(Kongeriket Norge). Stato dell'Europa settentrionale, situato nella Penisola Scandinava (323.779 km²). Capitale: Oslo. Divisione amministrativa: 19 contee. Popolazione: 5.109.056 ab. (stima 2014). Lingua: bokmål (riksmål) e nynorsk (landsmål) (ufficiali). Religione: protestanti 85,7%, altri cristiani 4,5%, musulmani 1,8%, altri 8%. Unità monetaria: corona norvegese (100 øre). Indice di sviluppo umano: 0,944 (1° posto). Confini: Russia e Finlandia (NE), Svezia (E); si affaccia al Mar Glaciale Artico e al Mare di Barents (N), al Mare del Nord (S) e all'oceano Atlantico (W). Membro di: Consiglio d'Europa, Consiglio Nordico, EBRD, EFTA, NATO, OCSE, ONU, OSCE e WTO.

Generalità

Norvegia deriva da Nordvegr, la via verso N, percorso che ha portato fortuna anche ai discendenti degli antichi Vichinghi, sia per il ruolo di primo piano assunto dalla pesca oceanica sia per il ritrovamento di ingenti giacimenti di petrolio nel Mar di Norvegia. Terra antica di conquista, ambita dalle genti limitrofe e non solo (Vicking indicava il capo-barca nelle spedizioni marinare delle popolazioni occidentali della Scandinavia), è oggi al primo posto nel mondo per l'indice di qualità della vita. Lo caratterizza infatti un'eccellente situazione economica e sociale, prezioso risultato di un sistema, denominato nel recente passato “socialismo scandinavo”, in grado di combinare il benessere economico con la sicurezza sociale. Il segreto del suo successo risiede con ogni probabilità nella coesistenza di fattori capaci di promuovere sviluppo, quali una struttura economica di tipo “misto”, basata sul libero mercato e sull'intervento dello Stato attraverso proprie grandi imprese nei settori più importanti, un'imposizione fiscale ridotta e sostenibile, la piena occupazione, una struttura economica in continuo rinnovamento e un sistema scolastico efficiente che ha debellato completamente l'analfabetismo. Sono territori della Norvegia: nell'estremo N d'Europa l'arcipelago delle Svalbard e l'isola di Jan Mayen, nelle regioni australi le isole Bouvet e Pietro I, oltre che la Terra della Regina Maud, vasto settore dell'Antartide. La Norvegia aderisce a molte organizzazioni internazionali tra cui l'ONU e la NATO, ma ben due referendum popolari, svoltisi nel 1972 e nel 1994, hanno sancito il rifiuto del Paese di far parte dell'UE. Nel 1994 il Paese ha comunque sottoscritto un accordo per la partecipazione all'Associazione Europea di Libero Scambio (EFTA) e allo Spazio Economico Europeo (SEE), e fa parte dell'area Schengen.

Lo Stato

La Norvegia è una monarchia costituzionale con corona ereditaria per linea maschile ma non più per legge salica, abolita nel 1990. In base alla Costituzione del 17 maggio 1814, più volte emendata, in cima allo Stato è il sovrano, con il titolo onorifico di capo sia delle Forze Armate, sia della Chiesa evangelico-luterana. Egli esercita il potere esecutivo mediante il governo (Statsråd), retto dal primo ministro, che deve godere della fiducia del Parlamento (Storting). A quest'ultimo, i cui membri sono eletti a suffragio universale diretto ogni 4 anni, spetta il potere legislativo. Inseguito a una riforma costituzionale (2009) è stato abolito il bicameralismo. La Norvegia, con la riforma elettorale del 1913, fu il primo Stato del mondo ad avere un Parlamento interamente eletto su base universale, al cui voto parteciparono anche le donne. Delle sue 19 contee, quelle di Nordland, Troms e Finnmark costituiscono la sezione occidentale della Lapponia. Nella seconda metà del sec. XII furono fondate le scuole episcopali che rappresentano i primordi del sistema educativo norvegese. Con la Riforma protestante tale sistema fu ampliato e così nei secoli seguenti, fino a quando nel 1809 l'organizzazione scolastica si affrancò dalla tutela ecclesiastica e acquisì un'impronta liberale. Nella seconda metà del sec. XIX fu stabilita l'obbligatorietà scolastica. La Norvegia è uno dei pochi Paesi del mondo in cui non esiste il problema dell'analfabetismo. La scuola dell'obbligo va dai 6 ai 16 anni d'età. L'insegnamento è diviso in scuola primaria, della durata di sei anni, e scuola secondaria. Quest'ultima si articola in un triennio di base e in un successivo ciclo di studi, che può durare da uno a tre anni secondo l'indirizzo o la specializzazione professionale prescelti. La frequenza dell'intero triennio della scuola secondaria superiore consente l'accesso alle università (ve ne sono quattro: a Oslo, 1811; Trondheim, 1900; Bergen, 1948; Tromsø, 1968) e agli istituti superiori di livello universitario (scuole di architettura, economia, teologia, veterinaria, agricoltura, musica e belle arti).

Territorio: morfologia

Il territorio norvegese corrisponde a una lunga striscia di terra, ininterrottamente montuosa (esigue pianure si hanno solo nella sezione sudorientale del Paese), che si sviluppa da N a S lungo il bordo occidentale della Penisola Scandinava, e precisamente da Capo Nord, l'estremità settentrionale del continente europeo, alle coste dello Skagerrak. Essa termina al mare con una costa frastagliatissima, intagliata da innumerevoli fiordi e fronteggiata da una miriade di isole e scogli (50.000): montuosità e continua penetrazione marittima rappresentano le peculiarità morfologiche del Paese, conferendogli un'organica unitarietà. Tali elementi traggono la loro origine dalle vicende geologiche che in varia epoca hanno interessato, oltre alla Norvegia, tutta la Scandinavia. Estrema porzione occidentale dello Scudo Baltico, cioè l'ossatura precambriana dell'Europa, la Norvegia è stata sottoposta nel Paleozoico all'orogenesi caledoniana, cui deve la nascita delle sue montagne, poi peneplanate e in più riprese sommerse dalle acque. Tali rilievi, dalle forme mature, con vasti altopiani e cime tondeggianti, furono però “ringiovaniti” dall'orogenesi cenozoica, assumendo spesso quell'aspetto alpestre (talora sono infatti definiti, seppure impropriamente, Alpi Scandinave) tipico dei sistemi cenozoici. Tale sollevamento ne ha in ogni caso accentuato la montuosità; tra le maggiori cime, sulle quali nella Norvegia settentrionale corre spesso il confine con la Svezia, sono il Glittertind (2472 m), lo Snøhetta (2286 m), il Rondane (2183 m). Il ringiovanimento diede inoltre nuova forza agli agenti erosivi, tra cui soprattutto i ghiacciai. Questi infatti hanno contribuito ampiamente a modellare il Paese, che fu lungamente soggetto alle glaciazioni pleistoceniche. In tali periodi si ebbero vaste calotte glaciali con formazione di lunghe lingue nei solchi vallivi che scendono al mare; al loro ritiro vennero alla luce le valli piatte a trogolo (U; kjølen), gli altopiani montonati (fjelde) e i laghi glaciali. Oggi i ghiacciai coprono complessivamente una superficie di ca. 5000 km², di cui oltre 800 km² spettano allo Jostedalsbre, il più vasto dell'Europa continentale. Allo stesso tempo il livello del mare subì notevoli oscillazioni, legate all'espansione e alla riduzione delle masse glaciali. Antiche valli glaciali occupate dal mare sono appunto i fiordi, allungati, profondi, ramificati: dall'ampio Trondheimsfjord all'Oslofjord, sulla cui diramazione settentrionale si affaccia la capitale, al Sognefjord, lungo oltre 200 km e profondo 1244 m, all'Hardangerfjord ai piedi dell'omonimo ghiacciaio ecc. (spesso sulle carte geografiche sono però indicati al plurale, cioè Trondheimsfjorden, Oslofjorden ecc., in considerazione del fatto che il più delle volte si tratta non di un'insenatura singola ma di un complesso di rientranze, quindi di più fiordi). Elemento non meno caratteristico dei fiordi sono le innumerevoli isole rocciose (il cosiddetto skjargård, o giardino degli scogli), che fronteggiano le coste norvegesi: si tratta per lo più delle aguzze sommità emerse di un'esigua piattaforma costiera frantumata dalle erosioni marine e glaciali. Vere e proprie isole si hanno solo al largo della costa nordoccidentale dove, al di là dei Vestfjorden (in realtà oggi un braccio di mare), affiorano le Lofoten e le Vesterålen.

Territorio: idrografia

Per la vicinanza dello spartiacque alla costa, i fiumi della Norvegia sono brevi, impetuosi, interrotti frequentemente da rapide e cascate che ne limitano la navigabilità; sono però abbondantemente alimentati dai ghiacciai e assai adatti allo sfruttamento idroelettrico. Il più importante è il Glomma, che per 600 km attraversa da N a S la Norvegia orientale e sfocia nel fiordo di Oslo. I laghi, che ricoprono complessivamente un'area di 14.000 km², sono numerosissimi (Mjøsa, Femund ecc.) ma di modesta superficie; sono tutti di origine glaciale, profondi e allungati, simili spesso a fiordi interni.

