Eyck, Hubert e Jan van-

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pittori fiamminghi (sec. XIV-XV) originari probabilmente di Maastricht o Maeseyck (Limburg). La loro opera costituisce, assieme a quella di Robert Campin, l'inizio della grande pittura rinascimentale fiamminga. È difficile, mancando prove documentarie, ricostruire la personalità di Hubert (m. Gand 1426), al quale vengono attribuite le Tre Marie al sepolcro (Rotterdam, Boymans-van Beuningen Museum) e l'Annunciazione (New York, Metropolitan Museum), opere nelle quali è già in atto il superamento della cultura gotica per una nuova visione naturalistica del mondo. Non è possibile inoltre definire con certezza l'apporto di Hubert al grande altare di Gand – opera di basilare importanza per la pittura quattrocentesca europea – detto dell'Agnello mistico (St. Bavon) che, dagli esametri sulla cornice, risulta terminato da Jan (? ca. 1390-Bruges 1441) nel 1432. Differenze di stile sono facilmente avvertibili fra i venti pannelli che compongono l'altare, per cui è certa l'attribuzione a Jan dell'esterno, con l'Annunciazione, S. Giovanni Battista e S. Giovanni Evangelista a grisaille e i due donatori, Jodocus Vydt e Isabelle Borluut, di una semplicità monumentale mai raggiunta prima. L'interno, che rappresenta l'Adorazione dell'Agnello da parte di quattro processioni (santi, profeti, patriarchi, apostoli, papi, vescovi, fedeli, giudici, soldati di Cristo, pellegrini) che si svolgono in un ampio paesaggio di Fiandra, continua a sollevare problemi di attribuzione all'uno o all'altro dei due fratelli: generalmente si considerano di Hubert l'impostazione e la concezione generale dell'interno, mentre sarebbe di Jan la maggior parte dell'esecuzione. Indipendentemente da tutto questo, l'opera presenta un'eccezionale unitarietà compositiva, dovuta a una calibratissima scansione spaziale e alla perfetta padronanza della nuova tecnica pittorica, il colore a olio, che permette l'illusione ottica della luce e del particolare. L'invenzione della pittura a olio venne tradizionalmente attribuita a Jan, ma è più probabile che l'artista studiasse e perfezionasse i risultati di esperimenti già in atto nelle botteghe fiamminghe del tempo. Si sa che Jan dal 1422 al 1424 era all'Aia, al servizio di Giovanni di Baviera, conte d'Olanda. A questo periodo o a poco prima risalgono con tutta probabilità le sette pagine miniate delle Ore di Milano, di cui quattro andarono distrutte nell'incendio della Biblioteca Nazionale (1904) mentre le tre rimanenti si trovano al Museo Civico di Torino (Nascita di Giovanni Battista, la Messa dei Morti, il Ritrovamento della Croce, quest'ultima forse di Hubert). In esse sono già evidenti la conquista spaziale rinascimentale e le prime ricerche di resa della luce e dell'atmosfera. Nel 1425 Jan passò a Lilla al servizio del duca di Borgogna, Filippo il Buono, del quale fu non solo pittore ufficiale, ma intimo amico, consigliere e agente segreto. Si sa di tre missioni all'estero, nel 1426, nel 1436 e nel 1428-29, quest'ultima in Portogallo per trattare il matrimonio della figlia del re con il duca, e che determinò l'inizio della profonda influenza dell'arte fiamminga su quella portoghese. Nel 1430 Jan si stabilì a Bruges, dove rimase fino alla morte. Attribuibile a prima del 1432 (anno in cui l'artista cominciò a firmare e datare le sue opere) è un nucleo di dipinti che mostra già la piena maturità del pittore per la monumentalità delle figure, inserite in ambienti architettonici, per il colore sontuoso e ricco di effetti di luce, per il lucido realismo dei ritratti (Madonna in chiesa, 1425-27, Berlino, Staatliche Museen; Annunciazione, 1428-29, Washington, National Gallery; Baudoin de Lannoy, 1429 o 1431, Berlino, Kaiser Friedrich Museum; Il cardinale Albergati, 1431, Vienna, Kunsthistorisches Museum ). Più che in opposizione alla cultura figurativa gotica fiamminga, bisogna pensare Jan come l'artista che seppe assorbire la magnificenza del colore dei Limbourg o le intuizioni prospettiche del Maestro delle Heures de Boucicaut per trascenderle e reinserirle in una poetica pienamente quattrocentesca, per la quale la pittura diventa strumento perfetto dell'indagine sul mondo visibile. Derivasse o no le sue invenzioni compositive da Robert Campin, è certo che lo stesso spirito animava Jan e il Maestro di Flemalle quando costruirono gli stupendi interni domestici intorno ai loro personaggi, alle loro Madonne, ai loro angeli annunzianti, spalancando finestre e porticati su luminosi paesaggi. I tradizionali simboli escatologici, le allusioni cabalistiche, i dotti riferimenti architettonici mantengono nei quadri di Jan tutto il loro valore, ma acquistano la concretezza del reale sia guardati singolarmente sia visti nella completezza dell'opera. Le opere firmate che ci rimangono, circa una decina, sono tutte capolavori, dal doppio ritratto dei Coniugi Arnolfini (1434, Londra, National Gallery) alla Madonna del cancelliere Rolin (1433, Parigi, Louvre), dalla tenera Madonna di Lucca (1436, Francoforte, Städelsches Kunstinstitut) alla scultorea Madonna del canonico van der Paele (1436, Bruges, Groeninge Museum) , per finire con la ritrattistica. Anche di questa Jan rivoluzionò l'impianto tradizionale, portando l'attenzione tutta e soltanto sul volto del modello; così il Timoteo musicista e il probabile autoritratto detto L'uomo col turbante rosso (entrambi del 1432, Londra, National Gallery), Jan de Leeuw (1436, Vienna, Kunsthistorisches Museum), la moglie Margaretha van Eyck (1439, Bruges, Groeninge Museum). L'influenza dell'opera di Jan fu vastissima, non solo in patria ma anche in Italia, soprattutto attraverso Antonello da Messina, nella Penisola Iberica, tramite anche Luis Dalmau, forse suo allievo, e nell'area tedesca, soprattutto con K. Witz. "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 5 pp 302-331" "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 5 pp 302-331"

V. Denis, Tutta la pittura di Jan van Eyck, Milano, 1954; J. Bruyn, De levensbron, Utrecht, 1957; J. M. Friendländer, Early Netherlandish Painting. I, The van Eycks - Petrus Christus, Leida-Bruxelles, 1967; S. Thalheimer, Der Gentner Altar, Monaco, 1967; A. Pinet, L'arte e la parola. La pala di Gand. Jan e Hubert van Eyck, Genova, 1989.

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