(Al Jamāhīrīyah al ’Arabīyah al Lībīyah ash Sha’bīyah al Ishtirākīyah al ’Uzmá). Stato dell'Africa settentrionale (1.775.000 km²). Capitale: Tripoli. Divisione amministrativa: municipalità Sha'biyah (33). Popolazione: 6.374.616 ab. (stima 2017). Lingua: arabo. Religione: musulmani sunniti 97%, altri 3%. Unità monetaria: dinaro libico (1000 dirham). Indice di sviluppo umano: 0,840 (52° posto). Confini: Mar Mediterraneo (N), Egitto (E), Sudan (SE), Niger e Ciad (S), Tunisia e Algeria (W). Membro di: COMESA, Lega Araba, OCI, ONU, OPEC e UA.

Generalità

Il Paese si identifica territorialmente con la facciata mediterranea dell'Africa settentrionale, nella sezione compresa tra il Maghreb e l'Egitto e politicamente corrisponde agli ex domini coloniali che l'Italia conquistò nel 1911 alla Turchia. Anteriormente la Libia come tale non esisteva; persino il nome divenne ufficiale solo il 1º gennaio 1934. Esistevano invece la Tripolitania e la Cirenaica, antiche regioni affacciate al Mediterraneo e che nelle vicende storiche di questo mare (dall'epoca fenicia a quella romana, all'espansione araba e poi alla conquista ottomana) sono sempre state coinvolte. A esse fu aggiunto il Fezzan, regione interna, sahariana, conquistata dagli italiani nel 1930 e grazie alla quale il Paese acquisì una conformazione territoriale più varia, più completa, e una strutturazione geopolitica più africana. Paese vasto ma per lo più desertico, la Libia ha sempre avuto i suoi territori più popolosi e storicamente vitali nelle fasce costiere mediterranee, ben delimitate al di qua e al di là del golfo della Sirte; tuttavia il ruolo predominante acquisito dal petrolio nell'economia mondiale ha spostato gli interessi del Paese verso la zona desertica che, ricca appunto di giacimenti petroliferi, è diventata il centro nevralgico della Libia. Dal punto di vista politico, nel 1969 la rivoluzione guidata da Gheddafi ha instaurato un regime ispirato a un socialismo arabo equidistante tra i due blocchi sovietico e americano. Dopo aver mostrato per anni la propria componente integralistica e fautrice del terrorismo e aver costretto il Paese a un difficile e gravoso embargo, all'inizio del Duemila il regime di Gheddafi ha iniziato a mostrare la parte più moderata, moderna e laica, ponendosi agli occhi dell'Occidente come una delle possibili alternative alla deriva terroristica dell'islamismo.

Lo Stato

Indipendente dal 1951, la Libia è una Repubblica socialista. Con la riforma costituzionale del 1977 il Paese ha assunto la denominazione di “Jamāhīrīya araba libica socialista popolare” ed è stato istituito un sistema di governo popolare esercitato attraverso 2700 rappresentanti scelti dai Congressi popolari di base (CPB), che a livello nazionale si riuniscono nel Congresso generale popolare (GPC). Questo elegge gli organi del potere esecutivo: il Segretariato generale e il Comitato generale del popolo i cui membri hanno la funzione di ministri. Il potere giudiziario è esercitato dalle corti di prima istanza, d'assise e d'appello e, nel suo grado più alto, dalla Corte suprema. Nel 1988 è stata varata una riforma degli organi giudicanti: sono state create le Corti del popolo, che agiscono come corti di prima istanza, ed è stata istituita la figura del procuratore generale che controlla la correttezza delle procedure. Se i diversi codici, civile, penale e commerciale, si basano principalmente sul modello egiziano, guida fondamentale dell'intero sistema è il Corano. É in vigore la pena di morte e non è accettata la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia. Le forze armate libiche sono divise nelle tre armi tradizionali. Il servizio militare viene effettuato su base selettiva e ha durata variabile, compresa fra 1 e 2 anni. Dopo l'indipendenza la Libia ha modellato il proprio sistema d'educazione su quello del vicino Egitto. L'istruzione è obbligatoria e gratuita per i ragazzi dai 6 ai 15 anni di età. La scuola elementare dura 6 anni e fornisce un'educazione di base. Esistono numerose scuole coraniche organizzate dalle moschee. Questa forma di istruzione è stata molto importante per combattere l'analfabetismo, la cui percentuale nel 2015 si è ridotta all'8,6%. Alla scuola primaria segue poi un triennio di istruzione secondaria, anch'essa obbligatoria. L'istruzione secondaria viene impartita in istituti d'istruzione generale. Le principali università del Paese si trovano a Tripoli (1973) e Bengasi (1956).

Territorio: morfologia

La Libia occupa la sezione centrale dell'Africa settentrionale, affacciandosi al Mediterraneo con una costa in genere rettilinea e sabbiosa , che al centro s'incurva nell'ampio golfo della Sirte (o di Sidra); a S il Paese si spinge sin nel cuore del Sahara, qui segnato dalle ultime propaggini dei Tassili e del Tibesti. Le due ristrette fasce costiere ai lati del golfo corrispondono grosso modo, con l'immediato retroterra, alle regioni storiche della Tripolitania (la cui prosecuzione meridionale forma il Fezzan) e della Cirenaica. In senso più ampio tuttavia la Tripolitania include anche gran parte della Sirtica – la striscia litoranea del golfo della Sirte – mentre la Cirenaica comprende, oltre alla rimanente Sirtica, la regione costiera della Marmarica sino al confine con l'Egitto, e in pratica tutta la sezione orientale del Paese incentrata sul Deserto Libico. Il territorio ha una struttura tabulare tipicamente africana. Essa è cioè il risultato di antichi spianamenti del substrato archeozoico al quale si sono sovrapposte, su vaste superfici, formazioni sedimentarie del Mesozoico e del Cenozoico, ere durante le quali la Libia conobbe prolungate sommersioni marine. Le rocce archeozoiche compaiono in lembi limitati nella parte più meridionale del Paese, mentre le formazioni più estese sono quelle del Cenozoico. Non meno vaste sono infine le formazioni recenti, costituite essenzialmente da coltri di trasporto eolico che occupano le aree più depresse e danno origine ad ampie superfici sabbiose (dette idehan) o ciottolose (serir). Queste ultime sono particolarmente ampie nella sezione orientale (Serir di Calanscio), in corrispondenza del Deserto Libico, mentre nella parte occidentale predominano le formazioni rocciose, alte in media 600-700 m, con vaste hamada (Hamādah al Hamrā o Hamada Rossa), rilievi e scarpate residuali tra cui s'interpongono le distese sabbiose dell'Idehan di Ubari e dell'Idehan di Murzuch. Le massime elevazioni sono nell'estremo sud-est (Jabal al Uwaynāt, 1934 m), ma i più importanti rilievi, ai fini della geografia umana, sono il Jabal Nafūsah e il Jabal al Akhdar, che rappresentano strutturalmente il bordo sollevato dei tavolati interni e che, pur non toccando nemmeno i 1000 m, dominano rispettivamente la costa della Tripolitania e della Cirenaica. Il Jabal Nafūsah digrada verso N con una scarpata che scende su un'ampia pianura costiera, la Jifārah, la sezione più utile dell'intera Libia, ricca di acque, di oasi e ben popolata; il Jabal al Akhdar termina invece sulla costa con alcuni promontori rocciosi, ma costituisce anche esso un'area ben distinta dal resto del Paese, perché climaticamente più favorita.

