Descrizione generale

Missione e sonda della NASA per lo studio ravvicinato del pianeta Giove, e del sistema dei suoi satelliti interni. Il progetto è stato elaborato dal Jet Propulsion Laboratory (JPL) di Pasadena e basato sulla realizzazione di un modulo-madre e di un modulo di discesa JAP (Jupiter Atmospheric Probe) poi rilasciato nell'atmosfera gioviana. Sotto l'iniziale denominazione di Jupiter-Orbiter-Probe, l'intero piano strategico fu messo a punto nella metà degli anni Settanta, subito dopo il successo ottenuto dalla duplice missione Pioneer e prima dell'invio delle due Voyager, ugualmente destinate all'esplorazione dei grandi pianeti esterni e delle regioni periferiche del Sistema Solare. Nel 1977 la missione venne ufficialmente dedicata a Galileo Galilei, e ne assunse il nome. Quando la parte tecnica e strumentale della missione era ormai stata approntata dall'Ames Research Center, il lancio venne inopinatamente ritardato dal disastro della navetta spaziale Challenger, e non poté aver luogo che il 18 ottobre 1989, data in cui la – posta nell'ogiva di un vettore Atlantis – fu inserita in un'orbita preliminare diretta alla volta di Venere. Dopo aver accostato questo pianeta (10 febbraio 1990) e aver circuito nuovamente la Terra per due volte consecutive (8 dicembre 1990, 8 dicembre 1992) onde utilizzare l'“effetto-fionda” gravitazionale per acquisire la velocità indispensabile al raggiungimento balistico del campo attrattivo di Giove, la sonda ha cominciato a espletare i suoi compiti. Inizialmente prevista della durata di due anni, la missione della è durata ben 14 anni: una prima estensione (1997-1999) ha permesso di studiare in maniera più approfondita i due satelliti Io ed Europa, mentre la successiva estensione (la Millennium Mission) si è conclusa con il fly-by di Amaltea (un piccolo satellite interno di Giove) e con un distruttivo impatto con Giove il 21 settembre 2003. La è la sonda dei primati: tra l'altro è stata la prima a far scendere una capsula nell'atmosfera di Giove e la prima a osservare un asteroide.

Struttura e strumentazione

La sonda aveva una massa complessiva è di 2222 kg, di cui poco più di 932 kg di propellente, apparecchiature elettroniche alimentate da due generatori nucleari con circa 23 kg di plutonio 238 e si serviva di un sistema di propulsione costituito da 12 piccoli razzi a propellente liquido per il controllo di assetto e un motore principale per frenare la sonda e permetterle di entrare in orbita intorno a Giove. La sonda era composta di due parti: un veicolo principale (Orbiter) e una capsula sganciabile. Il corpo del modulo orbitante era costituito da due sezioni distinte: una rotante, sulla quale erano disposte le due antenne di trasmissione (a grande e a piccolo guadagno) e una stazionaria, di supporto per le osservazioni direzionate. Fra gli apparati di bordo: un magnetometro a braccio; rivelatori di polveri e di cariche; un contatore di ioni; spettrometri di massa, per l'ultravioletto e per l'infrarosso; fotocamere CCD; fotopolarimetro. Generatori termoelettrici a radioisotopi (la distanza dal Sole impediva l'uso proficuo di batterie solari) fornivano l'energia per il funzionamento degli apparati. I dati venivano memorizzati – tramite registratore a nastro – nel calcolatore di bordo per essere successivamente irradiati alla volta della Terra, ove venivano raccolti dalla rete d'ascolto che il Deep Space Network coordina fra Goldstone (California), Madrid e Canberra (Australia). Una successione di avarie e di malfunzionamenti negli apparati della (fra l'altro, il mancato dispiegamento dell'antenna ad alto guadagno e il difettoso funzionamento del registratore) creò difficoltà non trascurabili nella trasmissione delle informazioni, successivamente superate.

