Biografia

Filosofo tedesco (Rammenau 1762-Berlino 1814). Di famiglia umilissima, fu aiutato negli studi da un nobile che ne aveva apprezzato la precoce intelligenza. Finiti gli studi di teologia, fu precettore a Zurigo. Tornato in patria, a Lipsia venne casualmente in contatto col pensiero di Kant, e se ne entusiasmò dedicandosi a un lavoro ispirato al suo pensiero, la Versuch einer Kritik aller Offenbarung (1792; Critica di ogni rivelazione), applicazione dei principi kantiani alla filosofia della religione, impresa alla quale stava attendendo, fra la generale aspettativa, Kant medesimo. Pubblicata anonima, fu dal pubblico attribuita a Kant, il che, nonostante la smentita, fece la fortuna di Fichte, che passò di colpo dall'oscurità alla fama. Nel frattempo egli, grande ammiratore dei principi della Rivoluzione francese, andava pubblicando anonimi alcuni scritti sull'argomento. Nel 1794 ottenne la cattedra a Jena, dove scrisse le sue opere più celebri. Allontanato dall'insegnamento sotto l'accusa di ateismo, passò a Berlino e poi a Königsberg e a Copenaghen per tornare a Berlino, dove nell'inverno 1807-08, nella città occupata, pronunciò i suoi celebri Reden an die deutsche Nation (Discorsi alla nazione tedesca). Dopo la fondazione dell'Università di Berlino (1810), vi insegnò e fu anche rettore per qualche tempo. Morì di colera.

Il pensiero: la dottrina della scienza e della libertà

Intento di Fichte era la fondazione di una filosofia della libertà: un pensiero che mettesse al centro della speculazione quella “libertà” ch'era al tempo stesso il nucleo dell'etica kantiana, di carattere decisamente antideterministico, e l'ideale della Rivoluzione francese, d'ispirazione francamente antiassolutistica. Ma un residuo deterministico rimaneva ancora nella filosofia kantiana, ed era il concetto di “cosa in sé”, di cui non era chiaro se esercitasse un'azione causale sulla coscienza. Fichte, con una meditazione penetrante e ostinata, venne a capo della difficoltà, scrivendo l'opuscolo Über den Begriff der Wissenschaftslehre (1794; Sul concetto di dottrina della scienza) e il libro Grundlage der gesammten Wissenschaftslehre (1794; Fondamenti dell'intera dottrina della scienza). La soluzione di Fichte è in breve la seguente: l'io teoretico è subordinato all'io pratico, la conoscenza non ha altra spiegazione se non l'azione. La limitazione che l'io subisce nella conoscenza non è dovuta a una dogmatica “cosa in sé”: il mondo delle cose, inteso come oggetto di conoscenza, non è altro che il mondo morale tradotto in termini sensibili, il mondo intelligibile che l'io teoretico trova di fronte a sé sotto forma di cose da conoscere e rappresentare. Alla base del non io v'è una produzione dell'immaginazione, intesa come attività inconscia, anzi appartenente alla preistoria della coscienza; ma la ragione per la quale c'è l'immaginazione, il non io, il mondo sensibile, è che l'io deve trovare di fronte a sé un ostacolo: solo con un ostacolo da superare l'io è pratico, è morale, ha sopra di sé un dovere da eseguire e un ideale da realizzare (idealismo). L'io puro, che è attività pura e infinita, s'interrompe dunque in un punto mediante un “urto”, ma quella stessa attività originaria, così interrotta, tende a ristabilirsi: nasce in tal modo la moralità, che è realizzazione dell'ideale e consapevolezza del dovere in quanto è “tendenza” dell'io a recuperare la pura attività originaria. L'io finito, che è l'uomo reale, è necessariamente “pratico”. Stabiliti questi principi generali, Fichte si propone di derivarne le conseguenze nei vari campi, conformemente a quella che è la Bestimmung des Gelehrten (1794; Missione del dotto), cioè il primato della filosofia nell'incivilimento umano. Fichte espone così il Grundlage des Naturrechts (1796-97; Diritto naturale) e il System der Sittenlehre (1798; Sistema della morale), dove diritto e morale sono disposti secondo una graduazione che va dal primo alla seconda: mentre da un lato la dottrina del diritto spiega la molteplicità degli individui, la loro vita corporea e le relazioni intersoggettive basate sulla reciproca limitazione in virtù della sola libertà, la dottrina morale spiega l'unità-distinzione fra legge e impulso, e mostra come la realizzazione del dovere porta a una progressiva unificazione dell'umanità. Le prossime tappe avrebbero dovuto essere la dottrina politica (che infatti portò nel 1800 alla pubblicazione dello Geschlossene Handelstaat, Stato commerciale chiuso, originale affermazione di socialismo) e la dottrina della religione, per la quale Fichte fu accusato di ateismo.