Territorio: idrografia

La Libia è priva di veri e propri fiumi (scarsissima portata hanno in Tripolitania l'uadi Kaam e l'uadi Ramba, in Cirenaica l'uadi Derna) e molte zone sono areiche o endoreiche: numerosi sono gli stagni (sebkha), che durante la stagione estiva si asciugano originando saline naturali (mellahe); essi si formano nelle depressioni, come quelle caratteristiche della Cirenaica (le balte), collegate alla natura carsica del terreno, dove si disperdono le acque degli uidian alimentati dai rilievi e dalle scarpate che dominano le depressioni. Ma uidian e corrispondenti falde acquifere consentono la vita di numerose oasi anche nella parte più interna del Paese: così nel Deserto Libico c'è l'oasi di Cufra (Al-Jawf), mentre nel Fezzan tutta una serie di oasi si allinea ai piedi della scarpata rocciosa prospiciente la depressione sabbiosa di Murzūq. I maggiori uidian si sviluppano dall'interno verso la costa e svolgono il loro corso lungo antiche valli fluviali che, specialmente dall'Hamādah al Hamrā, scendono verso il golfo della Sirte. La Jifārah è comunque la sola area del Paese ricca di acque e si prospetta di fatto come un'unica grande oasi.

Territorio: clima

L'aridità della Libia è spiccatissima nonostante sia affacciata al Mediterraneo; il Paese risente in minima parte, e solo lungo la costa della Tripolitania e della Cirenaica, degli effetti benefici del mare. Per gran parte dell'anno esso è sotto l'influsso dell'anticiclone sahariano che solo nei mesi invernali si attenua per lasciare il posto alle masse d'aria cicloniche d'origine atlantica secondo il meccanismo climatico proprio dell'area mediterranea. Agli scambi tra masse d'aria mediterranee e sahariane si devono i caratteristici venti libici, quelli d'origine mediterranea (gli etesii) e quelli d'origine sahariana, in particolare il ghibli, il vento furioso del deserto. L'anticiclone sahariano ha però un ruolo dominante e così le precipitazioni invernali interessano quasi esclusivamente le due facciate mediterranee che fanno ala al golfo della Sirte, mentre l'interno mantiene un regime nettamente desertico. Sui rilievi della Cirenaica cadono sino a 500 mm annui di piogge, ma già sui monti della Tripolitania non si superano i 400 mm (200- 300 mm a Tripoli). Nell'interno si hanno ovunque meno di 50 mm annui e a Sabhā, per esempio, la media da diversi anni non supera i 15 mm. Anche per quanto riguarda le temperature si ritrovano caratteristiche sahariane, attenuate sulla costa dagli influssi marittimi, con sensibili differenze stagionali. A Tripoli in gennaio si hanno medie di 14 ºC, in luglio di 30 ºC. All'interno (a Sabhā) le escursioni termiche sono ovviamente più marcate: gennaio registra medie di 13 ºC e luglio di 32 ºC con valori massimi anche di 50 ºC e minimi anche al di sotto dello zero.

Territorio: geografia umana

Il fondo più antico della popolazione libica è rappresentato da gruppi berberi che le successive invasioni di popoli arabi hanno via via confinato nelle aree-rifugio del Paese, e in particolare sopra i rilievi della Tripolitania. Nel Jabal Nafūsah queste antiche popolazioni, che vivono nei caratteristici kasr, hanno conservato in parte la loro identità, ma per il resto il Paese è popolato da genti arabo-berbere, con un'elevata percentuale di arabi puri. A parte stanno le popolazioni sahariane, come i tuaregh e i tebu. I primi popolano le oasi della Tripolitania e di gran parte del Fezzan, e cioè le zone ricche di testimonianze umane che rimandano alle più antiche popolazioni sahariane e ai Garamanti d'epoca romana; i secondi sono confinati nelle oasi più meridionali e sono notoriamente genti sahariane con tracce di sangue “nero”. Ai Romani si deve la prima colonizzazione delle zone costiere libiche, e con ciò il loro stabile popolamento, che conobbe poi sotto gli Arabi una nuova fioritura. La valorizzazione delle terre libiche non fu però mai piena e successivamente, sotto il dominio ottomano, il Paese conobbe una decadenza penosa. La conquista italiana rivitalizzò, sia pure nelle forme proprie del colonialismo, l'economia libica e creò solide basi al popolamento delle regioni costiere, sia attraverso il rinnovamento dell'agricoltura, sia attraverso l'impulso commerciale dato alle città. Al primo censimento del 1931 vi erano in Libia 704.000 ab., divenuti 848.600 nel 1936. L'aumento fu però dovuto all'immigrazione italiana: in quell'anno il 13% della popolazione era infatti rappresentato da Italiani (112.600), in larga parte agricoltori. Dopo la seconda guerra mondiale la presenza italiana è diminuita e si è ridotta ulteriormente a partire degli anni Settanta, in seguito a un'ondata di nazionalismo arabo, che ha portato anche alla confisca di tutte le proprietà appartenenti a stranieri. La popolazione attuale è formata da libici (57%), egiziani (8%), berberi (7%), sudanesi (4%), tunisini (3%) e altri gruppi (21%). Le attività petrolifere hanno poi trattenuto in Libia numerosi tecnici europei e statunitensi attirando rilevanti masse di operai da altri Paesi arabi. L'incremento naturale è molto rapido: la popolazione è così passata a 4.404.986 ab. al censimento del 1995 e ai 5 milioni secondo le stime del 1998, del 1999 e del 2000 e infine ai quasi 6 milioni e mezzo del 2017. Il Paese ha una scarsissima densità media (3,80 ab./km²), per le sfavorevoli condizioni climatiche e ambientali. Le aree più popolose sono quelle intorno a Tripoli e a Bengasi, dove si hanno oltre 200 ab./km². Nelle altre zone costiere si hanno medie che possono raggiungere i 50 ab./km², mentre all'interno la popolazione è concentrata nelle oasi. La popolazione urbana, che nel 1973 costituiva il 24% della popolazione totale, nel 2017 era salita all'79,8%. Si hanno comunque ancora cospicui gruppi di nomadi e seminomadi, che fanno capo però ai centri oasici, alcuni dei quali assai popolosi, come Ghadāmis, Sabhā, Ghāt, Murzūq, Cufra ecc. Oggi nel deserto sorgono i centri petroliferi, che hanno attratto in molti casi gli abitanti delle oasi. Per tutti gli anni Sessanta del Novecento e nel decennio successivo si sono aggiunte cospicue correnti migratorie, che hanno portato in Libia circa 600.000 lavoratori stranieri (in particolare arabi e turchi), attratti dall'industrializzazione lanciata nel Paese e dai programmi di lavori pubblici. In seguito difficoltà economiche e contrasti e nelle relazioni internazionali hanno spinto le autorità libiche a espellere parte di questa manodopera straniera. La Libia ha proseguito nel corso degli anni Novanta il suo processo di crescita sul piano demografico, infrastrutturale e produttivo, scontando però gli effetti negativi dell'embargo commerciale decretato dalla comunità internazionale nel 1992 e rimosso nel 1999. Malgrado ciò, il Paese rimane sostanzialmente spopolato e distante dal raggiungimento della massa demografica critica che gli consentirebbe uno sviluppo differenziato della struttura produttiva e lo metterebbe in condizioni di maggiore sicurezza sotto il profilo strategico. La popolazione si concentra in grandissima parte lungo la fascia costiera. § L'organizzazione territoriale del Paese fa capo naturalmente ai centri costieri e in particolare alle due maggiori città: Tripoli, che è la più popolosa e la più vivace del Paese, anche per la sua rilevante attività portuale e industriale, e Bengasi, capoluogo storico della Cirenaica, anch'essa con funzioni portuali. Altri centri costieri importanti sono Misurata (Misrātah) e Derna (Darnāh), rispettivamente in Tripolitania e Cirenaica, vitalizzate dai loro entroterra agricoli. Sulle coste del golfo della Sirte sono sorti nuovi centri che fungono da sbocco del traffico petrolifero: tra questi il principale è Marsa Brega (Marsá a-Burayquah). Città di recente fondazione è El Beida (Al-Baydā), voluta dall'ultimo re senusita, situata sui rilievi cirenaici.

