Ingemann, Bernhard Severin

romanziere e poeta danese (Thorkildstrup 1789-Sorø 1862). Rappresentante tipico, nella letteratura danese, dell'epopea e del romanzo storico secondo gli stilemi romantici, la sua enorme produzione è segnata, oltre che dai casi personali, dagli influssi ricevuti dal riformatore danese N. F. S. Grundtvig, che egli ebbe in grande amicizia, dai rapporti con il protorealista C. H. Bredahl, dalla lettura di Goethe, Shakespeare, Scott. Accanto ad alcuni tentativi drammaturgici come Mitridate (1810), Turno (1813), e accanto alle raccolte di Poesie (1811) e agli Erramenti poetici di Vandringer (1813), il più importante punto di riferimento della fase preparatoria di Ingemann è l'epopea I cavalieri neri (1814), scritta sulla traccia dell'Ariosto e del Tasso. Il viaggio in Italia costituì per Ingemann il recupero della dimensione della realtà, l'abbandono della favola, e la lettura delle Gesta Danorum di Saxo Gramaticus lo spinse a cercare di ricostruire le immagini dell'antica potenza danese, della caduta, della rinascita mediante l'aiuto divino. Ecco perciò i colori narrativi di Scott trasferirsi in un racconto che, a differenza di quello dell'inglese, vuol mantenere aderenza storica e dare sviluppo psicologico ai personaggi: il ciclo su Valdemaro il Grande e i suoi (4 vol., 1826-35). Negli anni Trenta, tuttavia, sotto l'impianto romantico si inserirono l'ironia e il ripensamento, ormai a poco a poco distaccato, delle tematiche schellinghiane sulla natura: I doni dell'Ondina (1831) e Pagine del taccuino del calzolaio di Gerusalemme (1833). Saluto al tempo antico e alla poesia dell'eroe è Holger il danese (1837), bellissima composizione epica in cinque sezioni che segue il protagonista dalla sua nascita e fanciullezza fino alle sue imprese a Roncisvalle al servizio di Carlo Magno, e poi in Oriente, fino al ritorno nella terra natia. Nell'ultima fase della sua vita Ingemann pubblicò la raccolta Nuovi racconti e novelle (1847) già con un certo tono realistico. Tale “realismo” aumentò nel romanzo I figli della città di campagna (1852). Gli anni successivi furono impegnati da Ingemann in una raccolta di salmi commissionatagli dalla Chiesa danese. Tra le sue poesie è celebre la raccolta Canti del mattino e della sera (1837-38).

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