Grabbe, Christian Dietrich

scrittore tedesco (Detmold 1801-1836). Figlio di un carceriere, fu indotto da un carattere nevrotico e sregolato ad abbandonare via via studi, impieghi, amicizie. Conobbe Heine, Immermann, che lo soccorse, e Freiligrath. Distrutta l'ultima possibilità di esistenza – come critico e regista a Düsseldorf –, morì alcolizzato e minato dalla tisi ossea. È, dopo Büchner e Hebbel, il maggior drammaturgo del realismo tedesco, interprete del pessimismo storico della Restaurazione e creatore di un teatro aperto, volto a rappresentare imparzialmente il flusso degli eventi storici, a proporre la realtà nella sua frammentaria concretezza attraverso una tecnica teatrale che anticipa l'espressionismo. Al primo dramma, Herzog Theodor von Gothland (1822; Il duca Teodoro di Gothland), vero e propro scoppio di titanismo nichilistico, seguì la felicissima commedia Scherz, Satire, Ironie und tiefere Bedeutung (1822; Scherzo, satira, ironia e un più profondo significato), che fonde in una feroce polemica letteraria il teatro delle marionette di Kleist, spunti di Tieck e una gustosa comicità popolare. In Don Juan und Faust (1829) Grabbe compie un assurdo accoppiamento fra l'eroe latino della sensualità e l'eroe germanico della speculazione, indicando la soluzione nella morte o nel contentarsi del poco quotidiano, ossia della morale del Biedermeier. Con Napoleon und die hundert Tage (1831; Napoleone e i 100 giorni), Hannibal (1834) e Die Hermannsschlacht (1836; La battaglia di Arminio) Grabbe ritorna alla storia, da lui sentita, non molto diversamente da Büchner, come caos e illusione.

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