Territorio: ambiente

Nella zona costiera, dove le precipitazioni sono più abbondanti, la vegetazione è quella propria delle regioni mediterranee (lentischi, carrubi, lecci, cipressi ecc.); nell'interno si hanno distese steppiche a graminacee, tra cui l'alfa, interrotte da arbusti spinosi. Gran parte del territorio libico è ricoperto dal deserto quasi totalmente privo di vegetazione tranne che nelle oasi, dove crescono palme da dattero, fichi, olivi e aranci. La Libia si estende lungo la rotta migratoria di numerose specie di uccelli, tra cui quaglie, tortore, anatre, aironi e beccaccini. In questo aspro territorio vivono aquile, falchi, avvoltoi, cammelli, dromedari, gazzelle, scorpioni, serpenti e rettili vari. Desertificazione e scarsità di risorse idriche sono certamente i problemi ambientali più urgenti: l'esaurimento delle falde acquifere, causato dal loro eccessivo sfruttamento, sta provocando l'infiltrazione nel terreno delle acque marine e un conseguente aumento della salinità del suolo. La percentuale di aree protette è molto bassa e solo lo 0,1% del territorio è tutelato dallo Stato. I parchi nazionali sono sette.

Economia: generalità

Il petrolio rappresenta la principale fonte di ricchezza del Paese, che fino al primo decennio del XXI secolo vantava  uno fra i redditi pro capite più alti del continente africano (oltre 16.115 $ USA nel 2008), ma che oggi, a causa della guerra, è sceso notevolmente (6.692 $ USA nel 2018). Fino alla metà degli anni Cinquanta del sec. XX, la Libia era uno dei Paesi più poveri del mondo. La Libia aveva allora un'economia tradizionalmente fondata su un'agricoltura e un allevamento molto modesti, e in pratica era dipendente dagli aiuti esteri e dalle entrate valutarie connesse alla presenza delle basi militari britanniche e statunitensi. L'era del petrolio iniziò nel 1955 con le prime prospezioni da parte delle grandi compagnie americane; nel 1959 venne scoperto il colossale giacimento di Zelten (Zlīţan), in Tripolitania, cui fecero seguito numerosi altri rilevamenti, parte in Tripolitania e parte in Cirenaica. Vasti territori libici furono subito dati in concessione alle multinazionali petrolifere, mentre le scoperte si susseguirono a catena a opera dei tecnici delle maggiori compagnie petrolifere. La vita economica del Paese cominciò a subire profonde trasformazioni (tra cui il pressoché completo abbandono delle attività agricole e un enorme sviluppo di quelle terziarie), che inevitabilmente si rifletterono anche sulla politica, determinando nel 1969 la caduta di una monarchia fortemente conservatrice e quindi ormai inadatta a confrontarsi con le nuove realtà. L'avvento della repubblica assunse infatti ben presto il significato, per la Libia, di una riappropriazione delle risorse nazionali; nel 1970 venne fondata la NOC (National Oil Corporation) e man mano furono rivisti i rapporti con le società petrolifere operanti nel Paese, di cui talune vennero interamente nazionalizzate, altre associate sulla base di joint ventures, sempre però a prevalente capitale libico. L'enorme afflusso valutario derivante dalla vendita del petrolio venne ampiamente destinato al miglioramento delle condizioni di vita del Paese; la Libia però non volle unicamente operare nell'ambito di realizzazioni strettamente vincolate a ideologie e a modelli occidentali, ma venne percorsa una via nazionale dell'economia all'interno del contesto panarabo. In effetti, dietro alla ricerca di una “terza via” socialista islamica, intermedia fra capitalismo e comunismo, vi era anche la presa di coscienza della Libia di essere un Paese ricchissimo di risorse naturali, ma troppo poco popolato per poterle utilizzare adeguatamente. Questo netto divario tra possibilità economiche e reali disponibilità umane fu uno dei motivi conduttori delle ripetute – anche se sempre fallite – iniziative attuate dal governo libico per stabilire più stretti legami federativi con vari Paesi: Egitto, Tunisia, Siria. La forte immigrazione di manodopera, specie egiziana e tunisina, apparve come uno dei fenomeni più macroscopici della Libia degli anni Settanta e ancora più grave si rilevò, in un'economia in rapidissima trasformazione come quella libica, la mancanza di tecnici e di personale qualificato in genere. Successivamente la Libia si impegnò decisamente a potenziare l'agricoltura, lasciata in abbandono dopo la scoperta del petrolio e l'estromissione dei coloni italiani, a creare nuovi complessi industriali, a realizzare adeguate infrastrutture, specie viarie e portuali, a dare un sostanziale impulso ai servizi pubblici e a incrementare l'edilizia. Il condizionamento posto dall'eccessiva dipendenza dall'estrazione di idrocarburi e la necessità di diversificare l'economia attraverso il potenziamento degli altri settori apparve particolarmente acuta durante gli anni Ottanta, quando, soprattutto in seguito al controshock petrolifero del 1985, si verificò una forte recessione. Durante il periodo 1985-93 l'economia della Libia non crebbe, anche per via dell'embargo proclamato dall'ONU nel 1992 che causò un serio deterioramento delle condizioni di vita della popolazione e della funzionalità di taluni settori dell'economia. In sostanza con esso si consentì alla Libia di vendere idrocarburi, ma non di acquistare sul mercato mondiale una serie di prodotti tecnologicamente rilevanti con la conseguenza che la Libia aumentasse di nuovo la sua quota di produzione petrolifera, garantendosi introiti dell'ordine dei 7-8 miliardi di dollari l'anno, senza poter bilanciare gli scompensi prodotti dall'embargo. Iniziò un periodo di recessione, con tassi di inflazione elevati, l'aumento della disoccupazione, la riduzione dei sostegni alle famiglie in campo educativo e sanitario. Solo con la fine delle sanzioni internazionali nel 1999 si aprirono nuove prospettive di crescita economica. Lo Stato, nel primo decennio del Duemila, mantiene il controllo di quasi tutte le attività produttive; in generale l'assetto economico libico risente con ogni evidenza di una dipendenza pressoché integrale dalle esportazioni di petrolio (cui si sono aggiunte quelle di gas naturale) ed è quindi molto sensibile alle fluttuazioni del mercato: il PIL all'aumento del prezzo internazionale del greggio è cresciuto con ritmi elevati (nel 2008 si attestava su 100.071 ml $ USA), ma oggi si è notevolmente contratto a causa della guerra e della forte instabilità politica.