Il pensiero: l'assoluto e la storia

Un più intenso ripensamento della dottrina della religione è rappresentato dalla suggestiva operetta Die Bestimmung des Menschen (1800; La missione dell'uomo), dove alla concezione di Dio come “ordine morale del mondo” si sostituisce una sorta di panteismo morale, nel quale Dio è considerato come l'assoluto non più visto nella sua idealità, come nel 1794, ma nella sua realtà, a permeare di sé l'intera vita dell'uomo. Questa svolta religiosa porta al ripensamento dei fondamenti del sistema filosofico: nascono così le due celebri e fondamentali nuove esposizioni della dottrina della scienza del 1801 e del 1804 e le “opere popolari” del 1806: Anweisung zum seligen Leben (Guida alla vita beata) e Grundzüge des gegenwärtigen Zeitalters (Tratti fondamentali dell'epoca presente). La nuova dottrina della scienza più che una teoria dell'io è una teoria dell'essere e del verbo; al primato della ragion pratica si sovrappone ora un'affermazione della visione e della luce: la “filosofia della libertà” si approfondisce in una “filosofia della vita”. Il sapere negherebbe se stesso se non fosse sapere dell'essere; ma l'essere è non sapere, e quindi non essere del sapere. Attraverso questa dialettica di essere e non essere e di sapere e non sapere, la critica della prima esposizione, che per affermare l'assoluto senza uscire dal punto di vista del finito ne sosteneva la mera idealità si trasforma in ontologia, che afferma risolutamente la realtà dell'assoluto; ma vige anche qui la preoccupazione di non abbandonare il punto di vista del finito, il che fa sì che questa ontologia acquisti un carattere “mistico”. Qualsiasi attività, anche quella solamente umana, non può essere che vita divina. Al di fuori di Dio non può esserci che l'immagine di Dio, lo schema della vita divina, schema che è principio d'ogni agire e d'ogni trasformazione del mondo: altro non v'è in generale che Dio e la sua manifestazione. Non per nulla se la “prima dottrina della scienza” si prolunga in una filosofia del diritto e della morale, gli ulteriori sviluppi della dottrina della scienza culminano in una filosofia della religione e in una filosofia della storia, come appare dalle “opere popolari”. Ciò che rimane costante nel pensiero di Fichte è l'interesse politico, che tuttavia si sposta sotto l'urgenza delle guerre franco-prussiane, che lo trovano fieramente antinapoleonico e predicatore entusiasta della “guerra di liberazione”: più tardi scrisse Der Patriotismus und sein Gegenteil (1807-08; Il patriottismo e il suo contrario) e Die Staatslehre (1801; La dottrina dello Stato), opere che esaltano la realizzazione di un'umanità migliore, di una comunità più elevata, in cui la politica acquista un carattere non più soltanto filosofico ed etico, ma addirittura mistico e religioso.

L. Pareyson, Fichte, Torino, 1950; R. Lauth, Zur Idee der Transzedentalphilosophie, Monaco, 1965; W. Janke, Johann Gottlieb Fichte. Sein und Reflexion, Berlino, 1970; M. Ivaldo, Fichte. L'assoluto e l'immagine, Napoli, 1987.

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