia orientale

H. Russell Robinson, Oriental Armour, Londra, 1967; idem, Japanese Arms and Armour, Londra, 1969; G. Markham, Le armi della fanteria giapponese nella Seconda Guerra Mondiale, Parma, 1977.

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