Economia: agricoltura allevamento e pesca

L'agricoltura è ancora lontana dal garantire l'autosufficienza alimentare, ma ha registrato un forte incremento di produzione, sopratutto grazie ai programmi di sviluppo economico realizzati con i redditi petroliferi. Comprensibilmente, il principale limite dell'agricoltura libica è nella carenza di acqua per l'irrigazione, che si somma ad altri problemi: dimensione dei fondi, metodi di conduzione, scarso impiego di fertilizzanti, insufficienza dei terreni coltivabili (solo 1,2% del territorio nazionale). L'approvvigionamento d'acqua si basa sull'emungimento delle falde sotterranee; notevoli investimenti sono stati fatti dal governo libico a partire dagli anni Settanta del Novecento; fra tutti va ricordato il "grande fiume artificiale", un complesso di condotte sotterranee che si sviluppa per ca. 3500 km destinato a convogliare l'acqua del sottosuolo desertico fino al golfo della Sirte. Dal punto di vista agricolo si riconoscono tre distinte fasce, ben marcate soprattutto in Tripolitania. Nelle piane costiere prevalgono le coltivazioni irrigue che danno vita ai suani, giardini ombreggiati da palme, dove si ricavano ortaggi (pomodori, le cipolle e le patate) e legumi. Sulle pendici dei monti che dominano la costa si ritrovano le colture asciutte con piccoli campi di cereali (frumento e orzo) oltre alla vite e all'olivo. Più internamente, sui rilievi e sui primi altopiani, c'è il predeserto, dove si coltivano l'alfa e lo sparto, utilizzati per l'estrazione della cellulosa, ma da cui si ottengono anche fibre per stuoie e cordami. Nelle aree desertiche interne sono possibili soltanto l'agricoltura delle oasi, con colture irrigue all'ombra delle palma da dattero, pianta caratteristica delle oasi e che dà annualmente un buon quantitativo di datteri. Molto pregiato è il tabacco prodotto. Si coltivano inoltre la henna, utilizzata nella preparazione delle tinture e delle materie concianti, agrumi, arachidi e ricino. § L'allevamento, per antica tradizione fondato sul pascolo nomadico di ovini e caprini, ha ricevuto un forte impulso sopratutto nella Cirenaica. Numerosi sono gli ovini e i caprini ma sono importanti anche bovini e cammelli. § Non molto praticata è la pesca, nonostante la presenza di vaste zone pescose nei mari; lungo le coste della Cirenaica si effettua la raccolta delle spugne.

Economia: industria e risorse minerarie

Prima del 1972 la Libia praticamente non possedeva un settore industriale: in tutto il Paese era presente una raffineria di modeste dimensioni a Al Zawiya (Al-Zāwiyah), alcune industrie alimentari e piccole fabbriche tessili. Dall'inizio degli anni Settanta del Novecento, precisi piani di sviluppo economico promossero la costruzione di un sistema industriale che nel 2006 è arrivato a contribuire per il 76,1% (sceso al 67,1 nel 2017) alla formazione del PIL, ma che si vede ancora ostacolato nella sua crescita dalla mancanza di manodopera, dalla difficoltà di reperire un'adeguata classe manageriale e dalla carenza di infrastrutture. Il settore petrolchimico è esenziale per il Paese: esso può contare su varie raffinerie e tratta una quantità di greggio superiore alla richiesta interna; anche il panorama dell'industria manifatturiera è stato fatto oggetto di investimenti nell'ottica di diminuire l'importazione: esistono industrie del cemento, dei materiali da costruzione, concerie, stabilimenti tessili, complessi alimentari, elettromeccanici ecc. A livello artigianale sono importanti la produzione di tappeti e quella di indumenti tradizionali. § La vicinanza ai mercati europei, principali acquirenti del petrolio libico, e il basso tenore di zolfo del petrolio stesso, che risulta così particolarmente adatto alla raffinazione, sono alla base della grande rilevanza assunta dal Paese come fornitore petrolifero. Tra i maggiori giacimenti presenti nel Paese si annoverano quelli di Mabruch, Hofra, Zelten, Raguba, Beda, Ora, Samah, Waha, Gialo, Amal, Serir, Augila, Magid; una rete di oleodotti convoglia il greggio dalle zone di estrazione ai terminali sulla costa: Marsa Brega (Marsá a-Burayquah), Sidr, Ras Lanu, El Hariga, Zuetina ecc. Il Paese può altresì contare su giacimenti di gas naturale, natron (carbonato sodico), estratto nel Fezzan e utilizzato nelle concerie e minerali ferrosi. Tutta di origine termica è naturalmente la produzione di energia elettrica.

Economia: commercio, comunicazioni e turismo

Per quanto riguarda il commercio, intensi sono gli scambi con l'estero, che si svolgono essenzialmente con la UE (in particolare Italia e Germania); la bilancia commerciale è largamente in attivo (2018). L'interscambio risente positivamente della normalizzazione delle relazioni con UE e Stati Uniti, iniziata nel 2003 e decollata nel 2005. Ca. il 95% delle merci esportate è costituito da idrocarburi, mentre le importazioni sono soprattutto rappresentate da macchinari e mezzi di trasporto, nonché da prodotti industriali vari, ma anche, per una elevata percentuale, da generi alimentari. § Imponente è stato lo sviluppo delle vie di comunicazione, pur mancando tuttora le ferrovie; il Paese poteva contare nel 2001 su oltre 83.200 km di strade, di cui la metà ca. asfaltate. Di particolare rilievo sono la litoranea, che si sviluppa per 1822 km dal confine tunisino a quello egiziano, e la superstrada che volge a S toccando Sebha. Rilevanti sono i servizi aerei: i principali aeroporti si trovano a Tripoli e Bengasi/Benina, Sebha e Misurata. Le comunicazioni con l'estero si svolgono anche mediante il porto di Tripoli, seguito da quello di Bengasi, Marsa Brega, Misurata e Tobruch. § Grazie alla progressiva riapertura dei rapporti internazionali è in ripresa il turismo diretto nel deserto (Akakus, Murzuq) e nei siti archeologici (Leptis Magna, Sabratha). Nel 2004 sono stati registrati ca. 149.000 ingressi di turisti nel Paese. Oggi, la forte instabilità politica ha notevolmente ridotto l'afflusso di turisti nel Paese.