Scoperte

Nel corso dei primi anni di attività, la sonda ha fornito nuove informazioni sulla magnetosfera della Terra, sull'orografia delle regioni polari australi della Luna, ha inviato immagini ravvicinate degli asteroidi Gaspra (1994) e Ida (del quale ha scoperto il satellite Dactylus), ha effettuato l'osservazione dell'impatto dei frammenti della cometa Shoemaker-Levy entro l'atmosfera di Giove. L'“incontro ravvicinato” di con l'asteroide Gaspra (29 ottobre 1991) ha costituito una novità assoluta: per la prima volta, infatti, un veicolo costruito dall'uomo si è avvicinato a un asteroide. Gaspra, che ha una sagoma oblunga e misura 12 km di lunghezza, si trova fra le orbite di Marte e Giove; ha scattato oltre 150 foto e ha registrato i principali dati sulla sua composizione chimica e sul suo campo magnetico. Il 13 luglio 1995, a 80 milioni di chilometri da Giove, la sezione JAP della missione si è distaccata dal modulo-madre per dirigersi alla volta del sistema nuvoloso di Giove, entro il quale – protetta dagli scudi termici e appesa a un paracadute di frenamento – è penetrata il 7 dicembre successivo, trasmettendo dati per 58 minuti. Da parte sua, il modulo-madre, una volta entrato in orbita circumgioviana, ha iniziato la propria missione esplorativa che prevedeva avvicinamenti a circa 100.000 km dal pianeta e dalle sue lune maggiori. Nel 1996 ha scattato le prime immagini di due regioni del satellite Ganimede, Urik Sulcus e Galileo Regio e ne ha fotografato da una distanza di poco superiore ai 250 km la superficie ghiacciata. Sempre nel 1996, nel suo primo incontro ravvicinato con Europa, ha scoperto sotto la crosta ghiacciata, spessa alcuni chilometri, l'esistenza di un oceano liquido, che potrebbe ospitare qualche forma di vita. ha poi evidenziato come condizioni in qualche modo simili possano esistere su Ganimede, dove ha rilevato segni dell'esistenza di un oceano e di vulcani che eruttavano acqua miliardi di anni fa. La ha osservato materiali idrati anche su Callisto, la più distante delle lune galileiane. La scoperta di un campo magnetico intrinseco su Europa, su Ganimede e su Callisto ha rafforzato l'ipotesi sull'esistenza di acqua allo stato liquido su questi satelliti. L'acqua, in virtù dei sali disciolti, è infatti un buon conduttore, in grado di alimentare il campo magnetico. Nel 1997, ha scoperto una gigantesca colata di lava su Io, una delle lune di Giove, caratterizzata da un'attività vulcanica tra le più intense del sistema solare. Fumi vulcanici si alzano dal satellite per oltre 100 km. La mole impressionante di dati inviati dalla sonda ha consentito anche di scoprire l'origine del sistema di anelli di Giove. Questi sono formati di polvere proveniente da quattro delle sue lune: l'anello esterno da Amaltea e Tebe, quello principale da Adrastea e da Metis. L'ampio anello esterno è invece formato da due anelli concentrici nati dalla collisione a grandissima velocità di meteoriti con Amaltea e Tebe: i meteoriti sono penetrati nelle lune prima di esplodere, provocando la proiezione di detriti fuori del campo di gravità dei satelliti naturali di Giove che hanno dato origine ai due anelli concentrici. Dall'inizio del 1999 la sonda ha continuato le sue ricerche su Giove e i suoi satelliti; in particolare, ha scoperto che Callisto, la più lontana delle 17 lune del pianeta, ha un'atmosfera estremamente tenue, costituita da anidride carbonica fino a una quota di 100 km. Le variazioni di campo magnetico registrate su Callisto hanno inoltre avvalorato l'ipotesi, come in precedenza su Europa, dell'esistenza di un vasto oceano di acqua salata imprigionato sotto la spessa coltre di ghiacci che ricopre la superficie della luna gioviana. In occasione dell'incontro con Io del 10 ottobre 1999, ha ripreso eccezionali immagini che hanno mostrato un'attività vulcanica molto più intensa del previsto: su Io sono stati contati più di cento vulcani in eruzione e vasti flussi di lava. Tra le varie scoperte dell'ultima parte della missione, prima del tuffo su Giove, vi è infine quella della probabile esistenza anche su Ganimede, come su Europa e su Callisto, di un grande oceano sotterraneo. "Per approfondire vedi Gedea Astronomia vol. 1 p 247, vol. 4 pp 18-20" "Per approfondire vedi Gedea Astronomia vol. 1 p 247, vol. 4 pp 18-20"

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