Territorio: clima

Il Paese è subpolare quanto a latitudine, estendendosi da 58º a 71º latitudine N, sicché buona parte del territorio è posta a N del Circolo Polare Artico; la Norvegia deve a ciò la lunghezza dei periodi diurni estivi (famoso è il fenomeno del “sole di mezzanotte” che nelle zone più settentrionali dura 71 giorni) e per contro il persistere, durante il lungo inverno, dell'oscurità notturna, che cede solo per alcune ore a una grigiastra luce crepuscolare. Quanto invece alle temperature queste sono, confrontando quelle di territori posti alle medesime latitudini, particolarmente miti: e ciò per effetto dell'azione della calda Corrente del Golfo, un cui ramo costeggia interamente il litorale norvegese e fa sì che le acque superficiali non gelino mai. Ne deriva che il clima non è molto aspro, almeno sulle coste, dove assume caratteri oceanici (estati fresche, inverni non rigidi, abbondanti precipitazioni) con frequenti nebbie, indotte dalla Corrente del Golfo; dato però che nella sua sezione settentrionale e centrale la Norvegia è poco più di una striscia di terra lungo il mare, le condizioni di un clima continentale (forti sbalzi termici, rigore invernale ecc.) sono significative solo nella porzione meridionale, dove il territorio si interna sino a una larghezza di 430 km. La disposizione nel senso dei meridiani delle catene montuose, il cui crinale corre in genere prossimo alla costa, influisce sull'andamento delle isoterme e delle isoiete: temperature e piogge cioè più che variare secondo la latitudine, da N a S, variano da W a E. La media invernale sulla costa passa dai –1/–3 ºC di Oslo e Trondheim ai +2/+3 ºC di Bergen, mentre nelle sezioni montuose più interne può arrivare a –12/–14 ºC; i valori estivi hanno un'escursione più ridotta passando in media dai 9/10 ºC ai 12/14 ºC. Le piogge, portate dai venti atlantici, decrescono dalla zona costiera (dove in talune aree sudoccidentali superano anche i 2000 mm annui) verso l'interno: nel Finnmark si registrano spesso valori inferiori ai 500 mm annui. Frequenti sono le precipitazioni nevose.

Territorio: geografia umana

Abitata forse dall'VIII-VII millennio a.C., la Norvegia sin dall'età più remota si caratterizza per essere popolata da genti dedite soprattutto alla navigazione e quindi a fiorenti commerci, praticati anche con i Romani, mentre attività assai povere, considerate persino spregevoli, erano l'agricoltura e la pastorizia. Incisioni rupestri risalenti all'Età del Bronzo – in cui si ebbero la prima organizzazione territoriale e il primo sviluppo dell'agricoltura – già raffigurano le navi dalle alte prore tipiche dei Vichinghi, il popolo di marinai (e razziatori) con i quali, a partire dal sec. VIII d.C., la Norvegia entrò prepotentemente nella storia di tutta Europa. I rapporti più duraturi si ebbero però con l'Inghilterra e con i Paesi bagnati dai mari del N (rapporti ancor oggi fondamentali per la Norvegia), donde quella matrice scandinava, più ampiamente atlantica, che porterà alla maturazione economica e sociale in senso borghese, poi socialdemocratico, del Paese. Un certo aumento demografico in un territorio dalle enormi difficoltà ambientali, dalla estrema scarsità di aree coltivabili (solo il 2,9% del territorio), spinse ben presto i Norvegesi a cercare nuove terre (il che è alla base tra l'altro delle loro straordinarie spedizioni sulle coste nordamericane e groenlandesi, della colonizzazione dell'Islanda ecc.); tuttavia si calcola che attorno al Mille la popolazione fosse inferiore al mezzo milione di unità; ancora ai primi del sec. XIX era di soli 885.000 abitanti. Al passaggio dall'unione (o dominazione) danese a quella svedese, nel 1814, il Paese già cominciava a entrare in un periodo di nuova prosperità; da qui un rapido incremento demografico (quasi un raddoppio della popolazione tra il 1801 e il 1865), superiore tuttavia alle pure aumentate disponibilità locali. Infatti nel cinquantennio 1870-1920 oltre 600.000 norvegesi furono costretti a emigrare, soprattutto negli Stati Uniti: tale emigrazione, in rapporto al totale degli abitanti (40%), fu tra le più massicce che la storia ricordi. Anche se a ritmo più contenuto, l'accrescimento della popolazione, che è raddoppiata nel corso del sec. XX, è continuato. Oggi l'immigrazione è rigorosamente controllata; lo Stato norvegese ammette infatti solo pochi rifugiati, in fuga da Paesi in gravi difficoltà, per i quali però l'obbiettivo è il rimpatrio non appena possibile. I 5 milioni ca. di ab. attuali includono ca. 483.177 (2014) immigrati dal resto del mondo, dei quali un quarto giunti dall'Asia, 10.000 ca. finlandesi, una quota minore proveniente da Svezia. Lo 0,3 % della popolazione è composto dai Lapponi (Saami). Questi ultimi rappresentano una minoranza autonoma, dal punto di vista etnico la più importante del Paese, originariamente la sua popolazione indigena, dal passato indomito e nomade, che da sempre vive soprattutto di pesca e allevamento della renna domestica. I Saami sono distribuiti in un arco di terre nordiche (Norvegia, Svezia, Finlandia, Russia); quelli norvegesi occupano in particolare la contea settentrionale di Finnmark, “protetti” dalla Costituzione del Paese che si preoccupa di preservarne lingua, cultura e stile di vita, oltre che di istituirne un Parlamento ad hoc, il Sameting. Il tasso d'incremento demografico naturale è del 3,6‰, la speranza di vita alla nascita è molto elevata: 79,6 anni per gli uomini e 83,6 per le donne. Per la natura particolarmente aspra del suo territorio, la Norvegia è un esempio veramente tipico di ambiente naturale che condiziona sia la densità sia la distribuzione della popolazione. Solo un decimo del suo territorio è abitato, con densità media tra le più basse del mondo (15,7 ab./km²) e distribuzione estremamente difforme: in alcuni distretti del N è addirittura di poche unità, mentre là dove è possibile lo sfruttamento del suolo o del mare, con marcata preferenza per la fascia costiera, di norma nelle vallate o lungo i fiordi, si trovano i centri abitati. In limitate aree della costa sudoccidentale, la densità abitativa raggiunge i 25-50 ab./km², mentre attorno al fiordo di Oslo è notevolmente più alta. Squilibrato appare anche il popolamento tra aree urbane e aree rurali: la popolazione urbana, mantenutasi a lungo al di sotto del 50% del totale, è pari al 79,7% (2012), ma non sono state le città principali a beneficiare di questo aumento, bensì le città medio-piccole grazie alla localizzazione di attività connesse con lo sfruttamento di risorse idroelettriche e petrolifere. Nella zona agricola accanto al villaggio non manca la fattoria, mentre la casa isolata è di norma adibita ad abitazione temporanea (per la pesca, la villeggiatura ecc.). Caratteristiche sono le case in legno, dipinte a colori vivaci, con i tetti sovente rivestiti da un tappeto erboso come isolante termico; famose sono le chiese lignee, le stavkirker, alcune delle quali risalenti al Medioevo. Oltre il 18% dei norvegesi vive a nell'agglomerato urbano di Oslo, la cui fortuna iniziò solo quando divenne capitale dello Stato indipendente; essa è sbocco commerciale di tutto il Paese, massimo centro marittimo gravitante per la sua posizione verso Svezia e Danimarca, nonché metropoli industriale, finanziaria, amministrativa. Città portuale, la principale della costa occidentale, è anche Bergen, affacciata al Byfjord, che alla tradizionale prosperità legata ai commerci marittimi ha aggiunto le nuove attività industriali, soprattutto vitali nei settori tessile, cantieristico, del legno, conserviero (lavorazione del pesce). Sulla sponda meridionale dell'omonimo fiordo è Trondheim, città d'antica origine a lungo residenza dei sovrani norvegesi e il maggior centro culturale e religioso del Paese, che presenta una fiorentissima economia basata sui commerci e su varie industrie nel cuore di una delle più ricche aree agricole e forestali della Norvegia, il Trøndelag. Altri importanti centri costieri sono Stavanger, attivissimo porto peschereccio, e Narvik, sbocco del minerale di ferro proveniente dalla Svezia; in Lapponia sono Tromsø, centro peschereccio e punto di partenza delle spedizioni nell'Artico, e Hammerfest, considerata la più settentrionale città d'Europa.

Territorio: ambiente

Mare e montagna costituiscono i due elementi unificanti di questo territorio così vasto, caratterizzato da differenti ecosistemi. Partendo da N, nella contea di Finnmark, e percorrendo tutto l'asse montuoso del Paese fino alla regione amministrativa meridionale di Telemark, si incontra la tundra, priva di alberi a causa del permafrost che impedisce alle radici di penetrare profondamente nel terreno ghiacciato. Negli avvallamenti vivono contorti salici polari nani e qualche betulla nana mentre nelle aree pianeggianti prevale la bassa e coloratissima vegetazione erbacea di corimbi, licheni, muschi, rododendri rosso-ruggine, erica polare, campanule azzurre, arniche gialle, androsacee bianche. La renna, il cervo, la volpe bianca, le lepri delle nevi e le pernici bianche abitano queste zone. Lungo le coste, dove prevale un clima oceanico atlantico mitigato dalla Corrente del Golfo, l'ecosistema è quello della foresta di caducifolgie, dove betulle e salici dominano l'ambiente fino a 600 m di altitudine e dove si incontrano cervi, orsi, alci, volpi polari, lepri, ermellini. Verso l'interno e a W del Paese ecco comparire la taiga, bosco di conifere con diversi tipi di abete (bianco, rosso, nero), larici e pini, questi ultimi soprattutto al di sotto dei 300 m di altitudine. Le politiche ambientali della Norvegia sono tra le migliori di tutta Europa: l'attenzione verso il controllo dei fenomeni di inquinamento, l'istituzione di aree protette (12,2%) per impedire la scomparsa di molti habitat naturali (le leggi di conservazione della natura risalgono addirittura al 1910), le limitazioni all'attività estrattiva del sottosuolo, al disboscamento agricolo e allo sfruttamento intensivo del legname, così come delle riserve ittiche e marine (la pesca incontrollata ha impoverito notevolmente l'Atlantico del Nord, tanto da richiedere l'istituzione di rigide quote del pescato, in accordo con altri Paesi dell'UE) sono obbiettivi prioritari della nazione. Ma in Norvegia la questione ambientale più controversa, che ha richiamato l'attenzione e l'indignazione internazionali, è quella della caccia alle balene (proibita completamente fino al 1993 dall'International Whaling Commission), risolta in misura minima dopo l'intervento appassionato di Greenpeace, con regole fortemente restrittive sia sulle specie e sulla quantità dei cetacei, sia sui metodi di pesca. Sempre Greenpeace è impegnata in Norvegia in un'altra battaglia ambientale: quella che cerca di impedire la realizzazione a scopi estrattivi nel Mare di Barents, importante sistema ecomarino, vulnerabile e prezioso dal punto di vista della biodiversità. Il paesaggio dei fiordi occidentali (West Norwegian Fjords - Geirangerfjord e Nærøyfjord) a nordest di Bergen, considerato l'archetipo di questo tipo di formazioni, è stato dichiarato dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità nel 2005 per la sua eccezionale bellezza naturale.