Storia: dall'espansione araba alla colonizzazione italiana

Sino ai tempi moderni le regioni che formano oggi lo Stato libico non hanno costituito una salda unità politica. Nel 642 la travolgente espansione araba giunse nel territorio dell'attuale Libia sopraffacendo ogni resistenza dei berberi, che si convertirono all'Islam, aderendo però, per contrasto con il dominatore, all'eresia khārigita. L'invasione hilāliana nel sec. XI fece definitivamente prevalere l'elemento demografico arabo; i berberi conservarono intatta la propria identità soltanto in ristrette zone montuose. La Tripolitania passò successivamente sotto il dominio di diverse dinastie arabo-berbere nord-africane. Dagli inizi del sec. XVI si affermò nelle regioni costiere l'influenza ottomana. Tripoli, conquistata dagli spagnoli nel 1510 e ceduta nel 1530 ai Cavalieri di Malta che la tennero fino al 1551, divenne una città-Stato dedita all'attività corsara, sotto la protezione e la dipendenza, più o meno formale, dell'Impero ottomano. Dal 1711 al 1835 la Tripolitania fu governata dalla signoria dei Caramanli. Nel 1835 il governo turco volle ristabilire la propria diretta sovranità sul Paese, cercando poi di assicurarsi l'effettivo controllo del territorio. Nell'interno della Cirenaica andò però affermandosi, a partire dal 1840, il potere della Senussia (Sanūsíyya), confraternita religiosa con centro a Giarabub. Nel 1911, dopo un'intensa penetrazione economica, l'Italia, dichiarata guerra alla Turchia (29 settembre), intraprese la conquista della Libia. Le operazioni si svolsero inizialmente con facilità, ma ben presto si manifestò una fiera resistenza. Nonostante che il 5 novembre fosse stata proclamata la sovranità italiana sulla Tripolitania e sulla Cirenaica, l'azione militare dovette protrarsi a lungo, anche dopo la conclusione della guerra italo-turca (ottobre 1912). In particolare il Fezzan fu occupato dopo il termine del conflitto e fu abbandonato già prima del 1915 in seguito alle rivolte ispirate dai senussi. La prima guerra mondiale portò comunque a un abbandono di molte delle posizioni sino allora acquisite; con il modus vivendi di Acroma (14 aprile 1917) la Senussia ottenne ampie concessioni. Nel primo dopoguerra il governo italiano attuò una politica liberale (Statuti libici del 1919, Accordo di er-Regima del 25 ottobre 1920, che attribuiva alla Senussia il governo autonomo delle oasi cirenaiche); ma con l'avvento del governatore Volpi venne energicamente ristabilito (1921-25) l'effettivo controllo su tutto il territorio tripolitano; analogamente in Cirenaica furono sconfitte le forze senussite (1923-31). Lo stesso Fezzan fu riconquistato in quegli anni (1930) ed entrò a far parte della Tripolitania meridionale. Con l'unificazione, nel 1929, del governo della Tripolitania e della Cirenaica, fu intrapreso, in particolare con il governatorato di I. Balbo (1934-40), un ampio programma di organizzazione civile e di avvaloramento economico. Durante la seconda guerra mondiale, tra il 1940 e il 1943, le altalenanti campagne del Nordafrica videro succedersi offensive italo-tedesche e controffensive britanniche, che resero la Tripolitania e la Cirenaica teatro di importanti operazioni militari a seguito di cui vennero occupate dai Britannici, mentre i francesi si impossessavano del Fezzan.

Storia: dall'indipendenza al regime del colonnello Gheddafi

Al termine del conflitto – mentre si costituivano a Tripoli diversi partiti politici e in Cirenaica si riaffermava, col patrocinio della Gran Bretagna, l'influenza senussita – le quattro grandi potenze cercarono un accordo circa la sorte del territorio (formalmente sottratto all'Italia con l'art. 23 del Trattato di pace del 1947). Il 21 novembre 1949, l'Assemblea generale dell'ONU cui era stata devoluta la questione, proclamò la necessità di costituire uno Stato indipendente. Fu sancito, quindi, che le tre zone, la Tripolitania e la Cirenaica, amministrate dopo il conflitto dalla Gran Bretagna, e il Fezzan, governato dai francesi, venissero riunite per formare un Regno indipendente di Libia. Il 24 dicembre 1951 fu proclamato il Regno di Libia con l'approvazione da parte dell'Assemblea Costituente Nazionale della Costituzione, che prevedeva uno Stato monarchico federato retto dal senusso Idrīs as-Sanūsī quale re. L'anno successivo Idris I bandì tutti i partiti politici, sciolse l'Assemblea e intraprese una linea di governo autoritaria, legittimandola sulla base della sua autorità religiosa. Una sensibile influenza fu esercitata sul nuovo Stato dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti, in conseguenza dei trattati del luglio 1953 e del settembre 1954, che, in cambio di aiuti finanziari, consentirono una presenza militare delle due potenze (un trattato con la Francia venne stipulato nel 1955). Nell'ottobre 1956 l'Italia e la Libia risolsero numerose questioni allora pendenti fra i due Paesi. Grazie alla crescente produzione petrolifera, dagli anni Sessanta la Libia poté potenziare le proprie infrastrutture e varare un vasto programma di promozione sociale. Il regime di Idris I, però, fu continuamente ostacolato dal continuo contrasto di autorità tra governo federale e governi provinciali, tanto che nel 1963 il monarca abolì la forma di governo federale e modificò la Costituzione, creando uno Stato monarchico unitario, caratterizzato da un forte potere centrale. Nel settembre 1969 un colpo di stato militare depose il vecchio sovrano Idrīs e decretò l'abolizione della monarchia e l'istituzione di un governo repubblicano rivoluzionario, legittimato l'11 dicembre successivo da una Costituzione provvisoria. Alla presidenza fu eletto, il 26 gennaio 1970, il colonnello Muammar Gheddafi (Qaddāfi Mu'ammar). Sin dal principio, i cardini della politica di Gheddafi, caratterizzata da un rigido oltranzismo nei confronti di Israele, da una forte impronta ideologica (esaltazione del nazionalismo islamico) e da un acceso “estremismo verbale”, apparvero come uno sforzo di consolidare e accrescere l'indipendenza economica del Paese e, nello stesso tempo, come il tentativo di assicurare alla Libia una posizione egemonica all'interno del mondo arabo. In questa direzione si mosse la politica estera della Libia, che, mentre sul piano economico riusciva a sviluppare contemporaneamente intensi scambi commerciali con l'Europa occidentale (e specie con l'Italia) e importanti accordi di cooperazione con l'URSS, sul piano più strettamente politico si mosse sul duplice binario di ripetuti tentativi di unificazione della Libia con altri Paesi arabi, peraltro sistematicamente vanificati (con l'Egitto nel 1971, con la Tunisia nel 1974, con la Siria nel 1980, con il Ciad nel 1981), e di clamorose rotture e attività di destabilizzazione là dove il programma egemonico e panarabo incontrò gli ostacoli più forti (esemplare, in tal senso, la vicenda dei rapporti con l'Egitto di as-Sadāt, culminata in ostilità aperta e irriducibile dal 1977, quando il presidente egiziano prese l'iniziativa di negoziati diretti con Israele). Agli stessi fini rispose la politica interna di Gheddafi, che, apertasi con la nazionalizzazione di banche e proprietà straniere, ebbe il suo momento saliente nell'ampia riforma costituzionale del marzo 1977.

