Gambetta, Léon

uomo politico francese (Cahors 1838-Ville d'Avray 1882). Avvocato dal 1860, si segnalò presto tra i più tenaci oppositori di Napoleone III. Deputato dal 1869, divenne alla Camera il capo della minoranza repubblicana. Dopo la sconfitta di Sedan, fu lui a proclamare la caduta dell'Impero e con S. Favre instaurò la Repubblica (4 settembre 1870). Ministro degli Interni nel governo di Difesa Nazionale, lasciò Parigi assediata, evadendo con un pallone aerostatico, per giungere a Tours dove si trovava il governo provvisorio. Qui, dopo essere stato nominato anche ministro della Guerra, organizzò la resistenza e una volta avvenuta la resa di Parigi votò contro gli accordi di pace con la Germania. Il 1º marzo 1871, quando avvenne la cessione dell'Alsazia-Lorena ai Tedeschi, si unì ai deputati di questi dipartimenti e firmò l'atto di protesta, quindi lasciò l'Assemblea. Rieletto a Belleville il 2 luglio 1871, si schierò con l'estrema sinistra, capeggiando l'Unione Repubblicana. Nel novembre del medesimo anno fondò il giornale La République Française, dal quale sostenne il repubblicano Thiers combattendo la tendenza monarchica e quella della destra conservatrice e, quando con Mac Mahon salì al potere la coalizione monarchica, riuscì ad agganciare i partiti di centro, ottenendo come risultato le leggi costituzionali del 1875, mediante le quali si stabiliva la Repubblica, e una maggioranza repubblicana al Senato. In occasione della crisi del 16 maggio 1877, seppe far fronte al tentativo di Mac Mahon, allora presidente, inteso a realizzare un governo d'obbedienza presidenziale a carattere reazionario. Fu artefice dell'unione delle sinistre contro il generale e, nell'ambito della campagna contro Mac Mahon, pronunciò a Lilla il famoso discorso in cui affermava che sarebbe stato necessario “sottomettersi o dimettersi” (discorso per il quale fu processato). Le elezioni tenute nell'ottobre 1877 videro il trionfo dei repubblicani. Dopo le dimissioni di Mac Mahon (1879), sotto la presidenza di J. Grévy, fu nominato presidente della Camera ed esercitò nella sua lotta contro monarchici clericali e bonapartisti quella che fu chiamata una dittatura della persuasione. Capo del governo dal 14 novembre 1881, privo dell'appoggio degli altri gruppi, e messo in minoranza da una coalizione che riuniva tutti i suoi oppositori (destra e sinistra) dovette ritirarsi il 27 gennaio 1882. Morì in seguito a complicazioni di una ferita che si era procurato in modo accidentale, alla vigilia del suo rientro nella vita politica.

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