Kohl, Helmut

uomo politico tedesco (Ludwigshafen 1930). Entrato nella direzione nazionale della CDU nel 1965, divenne ministro-presidente della Renania Settentrionale-Vestfalia nel 1969. Presidente del partito dal 1973, nell'ottobre 1982 veniva eletto cancelliere federale in sostituzione di H. Schmidt. Confermato con la vittoria della sua coalizione alle elezioni politiche del 1987, in seguito alla caduta del Muro di Berlino (1989) e al disfacimento del comunismoKohl si batteva con grande determinazione, superando le resistenze internazionali a una rapida riunificazione delle due Germanie e ottenendo che questo processo venisse concluso già nel 1990. Ciò determinava un forte aumento della sua popolarità (nel gennaio 1991 veniva rieletto cancelliere del primo Parlamento pantedesco) che però, nel 1992, era offuscata dall'emergere di forti tensioni sociali determinate dalla politica del nuovo Stato per una reale integrazione economica delle due Germanie. La sua approvazione veniva però confermata anche nelle elezioni europee del 1994. Riconfermato cancelliere, Kohl si dedicava tenacemente a migliorare le condizioni economiche della Germania anche in vista del traguardo dell'unificazione monetaria dell'Europa, prevista dal Trattato di Maastricht per il 1° gennaio 1999. Tra i più convinti europeisti, caratterizzava la propria azione politica nella seconda metà degli anni Novanta sull'unione monetaria, anche considerando il ruolo decisivo del suo Paese in quella direzione. Con l'avvicinarsi della scadenza, però, cominciavano ad affiorare anche in Germania alcuni tentennamenti sull'opportunità di rispettare rigidamente i tempi previsti dall'impegno sottoscritto a Maastricht. A favore degli euroscettici giocava l'incerto futuro di una situazione caratterizzata dagli alti livelli di disoccupazione e, soprattutto, il timore di ripercussioni negative per l'economia tedesca una volta abbandonata la forte valuta nazionale. Questo clima di incertezza risultava decisivo nel determinare la sconfitta di Kohl alle elezioni politiche del 1998 (il cancellierato è passato a Gerhard Schröder, leader della SPD), privandolo della soddisfazione di poter vivere da protagonista l'epilogo delle due grandi imprese realizzate nei sedici anni di potere ininterrotto: il ritorno della capitale a Berlino, atto conclusivo della riunificazione, e la nascita dell'euro, da lui perseguita con tenacia nonostante la riluttanza del Paese. Alla fine del 1999, coinvolto nello scandalo dei fondi neri ai partiti, ammetteva, respingendo però fermamente ogni accusa di corruzione per sé e per i dirigenti del suo partito, di aver accettato tangenti per rafforzare la CDU. Nel corso del processo, iniziato nel gennaio 2000, su richiesta del gruppo dirigente dell'Unione cristiano-democratica presentava le sue dimissioni da presidente onorario. In concomitanza con le elezioni politiche del settembre 2002 si ritirava dalla vita politica attiva.

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