Storia: Da Muammar Gheddafi alla primavera araba

Nel 1977, con una sorta di revisione costituzionale, Gheddafi ufficializzò il suo sistema di governo costituendo la Jamāhīrīya (Repubblica delle masse) araba libica socialista popolare su forme e organi di democrazia diretta. I primi anni della Jamāhīrīya furono caratterizzati da ulteriori riforme di tipo socialista delle strutture economiche, prima fra tutte l'abolizione del diritto alla proprietà privata. Durante tutti gli anni Ottanta Gheddafi sviluppò una politica estera tesa a imporre la sua leadership nella regione. In particolare egli accentuò le mire espansionistiche nel Ciad e acuì le frizioni con gli USA pretendendo di estendere la sovranità libica a tutte le acque del golfo della Sirte. Ciò provocò una dura reazione statunitense che culminò nel 1986 con il bombardamento di Tripoli cui lo stesso Gheddafi sfuggì miracolosamente. La scomposta reazione della Libia, che lanciò due missili, non andati a bersaglio, contro l'isola italiana di Lampedusa, non ebbe conseguenze per la ferma posizione dell'Italia indisponibile a seguire il leader libico in una internazionalizzazione del conflitto che lo opponeva agli USA. Le modificazioni dello scenario internazionale in seguito allo sviluppo della distensione USA-URSS portarono la Libia a rivedere la sua politica estera introducendo elementi di moderazione che favorirono, nel 1989, la ripresa dei rapporti con l'Egitto e l'adesione all'Unione del Maghreb Arabo, una posizione confermata nel 1991 con la neutralità durante la guerra del Golfo. Alla fine di quell'anno, però, alcune presunte implicazioni nel terrorismo internazionale riportavano la Libia nell'occhio del ciclone. In particolare, due suoi agenti venivano accusati dell'attentato di Lockerbie (Gran Bretagna), dove il 21 dicembre 1988 l'esplosione di un Boeing aveva causato 270 vittime. Le pressioni di USA e Gran Bretagna per ottenerne l'estradizione non ebbero esito e ciò determinò un nuovo isolamento internazionale culminato con l'embargo decretato dall'ONU nell'aprile del 1992. Il reiterato rifiuto all'estradizione dei due agenti provocò, alla fine del 1993, un inasprimento delle sanzioni e il blocco dei fondi esteri libici con l'esclusione di quelli derivanti dalla vendita del petrolio. Sul piano interno il leader libico riuscì comunque a confermare la sua popolarità, appannata dopo la dimostrazione di forza statunitense del 1986, anche se nel Paese si evidenziavano vari segnali di disaffezione. In particolare, Gheddafi fece leva sul sentimento religioso tanto da giungere, agli inizi del 1994, all'applicazione del calendario lunare musulmano e della shariʽah (legge islamica) sia in campo penale che civile. Nell'estate del 1994 la Libia migliorò i suoi rapporti con il Ciad al quale restituì la fascia di Aozou, annessa unilateralmente nel 1973, ma non tralasciò di saggiare la reattività statunitense violando l'embargo aereo per favorire il tradizionale pellegrinaggio di fedeli alla Mecca (1995) o perchè Gheddafi potesse recarsi al vertice della Lega Araba (1996). Anche l'atteggiamento negativo nei confronti del processo di pace israelo-palestinese nel 1995 rientrava in quest'ottica con l'espulsione, poi rientrata, di migliaia di immigrati palestinesi, così pure il riconoscimento del governo somalo formato dalla fazione di Aidid ostile agli USA. Sempre nel 1995 l'ulteriore inasprimento dei rapporti con il mondo occidentale fu confermato dalle reciproche espulsioni di rappresentanti diplomatici con la Gran Bretagna. Da sempre considerato uno dei protettori e degli istigatori del terrorismo fondamentalista, il regime di Gheddafi dovette, però, fare i conti esso stesso con questo fenomeno che iniziava a manifestarsi nel 1996 con la comparsa di un Gruppo islamico combattente (FIG). Il pericolo che anche in Libia potesse svilupparsi una dinamica simile a quella in corso in Algeria, portò Gheddafi a entrare in contraddizione con il regime integralista al potere in Sudan espellendo migliaia di immigrati di quel Paese e a operare una spietata repressione nei confronti di fondamentalisti libici. Il pericolo integralista, quindi, determinò un'accentuazione dell'isolamento della Libia, interrotto solamente nel 1996 dall'iniziativa del Vaticano con la richiesta di rimuovere l'embargo avanzata da papa Giovanni Paolo II; tale iniziativa ebbe un seguito nel 1997, con l'apertura di formali relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Libia. Nel maggio 1998 venne raggiunto un accordo tra Stati Uniti e Unione Europea, in base al quale erano sospese le sanzioni contro le aziende europee che intendevano commerciare con il Paese. Nel luglio successivo i rappresentanti di Libia e Italia firmarono un documento congiunto che pose fine al lungo contenzioso relativo all'occupazione coloniale italiana e all'espulsione di diverse migliaia di italiani dal Paese nel 1970. Il primo segnale della distensione fu il viaggio del ministro degli Esteri Lamberto Dini a Tripoli nell'aprile 1999. Nel maggio successivo la Libia consegnò all'ONU i presunti autori dell'attentato al Boeing della Pan Am nel cielo di Lockerbie, in Scozia. Vennero così immediatamente sospese le sanzioni internazionali imposte dall'ONU nel 1992 (anche se il presidente Clinton decise di mantenere l'embargo americano). Nel giugno successivo si riaprirono presso la sede delle Nazioni Unite a New York i contatti diplomatici tra Libia e USA, congelati dal 1979. Nel 2003 il Consiglio di sicurezza dell'ONU cancellò definitivamente le sanzioni imposte nel 1992, dopo che la Libia raggiunse un accordo con Gran Bretagna e Francia per il risarcimento ai parenti delle vittime degli attentati di Lockerbie e del deserto del Niger, quest'ultimo avvenuto ai danni di una compagnia francese nel 1989. Alla fine dello stesso anno, inoltre, la Libia si impegnò con Gran Bretagna e Stati Uniti a firmare il Trattato di non proliferazione delle armi di sterminio e a consentire le ispezioni dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica. A coronamento di questo percorso, nel giugno dell'anno successivo la Libia riallacciò definitivamente i rapporti diplomatici con gli Stati Uniti che in settembre revocarono l'embargo. Sulla scia del percorso di distensione intrapreso da Italia e Libia nell'agosto del 2008 i due Paesi hanno firmato un accordo di cooperazione che include anche il riconoscimento dei danni inflitti al Paese nordafricano durante il periodo coloniale. Nel febbraio del 2011, in seguito alle manifestazioni popolari dell'area mediorientale, le opposizioni al governo chiedevano un profondo cambiamento democratico. Nei giorni seguenti avvenivano violenti scontri, soprattutto nella parte est del Paese e veniva formato un consiglio politico di transizione nella città di Bengasi, caduta in mano ai rivoltosi. Le forze governative che controllavano la capitale e le zone centrali del Paese sferravano una controffensiva militare condannata dalla comunità internazionale. Le società petrolifere sospendevano quasi completamente la loro attività. In marzo, su proposta degli USA, della Francia e dell'Inghilterra, il consiglio di sicurezza dell'ONU emanava due risoluzioni (n° 1970 e 1973) che imponevano sanzioni, il cessate il fuoco e il divieto di tutti i voli in territorio libico (no fly zone). Veniva creata, così, una coalizione di forze militari, prima sotto il comando statunitense e poi sotto il comando della NATO, che interveniva a favore delle truppe antigovernative. A fine agosto, dopo aspri combattimenti, gli antigovernativi entravano a Tripoli e rovesciavano il regime, mentre Gheddafi riusciva a fuggire, fino a ottobre quando durante un conflitto a fuoco tra lealisti e truppe antigovernative, veniva ferito e, in seguito, giustiziato sul posto. A guidare il governo provvisorio veniva chiamato l'ex ministro della giustizia Mustafa Abd al-Jalil. L'Alleanza delle forze nuove (AFN), coalizione laica e liberale e vicina al premier al-Jalil, vinceva le elezioni legislative, conquistando 39 degli 80 seggi della nuova assemblea. Nel settembre 2012 il ritorno alla normalità veniva interrotto da un attacco terroristico alla sede diplomatica statunitense di Bengasi. Nell'estate del 2014 le milizie estremiste provenienti da Misurata conquistavano l'aeroporto di Tripoli nonostante l'intervento di forze aeree che avevano bombardato l'area. Queste ultime erano probabilmente composte da velivoli degli Emirati Arabi Uniti partiti da basi in territorio egiziano. L'intervento (ufficialmente smentito dall'Egitto e non confermato dagli EAU) configurava un confronto ormai più ampio dei confini dello stato libico, contrapponendo stati avversi ai gruppi fondamentalisti come Egitto, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, e sostenitori come il Qatar. I miliziani che hanno attaccato la capitale, reinsediavano il Congresso nazionale generale che eleggeva un nuovo primo ministro. Le elezioni del giugno 2014 assegnavano la vittoria ai liberali e in settembre il premier al-Thani otteneva la fiducia del Parlamento riunito a Tobruk per maggior sicurezza. Il Parlamento, pur riconosciuto dalla comunità internazionale, veniva giudicato incostituzionale dalla Corte Suprema e le forze islamiste si riorganizzavano e eleggevano un proprio premier nella persona di O. al-Hassi. Intanto in alcune aree del paese, soprattutto a Derna e a Sirte, si stavano radicando cellule del sedicente Stato Islamico (IS) destando la preoccupazione della comunità internazionale che decideva di intervenire in un tentativo di mediazione tra le parti. Nel gennaio 2016 si formava, grazie alla mediazioni delle Nazioni Unite, un governo di unità nazionale con sede a Tripoli e guidato dal primo ministro al-Serraj (in carica dal 2015). Il parlamento di Tobruk, capeggiato da K. Haftar, si rifiutava però di accordare la propria fiducia al governo di al-Serraj e nell’agosto 2016 61 membri del parlamento di Tobruck dichiaravano la propria opposizione al governo di al-Serraj, che pure godeva dell’appoggio delle Nazioni Unite. Nel luglio 2017 Haftar e al-Serraj concordavano a Parigi  di stabilire una tregua nel conflitto e indire nuove elezioni. Nell’aprile 2019, dopo aver rafforzato le proprie posizioni in Cirenaica e nel Fezzan, Haftar attaccava militarmente Tripoli con l’intento di conquistarla.