Economia: generalità

Il Paese è riccamente dotato di risorse naturali quali carbone, petrolio e gas, corsi d'acqua utilissimi per la produzione di energia idroelettrica, mari pescosi, foreste e, in misura minore, giacimenti minerari, soprattutto di ferro. Ma poiché un terzo delle esportazioni norvegesi riguarda il petrolio e il gas (solo l'Arabia Saudita e la Federazione Russa esportano più petrolio della Norvegia), il bilancio economico nazionale dipende in misura notevole dall'industria petrolifera e dal prezzo internazionale del greggio. Forte dell'esperienza dolorosa della crisi del 1986 dovuta al drastico calo del prezzo del petrolio, la Norvegia ha rafforzato la ristrutturazione dei settori produttivi obsoleti, soprattutto la cantieristica, e ha provveduto a una vasta privatizzazione delle industrie statali. Ha anche investito in ricerca e innovazione degli impianti petroliferi diventando un'esportatrice di piattaforme e navi d'appoggio. In vista dell'esaurimento delle riserve tra una ventina d'anni è stata introdotta una politica di risparmio delle risorse petrolifere: i consumi interni sono garantiti completamente dall'energia idroelettrica, di cui è uno dei maggiori produttori mondiali, e l'estrazione alimenta solo le esportazioni. Parallelamente sono stati fatti ingenti investimenti all'estero per garantire la continuità degli approvvigionamenti e anche per ridurre gli elevati costi di estrazione. Pur non aderendo alla UE le sue esportazioni sono prevalentemente rivolte verso i Paesi membri di cui è uno dei più importanti partner. Il benessere economico del Paese deriva anche dal basso livello di disoccupazione (il 2,6%, 2008) e dall'altrettanto basso tasso d'inflazione, accompagnato nel 2002 da una riduzione del tasso d'interesse che lo ha portato ai livelli più bassi dal dopoguerra. Ciò ha stimolato sia i consumi sia gli investimenti. Comunque, dopo un periodo di crescita molto stentata (2002-2003) il 2004 ha realizzato una crescita del PIL del 3,9% e ciò sembra abbia fatto entrare l'economia norvegese in un piccolo boom.

Economia: agricoltura, foreste, allevamento e pesca

Le attività primarie, agricoltura, pesca, silvicoltura, occupano un'aliquota limitata di manodopera (5,3%) e partecipano per una parte ancora minore alla formazione del reddito (1,2%), in maniera però del tutto simile a tutti gli Stati industrializzati. Tuttavia in Norvegia l'agricoltura presenta aspetti problematici connessi sia con la latitudine alla quale si trova il Paese (che rende difficile la coltivazione di numerose specie), sia con l'esigua estensione della sua superficie coltivabile. La superficie agricola utilizzata (SAU) rappresenta solo il 3,5 % del territorio continentale della nazione ed è concentrata in quattro aree limitate, poste prevalentemente a S: l'area circostante al fiordo di Oslo (Oslofjord) e lungo la valle del fiume Glomma, il principale del Paese che vi confluisce; la costa meridionale del fiordo Bokna (Boknafjord), entroterra agricolo della città di Stavanger; la costa del fiordo Hardanger (Hardangerfjord), a S della città di Bergen e l'area del fiordo Trondhelms (Trondhelmsfjord) nel centro del Paese e circostante alla città Trondheim. Nell'arcipelago delle Lofoten, solo l'isola Vestvägøi è dotata di un terreno sfruttatibile dal punto di vista agricolo. Di tutta l'area disponibile, più della metà è adibita alla produzione di foraggio per l'allevamento di tipo stallivo del bestiame, che garantisce quasi la totalità della produzione di carne e latticini consumata nel Paese. Il patrimonio zootecnico comprende quasi un milione di capi bovini di razze selezionate per un'elevata produzione di latte, quasi due milioni e mezzo di capi ovini, in costante crescita, che transumano stagionalmente nelle isole e che producono una buona qualità di lana, mezzo milione di capi suini, in diminuzione, e tre milioni di volatili. Le altre produzioni agricole più importanti sono cereali, soprattutto orzo, frumento e avena; patate, legumi, ortaggi e frutta. La struttura agraria è dominata dalla piccola proprietà contadina che però si avvantaggia di una buona rete di cooperative, della vicinanza dei mercati cittadini e della politica di sostegno dei prezzi e dei forti sgravi fiscali. Ne risulta una discreta redditività delle aziende agricole e una buona capacità di modernizzazione delle colture e delle tecniche produttive. La Norvegia produce ogni anno ca. 8 milioni di m3 di legname, che esporta insieme a derivati della pasta di legno, quali compensati e soprattutto carta. La più caratteristica e tradizionale attività norvegese è tuttavia la pesca il cui prodotto, pur variando a seconda degli anni e delle contingenze, si mantiene sostanzialmente attorno a 3 milioni di tonnellate, così da coprire la quasi totalità del consumo nazionale e da garantire una quota importante di pescato per l'esportazione (la Norvegia è al primo posto nel mondo per l'esportazione del pescato). A ciò concorrono preziose competenze umane, istituzionali e ambientali, quali una lunga tradizione ancora viva di pesca artigianale, l'apporto notevole delle sovvenzioni statali, una buona rete di cooperative, ma soprattutto la grande pescosità delle acque marine norvegesi. Bassa temperatura, limitata profondità che permette la penetrazione della luce per far vivere il plancton e, più al largo, l'incontro tra correnti calde e fredde che garantiscono l'ossigenazione, fanno del mare che circonda la Norvegia una grande risorsa per il Paese. L'area più pescosa è quella oltre il circolo polare artico, presso le isole Lofoten dove prevalgono il merluzzo e il nasello, mentre a S si trovano l'aringa e in misura minore lo sgombro; presso Stavanger è diffuso lo spratto (Clupea sprattus), localmente noto come acciuga o sardina norvegese. I norvegesi partecipano anche alla grande pesca atlantica; il pesce, una volta sbarcato, viene sottoposto a una prima lavorazione, per essere poi avviato alle grandi industrie di trasformazione, ubicate principalmente a Bergen, Trondheim e Stavanger. Accentuate sono la specializzazione e la capacità produttiva nella catena del freddo, che sostengono un'apprezzabile presenza sui mercati esteri. Grande affermazione ha avuto nell'ultimo decennio del sec. XX l'acquicoltura, praticata con impianti moderni soprattutto nei fiordi più riparati: essa ha consentito in particolare un forte incremento delle trote salmonate e dei salmoni, oltre che dell'esportazione di questi ultimi a prezzi contenuti.

Economia: risorse minerarie e industria

L'abbondanza del potenziale idroelettrico fece, come si è detto, la fortuna dell'economia norvegese; a partire dal 1971 (anno in cui entrarono in attività) i giacimenti di idrocarburi del settore norvegese del Mare del Nord – a Statfjord, Frigg, Ekofisk ecc. – hanno fornito al Paese un'ulteriore e assai cospicua base energetica (già dal 1975 capace di soddisfare il fabbisogno interno) nonché apporti valutari molto rilevanti. La politica governativa è tuttavia quella di contenere entro limiti ben precisi l'impiego, almeno interno, di tale fonte di ricchezza; la stessa produzione d'energia elettrica è per oltre il 99% di origine idrica, mentre il petrolio viene avviato essenzialmente all'esportazione. Uguale destinazione è quella del gas naturale, che vanta nel bacino di Tröll il più grande giacimento del mondo, destinato a rifornire in misura crescente i Paesi della UE. L'estrazione è controllata per il 20% in forma esclusiva da imprese norvegesi, per la parte rimanente associate a compagnie straniere (soprattutto francesi) e con significative quote di partecipazione statale; anche per la conformazione del fondale antistante la costa norvegese, l'esportazione avviene principalmente per mezzo di oleodotti e metanodotti sottomarini che collegano direttamente i giacimenti alle aree di destinazione finale (Teeside in Gran Bretagna, Emden in Germania). Gli addetti al settore sono concentrati per metà nella contea di Rogaland, derivandone solo per la parte estrattiva ca. 1/4 del prodotto industriale lordo. Se si eccettuano i minerali energetici, tra cui si possono includere modesti quantitativi di carbone estratto dalle Svalbard, nel complesso la Norvegia non possiede risorse minerarie di particolare rilievo; ben rappresentato è però il ferro (1,1 milioni di tonnellate di ferro contenuto), cui si aggiungono le piriti e, in più modesta misura, minerali di rame, zinco, piombo, vanadio, molibdeno, titanio ecc. L'industria norvegese non è molto diversificata, basandosi sulle produzioni che richiedono elevati apporti energetici, come la metallurgia e la chimica, nonché sulla lavorazione dei prodotti ittici e forestali. L'ubicazione delle imprese privilegia le regioni meridionali; tuttavia, data la vicinanza ai mercati e il miglior accesso alle vie di comunicazione, sono sorti stabilimenti anche in altre aree, in quanto il Paese tende a realizzare uno sviluppo regionale abbastanza uniforme. L'industria metallurgica lavora in buona parte minerali d'importazione: pur priva di bauxite, la Norvegia è per esempio uno dei primi produttori del mondo di alluminio. Si lavorano inoltre minerali di rame, piombo, manganese, zinco; sviluppata è anche la siderurgia (ghisa, ferroleghe e acciaio), alimentata da minerale nazionale. L'industria meccanica opera nei settori degli autoveicoli, dei macchinari in genere, ma soprattutto in quello cantieristico, tradizionale e di grande prestigio (con cantieri a Oslo, Moss, Stavanger, Bergen, Trondheim ecc.), per il quale la Norvegia figura ai primissimi posti su scala mondiale. Buono sviluppo hanno anche le industrie chimiche (acido solforico, cloridrico e nitrico; soda caustica, fertilizzanti azotati, materie plastiche ecc.) e quelle petrolchimiche; le raffinerie di petrolio hanno una capacità di raffinazione praticamente adeguata ai quantitativi di greggio estratto. Come si è detto, tradizionale e attiva industria è quella legata allo sfruttamento forestale, e del pari, nell'ambito alimentare, il settore che riguarda la lavorazione del pesce; tuttavia l'industria alimentare è nel complesso discretamente rappresentata (complessi lattiero-caseari, birrifici ecc.).

