Caratteri generali

Popolazione dell'Africa meridionale che costituisce la maggioranza etnica della Repubblica Sudafricana; parlano una lingua propria ricca di vocaboli khoisanidi, facente parte della famiglia bantu. Gli Nguni furono le ultime genti negroidi a giungere, forse verso il sec. VIII, nell'Africa di sud-est: allevatori nomadi di bovini si insediarono nella savana fra i monti dei Draghi l'Oceano Indiano, sovrapponendosi alle preesistenti genti bantu agricole di lingua shona e sotho e decimando i nomadi cacciatori Boscimani, da loro considerati come “animali da cacciare”. Tipici della cultura ancestrale degli Nguni erano la grande famiglia patrilineare, l'allevamento dei bovini (compito degli uomini) dei quali però non mangiavano la carne, l'agricoltura (acquisita dalle vicine genti agricole) praticata dalle donne, la lavorazione delle pelli e della ricercata ceramica decorate a vivaci colori, la tessitura di fibre vegetali e la fucinatura del ferro importato dalle genti dell'odierno Zimbabwe; dominante era il culto degli antenati, tanto che i capostipiti di ciascun clan erano considerati spiriti protettori sui quali dominava un Essere supremo, Umkhulumkhulu (il grande vecchio). Ogni unità plurifamiliare (era ammessa la poliginia) abitava in capanne cupoliformi o circolari, a tetto conico, disposte intorno al recinto del bestiame (kraal); le famiglie imparentate costituivano i vari clan, dal più ricco dei quali veniva scelto un capo con prerogative regali su tutto l'insieme tribale, coadiuvato dagli induna, anziani dei singoli clan con funzioni di consiglieri (occhi e orecchio del re); l'insediamento del re, l'incwala, si celebrava ogni anno e nell'insieme ricorda quello dei re-sacri della regione dei laghi; ancora oggi la cerimonia viene praticata nello Ngwane (Swaziland).

Cenni storici

La stratificazione sociale divenne sempre più rigida nel tempo, in seguito al forte incremento demografico degli Nguni che, fra l'altro, li portò a continue lotte intertribali per il possesso dei pascoli e a un processo di espansione fino al Limpopo e verso sud-ovest, ai danni delle genti agricole vicine; stratificazione sociale che si è mantenuta fino a oggi con la costituzione di una ricca borghesia, più o meno legata ai bianchi, e un proletariato agricolo e cittadino in gran parte in condizioni d'indigenza. Nel sec. XVI le tribù stanziate fra il capo di Buona Speranza e il Natal (Xhosa, Tembu, Pondo le più importanti) divennero agricoltori sedentari; a est le guerre intertribali portarono alla formazione di tre grandi raggruppamenti: i Mthethwa, i Ngwane e i Ndwandwe. All'inizio del sec. XIX un clan minore dei Mthethwa, quello degli Zulu, acquisì la supremazia per merito di un grande re, Shaka (o Chaka) che unificò con la forza tutte le tribù nguni dell'est e del nord creando una sorta d'impero esteso fino al Limpopo e al basso Vaal. Le guerre contro gli Europei, e più ancora le lotte intertribali, produssero già alla fine del sec. XIX la disgregazione delle genti Nguni: alcuni gruppi (Ndebele, Ngoni) migrarono oltre il Limpopo dove costituirono effimere entità statali. Oggi, gran parte degli Nguni ha adottato costumi sudafricani ed è cristianizzata; nelle campagne, tuttavia, perdura il modo di vita tradizionale in parte influenzato da quello occidentale (abitazioni, vestiario, oggetti d'uso, tecnologia); negli Nguni si è però sempre mantenuto vivo il senso d'identità etnico-culturale, alimentato anche da decenni di violento apartheid. L'abolizione del regime di segregazione razziale ha prodotto il riaccendersi delle rivalità tribali soprattutto contro gli Zulu, sfruttati dal governo della Repubblica Sudafricana come manodopera a basso costo e irreggimentati nella polizia e nell'esercito.

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