Cultura: generalità

La Libia rappresenta perfettamente il punto d'incontro tra Sahara e Mediterraneo: lungo le sue coste si incontrano straordinarie città greche e romane e i resti di antichi splendori bizantini; nell'interno, invece, il deserto occupa ben il 90% dell'intero territorio. In teoria nella società libica, la donna ha gli stessi diritti degli uomini, nonostante la religione musulmana; in realtà molte donne conducono una vita piuttosto ritirata e sono poche quelle che nel lavoro occupano ruoli di responsabilità. Nel 1982 sono stati istituiti dall'UNESCO tre città patrimonio dell'umanità: sono le antiche rovine di Cirene, Leptis Magna e Sabratha. In seguito sono entrate nella lista anche l'area con le pitture rupestri del sito di Tadrart Acacus (1985), e la pittoresca città antica di Ghadāmis (1986), che nel mese di ottobre, in occasione del Ghadāmis Festival, torna a rivivere in un tripudio di colore e attività. Il festival di Acacus, invece, che si tiene tra dicembre e gennaio, si caratterizza per uno spettacolare concerto che si tiene al tramonto, arricchito da danze tuareg e cerimonie tradizionali. Come in altri Paesi dell'Africa mediterranea, piatto tipico della Libia è il cous cous, che accompagna pesce o carne, per esempio agnello; viene sostituito dal riso in Cirenaica. I maccheroni, frutto del passato coloniale dell'Italia, sono la base di alcuni piatti, la rishta invece è una specie di pasta lunga (tipo tagliatelle) condita con ceci, cipolla e sugo piccante.

