Neanderthal

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stretta gola della Germania (valle di Neander), situata poco distante dalla confluenza del fiume Düssel col Reno, nella Renania Settentrionale-Vestfalia a E di Düsseldorf. In questa località, nel 1856, nella Grotta di Feldhofer durante lo svuotamento di un banco argilloso furono rinvenuti tra i detriti, da Johan Carl Fuhlrott, una calotta cranica e alcune ossa lunghe con caratteristiche morfologiche arcaiche e specifiche, tra cui: dolicocrania, fronte bassa e sfuggente, rilievi sopracciliari molto pronunciati. Dopo innumerevoli discussioni scientifiche e grazie anche al rinvenimento di altri resti umani anatomicamente analoghi venne riconosciuta l'antichità del reperto divenuto celebre come uomo di Neandertal.

Uomo di Neandertal

Con tale definizione si indica una sottospecie del genere Homo (Homo sapiens neandertalensis) con caratteri morfo-anatomici generali ben definiti che trovò, durante l'intervallo cronologico compreso tra i 130-120.000 e i 35.000 anni fa, il massimo livello di adattamento ambientale distribuendosi in tutta l'Europa centro-meridionale fino alla Russia asiatica, Cina e Medio Oriente. Sulla base di caratteri morfologici comuni è stato estrapolato un morfo-tipo standard definito “neandertaliano classico”, riconducibile alle forme umane rinvenute a La Chapelle-aux-Saints, Le Moustier, La Ouina, La Ferrassie, Roc de Marsal e Saint-Césaire in Francia e Circeo I in Italia; al gruppo dei neandertaliani del Vicino Oriente sono invece riferiti gli individui rinvenuti a Shanidar in Iraq, Kebara, Tabun e Amud in Israele (Palestina); Teshik-Tash in Uzbekistan. I neandertaliani pur presentando a volte differenze dovute a variabilità individuale, nonché regionale, sono diversificati dall'umanità attuale per una particolare morfologia che interessa in modo precipuo il distretto craniale. Visto in norma superiore questo si presenta allungato, di profilo birsoide, dovuto a un restringimento a livello frontale della regione retro-orbitaria. Tale morfologia è resa ancor più evidente dall'aggetto delle arcate sopraorbitarie (torus) che sopravanzando la squama frontale giungono a nascondere la maggior parte della faccia, nonostante questa sia ben sviluppata e proiettata in avanti. Recenti studi hanno evidenziato come il torus sopraorbitrario non abbia, come si credeva un tempo, funzione protettiva nei confronti dei seni frontali, ma costituisca un'area di dispersione delle linee di forza prodotte dal potente sistema scheletrico-muscolare dell'apparato masticatorio. In norma laterale il cranio presenta volta assai bassa e moderatamente appiattita verso l'occipite, dove il profilo discende evidenziando una squama protrusa e rigonfia a livello del piano occipitale e lineare e obliquo a livello di quello nucale. Questa particolare morfologia va sotto il nome di occipitale a chignon, tipico dell'umanità neandertaliana. In norma anteriore si evidenzia una faccia ben sviluppata sia in larghezza sia in altezza. I suoi caratteri più tipici sono rappresentati da orbite tondeggianti e distanziate, ossa nasali sviluppate ma molto inclinate, osso zigomatico poco sviluppato e con andamento obliquo verso l'arcata zigomatica. Il mascellare superiore è privo di fossa canina e proiettato in avanti. La media del volume endocranico è nei neandertaliani di circa 1450 cm3 con un campo di variazione dei valori (La Ouina-Francia 1300-Amud-Israele 1740 cm3) identico a quello degli europei attuali. Lo studio del calco cerebrale, effettuato per la prima volta nel 1911 da M. Boule e R. Anthony, ha evidenziato come le circonvoluzioni del lobo frontale fossero già sufficientemente complesse e probabilmente in grado di conferirgli un linguaggio rudimentale, questo anche in considerazione del discreto sviluppo sia dell'area del Broca sia del centro di Wernicke. Relativamente allo scheletro appendicolare il torace si presenta proiettato in avanti, i segmenti sia dell'arto superiore sia dell'arto inferiore non sono fra loro proporzionali; le altre caratteristiche salienti interessano per lo più aree di inserzione muscolare e l'allungamento e assottigliamento dell'arco pubico superiore. Recenti teorie vedono in quest'ultima anatomia un adattamento all'aumento del canale del parto nelle femmine. La statura dei neandertaliani si presenta piuttosto bassa rispetto agli europei attuali con una media maschile di ca. 165 cm e una femminile di ca. 155 cm, con una differenza intersessuale di 10 cm, del tutto simile a quella attuale. Il campo di variazione va dai 152 cm della donna di La Ferrassie ai 175 cm dell'uomo di Amud. Sull'origine dei neandertaliani esistono molte incertezze. Due erano le principali ipotesi sulla loro linea evolutiva: secondo la prima l'Homo sapiens neandertalensis discende direttamente dalle forme di Homo erectus stanziatesi in Europa; secondo l'altra discende da un Homo sapiens arcaico. Quest'ultima teoria sembra essere stata smentita nel 2003 da studi svolti sul DNA, i cui risultati dimostrano che le due forme si sono sviluppate in maniera separata e autonoma. Con il rinvenimento di forme di Homo sapiens sia arcaico sia moderno in Africa orientale, in particolare lungo il periplo del lago Turkana (già lago Rodolfo), tra cui Omo 1 e 2, Mumba XXI, Laetoli 18 e Eliye Springs (KNM-ES-11693), l'investigazione dell'evoluzione di Homo sapiens si è arricchita di nuovi elementi dando vita a un modello evolutivo denominato “Afro-European sapiens Hypothesis”. I più antichi reperti neandertaliani sono costituiti in Italia dai celebri crani rinvenuti a Roma, nel 1929, in località Saccopastore: una volta considerati preneandertaliani (o anteneandertaliani), sono oggi ritenuti neandertaliani a tutti gli effetti; la loro datazione risale a circa 130.000 anni fa. Altri reperti degni di particolare attenzione portati alla luce in Italia sono rappresentati dai resti fossili rinvenuti, a partire dal 1939, nella Grotta Guattari (Monte Circeo, Latina). I reperti, risalenti al Würm II, sono denominati Circeo I, II e III e sono rispettivamente un cranio di maschio adulto, una mandibola che solo di recente è stata attribuita al cranio e un'altra mandibola riferibile a un individuo maschile di circa 20 anni. In base ai caratteri morfologici evidenziati i resti sono stati attribuiti a neandertaliani “classici”.

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