Marco (evangelista e santo)

Indice

Biografia

Evangelista e santo (sec. I a. C.-I d. C.). È il “Giovanni soprannominato Marco”, cugino di Barnaba, di cui si parla negli Atti e nelle lettere apostoliche. La casa di sua madre, Maria, era un luogo di riunione dei cristiani di Gerusalemme (Atti 12, 12). Viene ricordato come facente parte del gruppo dei collaboratori di Paolo (Colossesi 4, 10; Filemone, 1, 24; II Timoteo 4, 11). La stretta relazione in cui si trova anche con l'apostolo Pietro, che lo chiama “mio figliuolo” (I Pietro 5, 13), starebbe all'origine della tradizione secondo cui il Vangelo di Marco sarebbe stato scritto a Roma sotto lo sguardo di Pietro. Un'altra tradizione fa di lui il primo vescovo della Chiesa di Alessandria. Secondo la tradizione due mercanti veneziani ne trasportarono le reliquie a Venezia. Festa il 25 aprile.

Iconografia

Nella tradizionale iconografia cristiana il santo è raffigurato nell'atto di scrivere il Vangelo, generalmente accompagnato dal simbolo del leone alato che talvolta gli serve da scrittoio. A parte le immagini che lo ritraggono assieme agli altri evangelisti, le rappresentazioni più caratteristiche sono il mosaico dell'abside di S. Marco a Venezia, la statua di Donatello in Orsanmichele a Firenze e vari dipinti (di Paolo Veneziano, di Melozzo, di Tiziano, di Rubens, ecc.). Relativi invece alla vita del santo sono alcuni notissimi cicli dipinti per la scuola di S. Marco a Venezia, dai teleri di Gentile e di Giovanni Bellini a quelli del Tintoretto.

Vangelo di Marco

È il secondo dei Vangeli sinottici, il più breve, il più semplice e spontaneo, e con ogni probabilità anche il più antico. Non riporta genealogie né racconti della nascita e dell'infanzia di Gesù, ma comincia direttamente con il ministero di Giovanni il Battista (1,1-8), il battesimo e le tentazioni di Gesù (1,9-13). I fatti e i detti di Gesù vengono ordinati secondo due temi fondamentali: annunzio del Regno in Galilea e conflitto col tradizionalismo dei Farisei (1,14-8,26); storia della passione e della morte di Gesù e preparazione dei discepoli in vista della predicazione ai Gentili (8,31-16,18). Divide le due parti la confessione di Pietro (8,27-30). La parte finale (16,9-20) è un'aggiunta posteriore. Una caratteristica della prima parte è il cosiddetto segreto messianico, mentre è tipico della seconda l'importanza attribuita alla morte di Gesù. Questi è il “Figlio di Dio” fattosi “servo”, piuttosto che il Messia e Signore, espressioni che qui ricorrono assai di rado, ed evidenti restano i tratti umani della sua natura, come la compassione, la misericordia ela gentilezza. Per quanto riguarda le fonti, si deve ricordare l'ipotesi che l'autore si sia servito di una precedente raccolta di Loghia o Detti (la cosiddetta fonte “Q”, comune a Matteo e Luca). La lingua usata è il greco ellenistico della parlata popolare, disadorno e stilisticamente poco vario, ma vivace ed efficace per l'immediatezza delle espressioni e delle immagini. Il testo non offre suggerimenti per un'identificazione dell'autore e nemmeno per una definitiva conferma dell'attribuzione tradizionale. Lo stesso si dica per il luogo. Il Vangelo riflette gli interessi e i problemi catechetici di una grande comunità di convertiti dal paganesimo, che potrebbe essere localizzata anche in Palestina o in Siria. Nella sua forma attuale esso è anteriore al 70.

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