Cultura: letteratura

Di una letteratura araba libica si può, convenzionalmente, parlare solo per il periodo successivo all'indipendenza: il periodo anteriore rientra nella letteratura araba generale. Tuttavia, non può non essere ricordato Sulaymān al-Bārūnī (m. 1940) come uno dei padri della letteratura nazionale libica, autore di numerose poesie politiche composte negli anni della guerra italo-libica in puro arabo classico e secondo strutture metriche tradizionali ma ricche di vivo amor di patria. Accanto a lui possono essere ricordati ancora Muṣṭafà ibn Zikrī (m. 1918) e Rafīq al-Mahdawī. La poesia libica annovera tra i suoi esponenti ‘Alī Muṣṭafà al-Misrātī (n. 1926), direttore della prestigiosa rivista letteraria Hunā Tarābulus al-Garb e Kāmil Ḥasan al-Maqhūr (n. 1935). Entrambi sono autori di liriche che trattano temi ispirati alle trasformazioni storiche vissute dal Paese e agli aspetti della vita quotidiana, ma sono conosciuti anche per la loro produzione narrativa. Tuttavia, l'espressione letteraria che è emersa negli ultimi anni del XX sec. in Libia è la narrativa, che ha saputo cogliere e tradurre in romanzi e racconti i cambiamenti della realtà sociale del Paese. Tra gli autori di racconti brevi ricordiamo il già citato Kāmil Ḥasan al-Maqhūr, Bašīr al-Hašimi (n. 1936); Ṣādiq al-Nayhūm (1936-1994); Yūsuf al-Quwayrī (n. 1938); Yūsuf al-āarīf (n. 1938) premiato per la raccolta al-Aqdām al-‘āriya (1978; A piedi nudi); ‘Abd Allāh al-Quwayrī (n. 1940), autore di saggi e lavori teatrali; Aḥmad Naṣr (n. 1941); Aḥmad Ibrāhīm al-Faqīh (n. 1942), che ha pubblicato numerose raccolte, tra cui Iḥtafat al-nuğūm, fa-ayna anti? (1981; Le stelle sono scomparse, e tu dove sei?), al-Baḥr lā mā’ fīhī (1981; Il mare senz'acqua), Imra’at min ḍaw’ (1986; Una donna di luce), e il romanzo Ḥuqūl min al-ramād (1985; Campi di cenere); Riḍwān Abū āuwayšah (n. 1945); Ḥalīfah Ḥusayn Muṣṭafà (n. 1944), che ha scritto la raccolta Ḥarīṭat al-aḥlām al-sa’īdah (1981; Mappa dei sogni felici) e ha pubblicato anche romanzi tra cui araḥ al-wardah (1984; La ferita della rosa), Min hikāyāt al-ğunūn al-a’ādī (1985; Storie di ordinaria follia) e racconti per bambini; Muḥammad al-Misallātī (n. 1949) che pubblica la raccolta Hawātir li ‘l-ḥubb (1981; Pericoli per l'amore). Fra le scrittrici ricordiamo Mardiyyah al-Na'ās (n. 1949) che ha realizzato romanzi e racconti sul ruolo della donna nella società libica, tra cui il romanzo āay’ min al-dif’ (1972; Un po' di calore) e la raccolta Ġazālah (1976; La gazzella); Luṭfiyyah al-Qabā'ilī (n. 1945), che ha pubblicato la raccolta Amānī mu’allabah (1977; Le mie speranze in scatola); e infine Fawziyyah al-āalābī, che ha scritto le raccolte di poesie Fī ‘lqaṣīdah al-tāliyah uḥibbuk bi-ṣu’ūbah (1985; Nella seguente poesia ti amo con difficoltà), Bi ‘l-banafsağ anta muttaham (1985; La viola ti accusa), il romanzo Rağul li-riwāyat wāḥidah (1985; Un uomo per un solo romanzo). Il più noto esponente della letteratura libica è oggi Ibrāhīm al-Kūnī (n. 1948). I personaggi delle sue opere sono i nomadi della parte meridionale del Paese, dove al-Kūnī è nato, che vivono sullo sfondo di uno deserto spietato, che traccia i destini umani e diventa il vero protagonista. I suoi scritti evocano epoche lontane e rappresentano il conflitto delle nazioni arabe tra il proprio passato storico, sociale, spirituale e la modernità. al-Kūnī è autore delle raccolte di racconti al-Qafas. (1990; La gabbia), Dīwān al-naṭr al-barrī (1991; Il canzoniere della prosa del deserto), al-Waqā’i’ al-mafqūdah min sīrah al-mağūs (1992; I resoconti perduti della storia pagana), Harīf-al-darwīš (1994; L'autunno del derviscio) e dei romanzi al-Tibr (1990; L'oro), al-Mağūs (1991; I pagani), al-Saharah (1994-95; I maghi), Fitnat al-zu’ān (1995; Il fascino della zizzania). La passione per la letteratura ha coinvolto anche Mu‘ammar Qaddāfi, che ha scritto alcune novelle e la raccolta di racconti al-Qaryah al-qaryah, al-ard al-ard (1993; Il villaggio e la terra). Per quanto riguarda il teatro spiccano i drammaturghi al-Mahdī Abū Qurayn, ‘Abd al-Karīm al-Dannā, Muhammad ‘Abd al Ğalīl Qunaydī, che hanno messo in scena lavori di ispirazione sociale. Lutfiyyah al-Qaba'ili, Fawziyyah Shalabi e Sharifah al-Qiyadi, senza tralasciare scrittori come al-Sadiq al-Nayhum, Ahmad Ibrahim al-Faqih, Kamil Maqhur e Khalifa Tikbali. Tra le voci più interessanti in questo inizio del XXI secolo è da segnalare Isham Matar (n. 1970), nato a New York ma di origini libiche; il suo romanzo d'esordio, intitolato In the Country of Men (2006), tradotto in 22 lingue e premiato a livello internazionale, racconta la vita di un bimbo di 9 anni a Tripoli, il cui padre viene accusato dalla polizia di Gheddafi di essere impegnato in attività sovversive.

Cultura: archeologia e arte

La Libia non ebbe omogeneità artistica prima dell'unificazione culturale iniziata al tempo del dominio romano e conclusa con la conquista araba. Infatti, mentre sulla costa occidentale (Tripolitania) impiantarono i loro emporia i Fenici, quella orientale (Cirenaica) fu colonizzata dai Greci ed ebbe il suo massimo centro in Cirene , ricca colonia dorica di importanza fondamentale per la storia dell'architettura greca ed ellenistica. In età ellenistica Cirene fece parte della Pentapoli con Apollonia, Tolemaide, Euesperide (Bengasi), Teuchira (Tocra), tutte fiorenti città di cui si vanno mettendo in luce importanti complessi archeologici. A Tolemaide è stata scoperta una ricca casa con ambienti decorati da mosaici e pitture (sec. II-I a. C.). Il foro, la basilica, l'anfiteatro, il decumano porticato e l'arco di trionfo completano il panorama archeologico. In Tripolitania restano notevoli complessi monumentali romani, tra i quali il più grandioso e conosciuto è quello di Leptis Magna comprendente il foro (il più grande dell'Africa settentrionale), la basilica a tre navi, il mercato, diversi archi, le terme con ampio ambulacro e palestra biabsidata. La serie di rilievi dell'arco severiano e della basilica di Leptis sono assai rappresentativi della scultura dell'Africa romana, più che la numerosa produzione ufficiale di statue imperiali e di ritratti. Quanto ai teatri romani, quello di Sabratha , costruito tra la fine del sec. II d. C. e l'inizio del III, eccelle per la sua grandiosità e l'ottimo stato di conservazione. La Tripolitania ha il posto d'onore nell'uso del mosaico, come è dimostrato dai ricchi cicli delle ville di Leptis e di Sabratha. Dopo la conquista araba, il successivo completo inserimento nel mondo islamico ha determinato la necessità di numerosi edifici religiosi che, riutilizzando largamente elementi di spoglio romani (e più raramente bizantini) e conformandosi secondo una certa tipologia a base regionale (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan), costituiscono un capitolo a sé nell'ambito dell'architettura del Nordafrica. Sotto la dominazione turca (1552-1911) l'architettura, maggiormente monumentale e più riccamente decorata, caratterizzata da moschee a più cupole, tende a ripetere prototipi ottomani. Al periodo dell'occupazione italiana (1911-43) si devono l'organizzazione di importanti scavi archeologici in Cirenaica e Tripolitania e il rinnovamento dell'assetto edilizio delle città, nelle quali sono sorti nuovi quartieri e palazzi pubblici secondo una moderna concezione urbanistica.

Bibliografia

Per la geografia

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Per la storia

M. O. Ansell, I. M. Arif, The Libyan Revolution, Londra, 1972; G. Alergoni, La Libye nouvelle, rupture et continuité, Parigi, 1975; K. Schliephale, Libyen: wirtschaftliche und soziale Strukturen und Entwicklung, Amburgo, 1976; J. A. Allen, Libya since Independence: Economic and Social Development, Londra, 1982; M. K. e M. J. Deeb, Libya since the Revolution: Aspects of Social and Political Development, New York, 1982; J. Wright, Libya: a Modern History, Londra, 1982; M. B. Fergiani, Libyan Jamahiriya, Londra, 1984; J. Bearman, Qadhafi's Libya, Londra, 1986; R. B. St. John, Qadhafi's World Design: Libyan Foreign Policy, 1969-1987, Londra, 1987; J. Bearman, Libyan Politics: Tribe and Revolution, Londra, 1988.

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