Economia: comunicazioni e commercio

Data la conformazione del Paese, le comunicazioni sono oltremodo difficili; e poiché l'area vitale è sulle coste, ecco l'importanza delle comunicazioni marittime, di cabotaggio per i collegamenti interni, ad ampio raggio e, naturalmente, per quelli esterni. Relativamente poco sviluppata è la rete ferroviaria (ca. 4100 km), che è concentrata quasi unicamente nel S, ma che si spinge sino a Bodø, capoluogo del Nordland. Anche la rete stradale (91.910 km di cui 67.473 asfaltati) è fortemente condizionata dalla morfologia della Norvegia; tuttavia è possibile raggiungere abbastanza facilmente Capo Nord in auto. Diffusissime sono invece le comunicazioni aeree; fra i numerosi aeroporti ricordiamo quelli di Fornebu (Oslo) e di Flesland (Bergen). Dei grandi porti oceanici – Oslo, Trondheim, Bergen ecc. –, nei quali converge il sistema di comunicazioni terrestri, come pure della cospicua flotta norvegese. Riguardo a quest'ultima, oltre la sua modernità, è da ricordare la funzione svolta per il tramite dei noli: essa è infatti in parte significativa al servizio di altri Paesi (principalmente la Svezia); fra i porti maggiori la capitale è seguita da Bergen e Trondheim. Il commercio è per la Norvegia una vitale necessità, data la povertà delle risorse naturali; il Paese importa soprattutto macchinari e mezzi di trasporto, minerali per i propri complessi metallurgici, prodotti industriali vari (chimici, tessili, alimentari ecc.); le esportazioni riguardano principalmente petrolio e gas naturale (per ca. il 40% del totale), quindi metalli non ferrosi, imbarcazioni, ferro e acciaio, pesce e suoi preparati, carta e pasta di legno. L'interscambio si svolge eminentemente con la Gran Bretagna, seguita dalla Svezia e dalla Germania; gli scambi con Paesi della UE hanno ormai raggiunto nel complesso la quota del 70% del totale, facendo sentire sempre più pressante dall'inizio degli anni Novanta l'opportunità di ricercare più strette forme di integrazione economica. La bilancia commerciale ha registrato, grazie al petrolio, un saldo attivo o un passivo contenuto. Oltre che dai noli, ulteriori introiti vengono alla Norvegia dal turismo (2.000.000 nel 2004), la cui bilancia dei pagamenti risulta negativa a causa dei viaggi all'estero dei norvegesi.

Preistoria

Coperto dalla coltre glaciale per tutto il Pleistocene, il territorio norvegese poté essere abitato soltanto dopo il X millennio a. C.: le più antiche testimonianze della preistoria norvegese sono perciò riferibili ai tempi epipaleolitici, in cui primeggiano i due aspetti culturali di Fosna e di Komsa, del gruppo Finnmarkiano. Più copiosi i resti appartenenti al Neolitico, epoca alla quale si riferisce soprattutto la cultura detta dei vasi a imbuto e a cui possono farsi risalire le più arcaiche incisioni rupestri, rappresentanti soprattutto figure animali e imbarcazioni; il maggior numero dei petroglifi risale però alle successive Età del Bronzo e del Ferro in cui gli aspetti culturali norvegesi non presentano una spiccata fisionomia, ma rientrano nei complessi coevi degli altri Paesi scandinavi.

Storia: il dominio della Danimarca

Nell'alto Medioevo la Norvegia non aveva una struttura politica uniforme: diversi signorotti locali, che esercitavano insieme l'autorità di sovrani e di capi religiosi, governavano una popolazione di abili navigatori e cacciatori, costituita da gruppi germanici, qui migrati dalle terre di origine, e da indigeni, probabilmente di razza finnica. Nel sec. VIII la Norvegia cominciò a caratterizzarsi come entità autonoma e a organizzare le grandi spedizioni vichinghe. I vari gruppi politico-sociali norvegesi si unirono sotto la sovranità di Aroldo I che nell'872 si assicurò la supremazia del Paese. La sua opera fu continuata dal figlio minore Haakon I Adalstersfostre (945-960 ca.), ma il vero unificatore del Paese è considerato Olaf I (995-1000) che introdusse in Norvegia il cristianesimo, primo contatto dei nordici con la civiltà europea. La cristianizzazione del Paese fu completata da Olaf II detto il Santo (1016-30), più tardi canonizzato e riconosciuto patrono della Norvegia, caduto nella battaglia di Stiklestad contro il re Canuto di Danimarca che nel 1028 unì temporaneamente la Norvegia ai suoi domini. Morto Canuto (1035), il figlio di Olaf II, Magnus I il Buono (1035-47), esule nel principato di Kiev, riacquistò il trono e l'indipendenza della Norvegia e assoggettò per breve tempo (1042-47) la Danimarca sotto il suo regno; durante tutto il sec. XI la struttura sociale del Paese assunse a poco a poco le caratteristiche di un regime feudale, con la divisione dei beni tra la corona, la nobiltà e il clero. Il successore di Magnus I, Aroldo III (1047-66), tentò la conquista dell'Inghilterra, ma fu ucciso a Stanfordbridge. Olaf III (1066-93), che nei primi tre anni governò con il fratello Magnus II, fu soprannominato il Pacifico perché alle battaglie preferì una politica di espansione commerciale, favorendo la stabilizzazione della popolazione, la costruzione di nuove città, l'ampliamento delle vecchie e cercando di assicurarsi l'appoggio della Chiesa. I suoi successori Magnus III (1093-1103) e Sigurd Jorsalfar (1103-30) diedero notevoli contributi di uomini e navi alle crociate in Terrasanta. Alla morte di Sigurd I e per più di un secolo aspre guerre civili, tra la dinastia regnante degli Ynglings e altre potenti casate, e violente rivolte contadine sconvolsero il Paese; solo Sverre Sigurdsson (1184-1202) riuscì a contenere in parte il grande potere raggiunto dalla nobiltà e dal clero (nel 1164 era stato l'arcivescovo di Nidaros, oggi Trondheim, a incoronare l'infante Magnus V). L'ordine di successione al trono venne finalmente regolato con un'apposita legislazione da Haakon IV (1217-63) e da Magnus VI Lagabøter (1263-80) che promulgò anche un codice di leggi più favorevoli ai contadini. Ma già con Erik II (1280-99) ricominciò un lungo periodo di decadenza; in particolare il commercio marittimo iniziò a risentire fortemente della concorrenza della Lega Anseatica. L'ultimo re nazionale, Haakon V (1299-1319), tentò di salvare il regno con un forte governo personale, ma per il matrimonio di sua figlia Ingeborg con Erik di Svezia, la corona norvegese, insieme a quella svedese, passò a Magnus Eriksson (1319-43) e poi al figlio di questi, Haakon VI (1343-80); la Norvegia riebbe in parte la sua indipendenza, ma fu travagliata da epidemie e lotte civili. Haakon VI cercò allora l'aiuto della Danimarca e nel 1363 sposò Margherita, figlia di Valdemaro IV re di Danimarca, provocando la secessione della Svezia. Il figlio di Haakon VI e di Margherita, Olaf, divenne re di Danimarca nel 1375 e re di Norvegia nel 1380, ma morì minorenne (1387). Le due corone furono allora assunte dalla madre che nel 1397 riuscì a succedere anche al trono di Svezia, costituendo così l'Unione di Kalmar e ponendo a capo dei tre regni Erik di Pomerania. L'amministrazione della Norvegia, soprattutto dopo la morte di Margherita (1412), fu completamente monopolizzata dai funzionari danesi, i commerci furono più che mai asserviti all'Hansa che dal 1343 aveva in Bergen la sua roccaforte, il disagio economico provocò frequenti rivolte di contadini (gravissima quella del 1435), ma, tranne brevi tentativi separatisti (nel 1449-50 la Norvegia riconobbe suo re Carlo VIII di Svezia, rivale di Cristiano I di Danimarca), l'unione della Norvegia con la Danimarca durò sino al 1814. Non fu sempre un'unione pacifica. Nel sec. XVI essa fu turbata dall'avvento della Riforma. La Norvegia dopo aver tentato invano di opporsi al luteranesimo introdotto da re Federico I (1523-33), il che avrebbe potuto costituire il punto di partenza per una riscossa nazionale, finì con l'adattarvisi: nel 1536 il luteranesimo aveva vinto e, data la maggior dipendenza dallo Stato della Chiesa luterana rispetto al cattolicesimo, la Norvegia fu ridotta praticamente a una provincia danese. Seguì un periodo di decadenza sia della nobiltà locale sia della borghesia e danesi furono i feudatari, gli amministratori e persino la lingua del governo, del commercio, dell'insegnamento, mentre il norvegese si dissolveva in dialetti rurali. Una ripresa economica si ebbe con l'invenzione della sega azionata ad acqua che facilitò il taglio del legname, per cui i contadini si arricchirono e si formò, soprattutto a Bergen, una classe borghese: il che affrettò la decadenza già in corso dell'Hansa. Positivo fu il governo di Cristiano IV (1588-1648), che riaffermò i diritti della Norvegia sulla Groenlandia e sui Lapponi del Finnmark, valorizzò la scoperta di alcune miniere di ferro e argento, organizzò un piccolo esercito norvegese e fece ricostruire Oslo, distrutta dal fuoco, ribattezzandola Cristiania. Però la guerra dei Trent'anni, in cui Cristiano IV si buttò a capofitto, danneggiò la Norvegia, che nel 1645 perdette a favore della Svezia lo Jämtland e lo Härjedalen e nel 1658 il Baaluslen; invece la regione di Trondheim, perduta nel 1658, fu riconquistata dalla Norvegia nel 1660, il che evitò la divisione del Paese in due tronconi. Nel 1660 la monarchia divenne ereditaria confermando una tradizione norvegese inesistente in Danimarca, dove la corona era, invece, elettiva: questo mutamento giovò ai norvegesi che si videro parificati nei propri diritti ai danesi. Tale legge e lo sviluppo della marina mercantile contribuirono al sopraggiungere di un periodo relativamente lungo di pace dopo il 1660, turbato solo dalla breve bufera dell'invasione di Carlo XII di Svezia (1716-18), che fu contrastata dall'audacia d'un giovane comandante norvegese detto Tordenskiold e che terminò con la morte di Carlo a Fredrikshald.

