Ezechièle (profeta)

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profeta ebreo (m. ca. 561 a. C.). Terzo dei profeti maggiori, dopo Isaia e Geremia, di stirpe sacerdotale, venne deportato in Babilonia nel 597 a. C. Ebbe un'importante funzione in mezzo ai deportati, preparandoli al ritorno e profetizzando l'alleanza nuova che Dio avrebbe stretto con il suo popolo dopo averlo castigato. Giunta la notizia nel 586 della caduta di Gerusalemme da lui predetta, Ezechiele predicò la ricostituzione del popolo. I primi 24 capitoli del Libro di Ezechiele riflettono la predicazione negativa del primo periodo attraverso le minacce contro Giuda e Gerusalemme, motivate dal loro peccato; i capitoli 25-32 comprendono aspre invettive contro i popoli circostanti; dal cap. 33 al 48 Ezechiele annuncia la ricostituzione del popolo. Interessanti i capitoli 40-48 per il piano di ristrutturazione della nuova teocrazia. Il libro presenta notevoli difficoltà per l'unità e per il problema dell'autenticità di alcuni passi. Anche la cronologia, il carattere complesso delle visioni, delle azioni simboliche, dei rapporti dell'ultima parte con leggi, specialmente del Levitico presentano problemi insoluti.

Opera di apocrifo giudeo, composta fra il 50 a. C. e il 50 d. C. Il testo originale è andato perduto e frammenti sono riportati da Clemente Alessandrino, da Clemente Romano, da Tertulliano e da S. Epifanio che riferisce l'apologo del cieco che si carica sulle spalle il paralitico: tutti e due rovinano il giardino del re e sono condannati: allusione al giudizio dell'anima che avverrà assieme a quello del corpo, da cui la necessità che questo risorga.

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