Storia: l'unione svedese

I primi settant'anni del sec. XVIII videro una rinascita culturale della Norvegia che non coincise con uno sviluppo altrettanto felice delle attività commerciali e comportò un impoverimento dei contadini affittuari a vantaggio dei proprietari. Nacquero, alla fine del secolo, aspirazioni nazionali il cui centro fu Trondheim. Negli ultimi trent'anni si ebbero, sotto l'influenza dell'illuminismo, riforme imposte dall'alto, ma anche agitazioni dei norvegesi che reclamavano varie concessioni ma ottennero solo il libero commercio del grano e la soppressione della tassa di registro. Le guerre iniziate dalla Francia rivoluzionaria dapprima giovarono poi nocquero alla Norvegia: provocarono infatti un aumento della vendita di legname per la costruzione di navi e diedero incremento al nazionalismo norvegese. Ma quando re Federico VI (1808-39) si schierò con Napoleone, fu imposto il blocco inglese alle coste della Norvegia, che si trovò ridotta alla fame. I norvegesi su piccole navi poterono danneggiare il commercio britannico, e più tardi, quando il re ebbe dichiarato guerra alla Svezia, essi respinsero da soli l'invasione svedese. Ciò diede loro coscienza della propria forza e cominciò a entrare nelle menti dei norvegesi l'idea ch'essi avrebbero potuto staccarsi dalla Danimarca e unirsi alla Svezia. Tale idea trovò consenziente il principe ereditario di Svezia, maresciallo Bernadotte, che guerreggiò contro la Danimarca, sempre fedele a Napoleone, e con la Pace di Kiel (14-15 gennaio 1814) ottenne che la Norvegia, senza però la Groenlandia, l'Islanda e le Fær Øer, fosse unita alla Svezia. I norvegesi in quello stesso anno si diedero una Costituzione modellata su quella francese del 1791 e tentarono anche di avere un loro re eleggendo Cristiano (poi VIII di Danimarca), ma non vi riuscirono: Bernadotte promise di rispettare la Costituzione norvegese e il 4 novembre 1814 Carlo XIII di Svezia (m. 1818) fu eletto re di Norvegia. Gli anni che seguirono il 1815 furono anni di miseria a causa della politica economica inglese e della concorrenza del legname dei Paesi baltici: solo nel 1842, con la stabilizzazione della moneta, la situazione migliorò ma nel frattempo molti norvegesi avevano dovuto emigrare in America. Con l'abolizione da parte della Gran Bretagna (1849) dell'Atto di Navigazione l'attività marittima della Norvegia aumentò di colpo e la cresciuta prosperità dell'agricoltura contribuì ad aumentare il benessere, non turbato né dalla guerra dei Ducati (1848 e 1864) né da quella di Crimea (1854-56), dalle quali Norvegia e Svezia rimasero fuori. Frattanto la Norvegia si segnalava per significative conquiste sociali, civili e artistiche. Tutto ciò rese insopportabile al Paese la constatazione d'essere in una posizione subordinata rispetto alla Svezia e sul problema dei consolati all'estero, che i norvegesi volevano separati da quelli svedesi, avvenne la rottura dell'unione: il 7 giugno 1905 il ministro Michelsen, approfittando d'una crisi ministeriale svedese, fece dichiarare dal Parlamento norvegese (Storting) la decadenza di re Oscar II (1872-1907) il quale il 26 ottobre accettò il fatto compiuto. Il primo re della Norvegia dei nostri tempi fu Carlo di Danimarca, genero di Edoardo VII d'Inghilterra, che il 18 novembre 1905 salì al trono col nome di Haakon VII. Durante il lungo regno di questo sovrano, che morì nel 1957 (e a cui succedette il figlio Olaf V), furono combattute le due guerre mondiali. Durante la prima la Norvegia rimase neutrale ed ebbe a soffrire per il controllo navale inglese e per la perdita di quasi la metà della sua flotta mercantile, ma guadagnò molto per il rincaro, sui mercati mondiali, del prezzo dei noli marittimi e del pesce, e ottenne nel 1920 dall'Intesa l'autorizzazione a occupare le Svalbard, annesse poi nel 1925. Nella seconda guerra mondiale, invece, la Norvegia fu invasa il 9 aprile 1940 dai tedeschi, appoggiati dal capo dei nazisti norvegesi, Quisling. Dopo breve ma eroica lotta il re e i ministri dovettero fuggire in Inghilterra mentre da un lato i norvegesi conducevano un'efficiente guerra partigiana e dall'altro Quisling diveniva capo d'un governo fantoccio filohitleriano. Dopo la sconfitta della Germania (1945) Haakon VII rientrò in patria e Quisling venne fucilato (24 ottobre 1945). Durante il periodo della guerra fredda, abbandonando la sua tradizionale neutralità, la Norvegia aderì alla NATO (14 aprile 1949).

Storia: la politica interna dal dopoguerra

Il predominio del Partito laburista, incontrastato sino al 1965, anno in cui si costituì un governo di coalizione che rimase alla guida del Paese sino al 1971, subì un ulteriore colpo nel 1972, dopo il referendum popolare che respinse con il 53,9% dei voti l'adesione della Norvegia alla CEE (25 settembre). Ricostituitasi una coalizione governativa di sinistra nel 1973, questa superò con successo anche le elezioni del 1977, ma nel settembre 1981 la vittoria elettorale del Partito conservatore, per la prima volta dal 1928, vide alla guida del Paese un governo conservatore, retto dal premier Kåre Willoch. Tornato nuovamente al potere, nel 1986, il Partito laburista con una formazione di governo minoritaria, guidata dalla signora Gro Harlem Brundtland, la Norvegia si preparava a far fronte a un periodo di instabilità politica, caratterizzato dall'alternanza delle coalizioni governative e dalla crescente incidenza nel dibattito interno dei temi della gestione dell'economia. Nel frattempo, l'avvicinamento alla CEE dettato dalla decisione di legare il corso della corona all'ECU (ottobre 1990), induceva nel 1992 il Parlamento a richiedere l'adesione alla Comunità Europea, passo sconfessato dai risultati del referendum consultivo del 1994 che rivelavano la fortissima ostilità dell'elettorato al processo di integrazione europea. Nell'ottobre 1996, dimessasi per motivi personali il primo ministro Brundtland, il re Harald V, succeduto al padre il sovrano Olaf V deceduto nel gennaio 1991, nominava alla guida del governo T. Jagland, leader del Partito laburista. L'anno successivo, in seguito alle elezioni politiche, che avevano segnato una perdita di consenso da parte dei socialdemocratici, Jagland era costretto a rassegnare le dimissioni. Veniva nominato a capo del nuovo governo di minoranza il leader del Partito cristiano Kjell Magne Bondevik, sostituito poi con nomina reale nel marzo 2000 dal premier del Partito laburista Jens Stoltenberg. Ben presto però anche questi, sostenitore del sistema del welfare, doveva lasciare l'incarico: svoltesi le elezioni politiche nel settembre 2001, queste decretavano una netta sconfitta dei laburisti e premiavano il Partito conservatore di Jan Petersen, promotore di una riduzione delle tasse per consentire maggiori investimenti produttivi interni. Successivamente veniva formato il nuovo governo, composto da una coalizione di centro-destra, guidata dall'ex premier Kjell Magne Bondevik, che nel biennio 2002-2003 riscuoteva successo a livello internazionale con l'opera di mediazione svolta per risolvere la situazione di guerra civile nello Sri Lanka. Nel novembre 2003, però, la Norvegia sopspese questa mediazione in seguito a disaccordi con la leadership dello Sri Lanka. Nel 2005 le elezioni politiche venivano vinte dali partiti di centro-sinistra e veniva nominato capo del governo Jens Stoltenberg. Nel 2007 il Parlamento modificava la Costituzione abolendo il bicameralismo; il nuovo sistema monocamerale verrà applicato a partire dalle elezioni del settembre 2009, vinte, ma con una differenza di pochi seggi dalla colalizione di centro-sinistra guidata dal primo ministro J. Stoltenberg. Nel 2011 il Paese veniva sconvolto da terribili attentati compiuti dall'estremista Anders Brevick, che causarono la morte di 77 persone. Nel settembre del 2013 la coalizione di centro destra guidata da Erna Solberg vinceva le elezioni politiche.

Cultura: generalità

Lo spettacolo mozzafiato dell'aurora boreale, il sole a mezzanotte, i fiordi, le isole silenziose, i pendii rocciosi, gli altopiani enormi e i boschi infiniti fanno della Norvegia un luogo intensamente evocativo, dove all'eleganza della natura, alla forza delle stagioni, si accompagna ancora la magia dei miti e della storia. Molti sono i ritrovamenti archeologici che hanno riportato alla luce testimonianze d'arte rupestre preistorica o antichi tesori vichinghi, il più antico è relativo a un insediamento sull'isola di Magerøya nella regione settentrionale del Finnmark, risalente a ca. 12.000 anni fa. Altrettanti sono i legami tra la cultura dei norvegesi e il loro modo di vivere la natura, vero simbolo nazionale, e forte componente dell'identità del luogo. La venerazione per il paesaggio incontaminato delle montagne, la passione per gli sport all'aria aperta (le scuole organizzano periodi obbligatori sugli sci), per la vita semplice, a volte persino un po' “spartana”, scaturiscono da considerazioni ideologiche e morali a sfondo culturale, in questo Paese di fede luterana dove la religione ha abbracciato l'amore per la natura esaltandone i simboli e le valenze di spiritualità, raccoglimento e riflessione. Si tratta di territori dove i monumenti e i lasciti della storia umana vengono considerati all'interno di un contesto ampio e armonico, nel quale tutti gli elementi formano un insieme unitario che racconta la vita della gente comune in epoche remote. Ne sono un esempio il complesso agricolo Havrå, il monastero di Utstein, l'insediamento sami Neiden, le miniere d'argento di Kongsberg, mentre altri progetti riguardano la Restaurazione della Via del Pellegrino, la Conservazione dei Monumenti e dei Siti lungo la Costa e il Piano di Salvaguardia dei Fari. Se gli ultimi due progetti sono nati per tutelare aree costiere di interesse storico il cui deterioramento comporterebbe la perdita di una parte importante della tradizione marinara e culturale norvegese, il primo è teso a far rivivere i tracciati utilizzati dai pellegrini medievali per raggiungere la Cattedrale di Nidaros (oggi chiamata Trondheim), dove erano conservate le reliquie di sant'Olav. In Norvegia esistono sette siti dichiarati dall'UNESCO per il Patrimonio Mondiale dell'Umanità: Bryggen, il vecchio molo di Bergen con le sue caratteristiche case spioventi e parallele costruite davanti al mare in uno stile architettonico inconfondibile che risale a mille anni fa (1979); la cittadina mineraria di Røros, dall'antica e tradizionale pianta quadrata rinascimentale (1980); le incisioni rupestri di Alta, scoperte per caso nel 1973, e realizzate in un lungo arco di tempo compreso tra circa 6000 e 2500 anni fa (1985); la stavkirker di Urnes, edificata nella seconda metà del 1100, dagli interni decorati con insolito sfarzo (1979); Vegaøyan, l'arcipelago di Vega, formato da dozzine di isolette poco a sud del Circolo Polare Artico, che custodiscono testimonianze della frugale vita di pescatori e agricoltori negli ultimi 1500 anni (2004); l'arco geodetico di Struve, che si sviluppa sul territorio di dieci paesi (2005); il sito di archeologia industriale di Rjukan-Notodden, immerso in un suggestivo panorama di montagne, fiumi e cascate (2015).

Cultura: tradizioni

Non molte sono le feste di antica tradizione, tuttavia esse continuano a essere celebrate con gli antichi riti. Nei giorni dell'Avvento, per esempio, è consuetudine piantare nei cortili pali e rami carichi di avena, che la leggenda vuole destinata al cavallo e al corvo di Odino. A Natale è uso scambiarsi come augurio di prosperità la maschera di una testa di caprone con le corna intrecciate di paglia. Il 21 gennaio viene celebrato il “giorno del sole”, cioè la fine della lunga notte polare. Il solstizio d'estate è rallegrato da fuochi notturni e da balli: famosi lo springar e il gangar accompagnati dal tele (una specie di violino) con corde in parte di metallo e in parte di budello e dalla langleik, una specie di cetra. Il giorno della Costituzione (17 maggio) coincide con la sfilata degli studenti che conclude la settimana delle “notti bianche” celebranti la conquistata licenza liceale. Ancora il 17 maggio, nel corso dei festeggiamenti per la Costituzione a Oslo giungono da ogni parte del Paese uomini e donne che indossano il costume tradizionale, il bunad, elaborato e diverso a seconda della contea di origine, ma sempre preziosamente ricamato. Indossato quotidianamente fin dopo la seconda guerra mondiale, oggi la gente lo usa soprattutto per partecipare ai matrimoni. Nel periodo della mietitura i contadini festeggiano la legatura dello “spirito del grano” e confezionano con alcuni mannelli una figura antropomorfa che gettano poi come auspicio di buon raccolto nei campi non ancora mietuti. Vivissimo anche qui, come negli altri Paesi scandinavi, il culto dell'“albero custode” spesso innalzato presso le fattorie, in mezzo alle tombe degli avi. Molto vive sono ancora le leggende intorno ai tumuli preistorici, dimore di folletti, elfi e troll e quelle sui giganti, alle quali fanno riferimento esplicito i miti attorno alla figura del santo re Olaf, secondo re cristiano della Norvegia che avrebbe combattuto strenuamente contro di essi, nemici della nuova fede. Numerosissime le tradizioni legate al mare. In ottobre i villaggi dei fiordi da Oslo a Trondheim rimangono popolati di sole donne. Gli uomini si dedicano per sei mesi alla pesca. Lungo le coste si fanno grandi feste a maggio al loro rientro. La casa, fatta di legno, è composta da tante unità separate per le varie attività: officina, granaio, rimessa ecc. Una grande abilità e un'antica tradizione caratterizzano l'artigianato norvegese, nei confronti del quale l'interesse è andato via via crescendo a partire dagli anni Settanta, spostando sempre più l'asse della passione verso il valore artistico degli oggetti anziché verso la loro funzione. Numerose fiere internazionali del settore si svolgono nelle città più grandi, in occasione delle quali il Paese mostra la sua perizia artigianale nel legno, negli ori, nei vetri, nei tessuti, nelle ceramiche, nelle porcellane, riscontrabile anche in luoghi altri, dove il tempo non ha cancellato i segni dell'ingegno umano. Ne sono un esempio gli interni delle chiese medievali in cui è possibile ammirare meravigliosi pulpiti intagliati (i norvegesi sono da sempre esperti artigiani del legno con cui oltre ai mobili fanno suppellettili di ogni genere), od oggetti religiosi in rame e argento finemente cesellati. E proprio in una vecchia chiesa venne ritrovato il celebre tappeto di Baldishol, oggi conservato nel Museo di Oslo, realizzato da un artista anonimo alla fine del sec. XII, probabilmente in origine composto da 12 motivi ognuno per ogni mese dell'anno, dei quali sono giunti sino a noi solo quelli dedicati ad aprile e maggio. Ma la decorazione tradizionale dei tessuti norvegesi, oltre a quella detta “figurata”, è soprattutto la “pittura a rose”, un tempo tipica delle zone di campagna e dell'arte popolare. § La cucina norvegese, in cui dominano il pesce, sia fresco sia affumicato, e i dolci, si ispira a una concezione di vita semplice. La colazione (frokost) è piuttosto abbondante, a base di uovo, formaggio (specialmente Gudbrandsdalsost), cetrioli, pomodori e aringhe marinate; ma il pasto più importante della giornata è il middag, costituito da pesce, carne o pasta, accompagnati da patate bollite e verdure (cavolo, rapa, carote, cavolfiori), che si consuma tra le 16 e le 18. Tra i piatti di carne i norvegesi preferiscono il manzo, l'agnello, l'alce o la renna, però tutti consumano la spekemat (carne essiccata come nell'antica tradizione di conservazione del cibo) e il lapskaus, stufato di carne con verdure, tipica pietanza dei matrimoni, tanto quanto il cappone con contorno di caviale delle feste popolari. Ma il vero re della tavola è il pesce: laks (salmone affumicato, gravat laks, marinato in zucchero, sale, brandy e aneto), reker (gamberetti bolliti), torsk (merluzzo), steinbit (pesce gatto), sild (aringa, in genere servita marinata con cipolla, senape o salsa di pomodoro), torrfisk (stoccafisso), lutefisk (merluzzo essiccato e tenuto in ammollo nella potassa, piatto natalizio per eccellenza), rakfisk (trota fermentata), fiskebollur (polpette di merluzzo e sgombro), fiskesuppe (zuppa di pesce), i norvegesi conoscono questi e tanti altri modi per prepararlo e consumarlo. Tra i dolci tipici ricordiamo soprattutto il flatbrød, cialda croccante non lievitata, il lefse, dolce alla piastra non zuccherato, la lumpe e il kumpe, frittella la prima, bombolone il secondo, entrambi a base di farina di patate. I norvegesi amano molto il caffè (introdotto in Norvegia a metà del sec. XVIII), che bevono in grande quantità, ma nel Paese sono molto diffusi anche il tè, la birra (soprattutto la pils lager) e l'acquavite (akevit), bevanda alcolica nazionale.

Cultura: letteratura. Le origini

Le origini della letteratura norvegese sono intimamente connesse con la letteratura norrena nata in Islanda per opera di esuli norvegesi, i quali curarono e mantennero viva l'eredità letteraria dei padri, che si ritrova quasi intatta nell'Edda e nella poesia scaldica. Intimamente legate alla letteratura norvegese sono le saghe islandesi sui re norvegesi della raccolta Heimskringla di Snorri Sturluson (1179-1241), massimo rappresentante della letteratura norvego-islandese. Col declino della Norvegia come potenza politica decadde anche la letteratura e il sec. XIII fu caratterizzato da opere politiche e da libere traduzioni in prosa dei poemi cavallereschi. Del 1200 ca. è l'opera di polemica politica Discorso contro i vescovi con cui la Norvegia diede un interessante contributo al conflitto fra Chiesa e Stato; e nel 1276, per opera del sovrano Magnus Lagabøter, i codici giuridici precedenti furono fusi in una sola legge valida per tutto il Paese. L'unione con la Danimarca (1387) portò presto alla sottomissione della Norvegia anche in campo linguistico. I sec. XIV e XV furono abbastanza poveri dal punto di vista economico, politico e nazionale e ciò si rifletté anche nella letteratura, per lo più rappresentata da ballate di impronta feudale e continentale, di vita cavalleresca e d'infelici storie d'amore; oltre a queste canzoni cavalleresche, di cui la più celebre è Bendik e Aarolilja che si rifà alla vicenda di Tristano e Isotta, si ricordano le kaempeviser o ballate guerresche, che per il loro contenuto bellicoso si rifanno alle saghe islandesi. Completamente indipendente da questo filone è l'anonimo Canto del sogno (ca. 1300), molto vicino alla letteratura apocalittica europea del Medioevo. Col sec. XVI iniziò la ripresa economica e politica della Norvegia. Vari furono gli aderenti al movimento umanistico e tutti contribuirono a divulgare in patria le antiche opere scritte in Islanda e a far conoscere la storia e le tradizioni della Norvegia oltre i confini della Scandinavia. Fra questi Peder Claussøn Friis (1545-1614), traduttore della Heimskringla di Snorri, Hallvard Gunnarssøn (1545-1608) e Peter Dass (1647-1707), un pastore luterano che in Tromba del Nordland descrisse la natura e la vita della Norvegia settentrionale. Apparizione stimolante fu quella di Ludvig Holberg (1684-1754), nato a Bergen ma vissuto a Copenaghen, che si suole assegnare alla letteratura danese, ma che testimoniò il suo attaccamento alla terra natale in una Descrizione della Norvegia. Autori di un certo rilievo furono nella seconda metà del Settecento lo studente bohémien Johan H. Wessel (1742-1785), che nella commedia in alessandrini Amore senza calze (1772) parodiò la commedia di gusto francese, e il poeta Christian Braumann Thullin (1728-1765), che ambientò i suoi idilli pastorali sullo sfondo di paesaggi norvegesi. In questa fine secolo sugli interessi estetici predominarono quelli nazionalistici, connessi con le vicende storiche della nazione.

Cultura: letteratura. Il nazionalismo norvegese

Il periodo di massimo splendore della letteratura norvegese fu annunciato da Henrik A. Wergeland (1808-1845): figura fondamentale del nazionalismo norvegese, egli volle creare una cultura autenticamente norvegese, che si collegasse direttamente a quella antica, ignorando i quattrocento anni di dominazione danese. Gli si oppose Johan S. Welhaven (1807-1873) che proponeva una nuova cultura sulla base di quella danese preesistente. Parallelamente al risveglio nazionalistico crebbe anche l'interesse per lo studio delle tradizioni popolari, linguistiche e storiche: Peter Christian Asbjørnsen (1812-1885) e Jørgen Moe (1813-1882) pubblicarono in collaborazione la raccolta Fiabe popolari norvegesi (1842), Ivar Aasen (1813-1896) propugnò la creazione d'una nuova lingua nazionale, il landsmål sulla base dei dialetti rurali e Peter Andreas Munch (1810-1863) appoggiò la sua proposta, dimostrando l'esistenza di legami storici fra i dialetti rurali e il norreno. Camilla Collett (1813-1895) invece aprì la strada al realismo problematico, affrontando la questione della posizione della donna nel matrimonio e nella vita sociale. La corrente romantica, nel ribadire la necessità di creare un teatro nazionale norvegese, trovò i suoi massimi rappresentanti in Henrik Ibsen (1828-1906) e in Bjørnstjerne Bjørnson (1832-1910, premio Nobel per la letteratura nel 1903). Col dramma Catilina (1850), Ibsen annunciava la tematica dominante in tutti i suoi drammi romantici, da Brand (1866) a Peer Gynt (1867): la libertà individuale si consegue solo quando si scopre e si porta a termine la propria vocazione. L'incontro col critico danese G. Brandes (1842-1927) fu determinante per Ibsen, in quanto segnò il suo passaggio al realismo, in nome di un'arte che ponesse i problemi “sotto dibattito”. Nei nuovi drammi, Casa di bambola (1879), Spettri (1881), L'anitra selvatica (1884), i personaggi sono degli esseri deboli, spesso tormentati da secolari pregiudizi, dai quali riescono a liberarsi per affermare la propria libertà individuale e vivere una vita avulsa da ipocrisie e da compromessi. A differenza di Ibsen, Bjørnson fu completamente immerso nella situazione politica del momento e fu uno dei più acerrimi assertori dello scioglimento dell'unione con la Svezia. La sua prima produzione – Synnøve Solbakken (1857), Fra le battaglie (1857) e Re Sverre (1861) – consta di opere romantiche ispirate al Medioevo nordico e riconducibili al pensiero di Wergeland nell'affermazione dell'assoluta continuità fra i norvegesi del Medioevo e i contadini del sec. XIX. Successivamente, anche per adeguarsi alla problematica sociale dei suoi tempi, Bjørnson si volse al dramma borghese, senza però raggiungere l'intensità drammatica di Ibsen. Al periodo aureo della letteratura norvegese appartengono inoltre Jonas Lie (1833-1908) e Alexander Kielland (1849-1906). Autore di novelle ispirate alla vita di tutti i giorni, Lie è noto soprattutto per i romanzi sociali La famiglia di Gilje (1883) e Le figlie del comandante (1886); più idealista e comprensivo verso le sofferenze dell'uomo fu Kielland, che nei romanzi sociali si dimostrò un abile ritrattista della vita delle piccole città. Accanto a questi drammi a tesi ci furono le esperienze del determinismo pseudo-scientifico di Amalie Skram (1847-1905); di Arne Garborg (1851-1924) che, dopo una prima adesione al naturalismo, espresse la sua inquietudine religiosa di chiara impronta decadente; di Gunnar Heiberg (1857-1929), rappresentante della lucida razionalità del “dramma di idee”; del neoromantico Vilhelm Krag (1871-1933), che in prosa e in poesia cantò la natura, l'amore e la sua infanzia; di Sigbjørn Obstfelder (1866-1900), espressione di uno spirito sognatore e dubbioso; infine di Nils Kjær (1870-1924), rappresentante reazionario di un'epoca di transizione che ironizzò sul costume e sulla vita dei norvegesi, infatuati di progressismo e di tecnicismo. Le figure più eminenti del decadentismo norvegese furono Knut Hamsun (1859-1952, premio Nobel per la letteratura nel 1920) e Hans Ernst Kinck (1865-1926), che nei loro romanzi, essenzialmente sfoghi lirici, vollero descrivere i sentimenti dell'uomo quasi a livello del subconscio. K. Hamsun, che ottenne il successo col romanzo Fame (1880), affrontò vari filoni: polemico in Misteri (1882), epico in I germogli della terra (1917) e lirico nell'inno alla natura Pan (1894). Molto vicino ad Hamsun per le idee estetiche, sociali e politiche fu Kinck, che nei romanzi Gabriel Jahr (1902) ed Emigranti (1904) vagheggiò una razza nordica che primeggiasse sulle altre. La migliore autrice di romanzi storici di tutta la letteratura norvegese e una delle protagoniste del Novecento è Sigrid Undset (1882-1949, premio Nobel per la letteratura nel 1928), che in Kristin, figlia di Lavrans (1920-22) fa rivivere il Medioevo con tutte le sue contraddizioni.

Cultura: letteratura. La produzione contemporanea

L'industrializzazione e i problemi posti dal rapido processo di sviluppo sono fra i temi fondamentali della letteratura contemporanea. Opere di critica sociale scrissero Johan Falkberget (1879-1967), Oscar Braaten (1881-1939) e Kristofer Uppdal (1878-1961). Trovano la miglior fonte d'ispirazione nel racconto epico d'ambientazione paesana e nell'esaltazione degli umili Olav Duun (1876-1939), che nei romanzi La saga di Juvik (1918-23) e L'uomo e le potenze (1938) affrontò il problema del bene e del male e le lotte dell'uomo col destino, e Johan Bojer (1872-1959), che diede una vivace descrizione della vita dei pescatori in L'ultimo vichingo (1921). Se il tema delle migrazioni dominò nelle opere degli anni Venti del sec. XX, nei decenni seguenti ci fu una palese preminenza della lotta contro l'occupazione tedesca. In Incontro alla pietra miliare (1947), Sigurd Hoel (1890-1960) volle dare una spiegazione psicologica del nazismo; Sigurd Evensmo (1912-1978) in Nave per l'Inghilterra presentò una viva descrizione del lavoro segreto contro le forze d'occupazione; Nordhal Grieg (1902-1943) incitò i suoi connazionali alla lotta contro i tedeschi; Tarjei Vesaas (1897-1970) affrontò il tema del nazismo in chiave simbolica in La casa nel buio (1945); in altre opere Vesaas trattò la tematica freudiana del subconscio. Seguirono questa scia Arthur Omre (1887-1967) e Johan Borgen (1902-1979). Il riksmål, che sembrò aver perso terreno con Tarjei Vesaas e con altri scrittori dialettali, fu ripetutamente difeso da Ernulf Øverland (1889-1968), che nei versi scarni di Pane e vino (1919) espose le delusioni dell'umanità dopo la grande guerra e in Tavole della legge (1929) cercò di fissare le norme morali che avrebbero dovuto guidare l'uomo e tutelarne la libertà. Dagli anni Cinquanta si afferma in Norvegia il modernismo poetico, che ha i suoi principali esponenti in Paal Brekke (1923-1993) e Stein Mehren (n. 1935), ambedue poi svincolati dalla loro appartenenza al movimento citato, affermando la propria autonomia creativa. Stein Mehren ha proseguito la sua ricerca poetica nei decenni successivi, al di fuori di ogni corrente letteraria, confermandosi con le sue raccolte L'eclissi e la sua luce (1986) e Perso nel mondo. Canto (1988) e Nattsol (1992), che affronta tematiche di natura esistenziale, una delle voci più potenti della lirica norvegese contemporanea. Accanto al suo si ricordano i nomi di Rolf Jacobsen (1907-1994) e del più giovane Jan Erik Vold (n. 1939), che ha esercitato la sua arguzia nella satira sociale di Ikke (1993) e di Kalenderdikt (1995). La componente realistica e l'impianto tradizionale resistono saldamente nella narrativa degli anni Sessanta, pur non mancando di deviazioni fantastiche e con la costante attenzione ai valori sia formali sia dell'approfondimento psicologico da parte degli autori formatisi nel decennio precedente, come Terje Stigen (n. 1922), Kaare Holt (1916-1997), Finn Carling (n. 1925). Il realismo e il documentarismo, espressioni dell'impegno sociale e politico che rappresenta il tono fondamentale di questi anni, si approfondiscono per merito di autori come Dag Solstad (n. 1941), Espen Haavardsholm (n. 1945) e Tor Obrestad (n. 1938). Partiti dal rifiuto per lo sperimentalismo modernista e attraverso la fede in una letteratura di cui il popolo fosse sia l'oggetto sia il destinatario, hanno in seguito dimostrato una maggiore apertura e una diversa consapevolezza dei valori formali, rimanendo tuttavia punti di riferimento di ogni letteratura militante anche per le sofferte analisi dei problemi esistenziali legati all'impegno politico. Nell'ambito del problema del bilinguismo, l'attenzione alla sperimentazione linguistica acquista un diverso e più profondo significato nelle opere di scrittori in neonorvegese, come Einar Økland (n. 1940) e Kjartan Fløgstad (n. 1944), autore di romanzi dove la critica sociale è affidata a una fantasia funambolica e al gusto della parodia letteraria (Dalen Portland, 1977; Il settimo clima, 1986), o come Edvard Hoem (n. 1949), i cui romanzi esaltano i valori delle piccole collettività contadine e di pescatori contro le minacce della “civiltà del petrolio” che ha mutato profondamente il volto della società norvegese (Anna Lena, 1971; Ave Eva, 1987). Nella sovrabbondanza della produzione che caratterizza la letteratura a partire dagli anni Settanta, rendendo difficile seguire con precisione i differenti sviluppi, si evidenzia il percorso seguito dalla letteratura femminile. Dopo la grande ondata militante, molte scrittrici si sono orientate verso tematiche legate alla psicologia e alla vita di relazione. Il ruolo di portabandiera rimane a Bjorg Vik (n. 1935), il cui lavoro Due atti per cinque donne (1970) è stato uno dei maggiori successi teatrali degli anni Settanta, e che in seguito ha trovato una sua originalità stilistica nel tono rassegnato delle novelle raccolte in Una manciata di nostalgia (1979) o Presto sarà autunno (1982). Maggiore crudezza di linguaggio e aggressività nell'affrontare i temi centrali del dibattito femminista si rilevano nelle opere di Tove Nielsen (n. 1954) e Liv Koltzov (n. 1945), la cui rilettura della ibseniana Casa di Bambola, Corri, uomo (1980), ha ottenuto un successo rinnovato con Chi ha il tuo volto? (1988). Una tormentata ricerca d'identità attraverso il linguaggio, così spesso negato alle donne, giustifica la scelta antirealistica di Cecile Løveid (n. 1951), mentre la scrittrice di maggior successo degli anni Ottanta, Herbjørg Wassmo (n. 1942) appare più legata a moduli tradizionali nella descrizione, psicologicamente efficace, della cruda realtà sperimentata dagli abitanti del N della Norvegia. Nel 1986 ha ricevuto il premio letterario del Consiglio Nordico. Tra i suoi romanzi, spesso centrati sul tema della condizione delle donne e dei bambini maltrattati nelle società nordiche, è da ricordare la sua Trilogia di Tora (La veranda cieca, 1981; La stanza muta, 1983; Cielo a nudo, 1986). Molte delle tematiche centrali negli anni Settanta, dal femminismo all'ecologia, sono state riprese da Knut Faldbakken (n. 1941), abile e discusso autore di successo, nella cui opera la vena polemica s'intreccia a quella parodistica (Luna di miele, 1983; Cattiva annata, 1974-76). Negli ultimi anni Ottanta, accanto al persistente interesse per le ambientazioni nazionali e regionali, si nota un'apertura alle letterature internazionali in cui il real-fantastico di derivazione sudamericana ha avuto una responsabilità decisiva. Oltre al già citato Fløgstad, nuove forme di romanzo sono tentate da Tor Åge Bringsvjærd (n. 1939). Il fantastico, questa volta sotto forma di deformazioni surreali, è presente anche nel romanzo La grande fiaba di Jan Kjærstad (n. 1953) in cui la Norvegia è trasformata in un'assurda isola tropicale. Il panorama della narrativa norvegese nella prima metà degli anni Novanta è stato segnato dalle dimostrazioni di longevità creativa di autori nati nei primi decenni del Novecento e formatisi negli anni Cinquanta o Sessanta. È il caso dei sopracitati romanzieri T. Stigen e F. Carling: il primo ha pubblicato nel 1990 il commovente Treskjæreren Johannes, in cui descrive il confronto tra un ebreo sopravvissuto al campo di concentramento e l'ex ufficiale nazista responsabile della morte della moglie e della figlia, e Allegretto (1995), la storia delle ultime settimane di vita di un insegnante di mezza età. Il secondo, dopo aver affrontato l'impegnativa tematica della morte in Antilopens Øyne (1992), è tornato ad avvicinarla riproducendo, in Dagbok til en død (1993), il diario tenuto da una donna per il marito defunto. All'arte dello scrivere Carling ha invece dedicato il successivo Matadorens hånd (1996). Tra gli autori più giovani, ha confermato la posizione di preminenza acquisita grazie all'eleganza stilistica e all'intelligente uso dell'ironia il citato Jan Kyærstad, che ha dato prova di queste caratteristiche in Rand (1991) e in Forføren (1993), mentre la scrittrice Tove Nielsen ha continuato la sua analisi dell'universo femminile in Lystreise (1995). Universo femminile che esamina anche Johannes Heggland (n. 1919), dedicando a una notevole figura di donna, Karjana, una serie di quattro romanzi (a lei è intitolato il primo volume della tetralogia, conclusasi nel 1992 con Det Stutte). Figura di primo piano è infine Jostein Gaarder (n. 1952), autore soprattutto di libri per ragazzi, che con Sofies verden (1991; Il mondo di Sofia) ha ottenuto un grande successo in molti Paesi. Attraverso gli occhi della ragazza protagonista del romanzo, lo scrittore parla di storia e filosofia, così come accade per le grandi domande della vita ne Il viaggio di Elisabeth (1999). E sempre ai bambini Gaarder affida il compito di interrogarsi sul significato dell'esistenza, sull'evoluzione della specie, sull'amicizia in C’è nessuno? (2001), sulla malattia e la morte in In uno specchio, in un enigma (2001). Sempre pensati per i bambini e i ragazzi sono i libri di divulgazione scientifica di Eirik Newth (n. 1964). Altri autori della letteratura contemporanea norvegese ormai tradotti in diverse lingue sono Erik Fosnes Hansen (n. 1965) e Lars Saabye Christensen (n. 1953), che insieme a Nikolaj Frobenius (n. 1965) ed Erlend Loe (n. 1969) ha scritto pure diverse sceneggiature, mentre specializzate nel genere giallo sono Kim Småge (n. 1945), Unni Lindell (n. 1957) e Karen Fossum (n. 1954) (Lo sguardo di uno sconosciuto, 1996, Amatissima Poona, 2000), considerata la migliore scrittrice norvegese nel campo del thriller psicologico.

Cultura: arte

La prima grande fioritura artistica della Norvegia risale al cosiddetto periodo delle migrazioni (sec. V-IX), allorché fu elaborato lo stile ornamentale tipicamente nordico basato su motivi animalistici curvilinei e nastriformi di derivazione scitica; esempi di tale decorazione si trovano su fibbie, impugnature di spade, guarnizioni dell'epoca. Nel successivo periodo dei Vichinghi (ca. 800-1050) i centri più importanti della produzione artistica si concentrarono lungo la costa occidentale della Norvegia e nella zona intorno a Oslo, come testimoniano i ricchi reperti (sec. IX) delle tombe-navi dei capi vichinghi, di cui il più celebre, quello di Oseberg, comprende una nave, un carro, quattro slitte (tutti intagliati con motivi zoomorfi), armi, gioielli, tessuti. Motivi decorativi continentali (carolingi) e insulari, provenienti dalle isole britanniche conquistate dai Vichinghi, giunsero in Norvegia nel sec. IX (spilla del tesoro aureo di Hon con motivi di foglie di acanto) restando però subordinati alla caratteristica decorazione nordica a motivi zoomorfi stilizzati. La conversione della Norvegia al cristianesimo consacrò l'influenza dell'architettura religiosa europea, che si associò, secondo formule originali, ai modi costruttivi propri dei Paesi nordici. Delle ca. 800 chiese in legno (stavkirker) edificate nei sec. XI e XII (la Norvegia è l'unico Paese nel quale se ne sono conservati pochi rari e magnifici esempi, per l'esattezza 28), la prima è quella di Urnes (ca. 1050), con portale di legno scolpito nel tradizionale repertorio zoomorfo, combinato però con motivi di anelli e nastri intrecciati propri della decorazione delle isole britanniche. Queste stavkirker, che recano spesso una ricca decorazione a intagli sui portali e all'interno, rivelano la loro derivazione dalle antiche sale di assemblea nordiche o da templi pagani, con tetto poggiante non sui muri ma su una fila di pilastri interni. Accanto alle chiese in legno furono erette le prime chiese in pietra, sia ad aula unica con coro quadrato, sia a tre navate (Santa Maria di Bergen; cattedrale di Stavanger; cattedrale di Hamar; chiesa di Gamle Aker di Oslo), tutte del sec. XII, in cui si avverte l'influenza dello stile anglo-normanno. Lo stile gotico si affermò nel sec. XIII con la cattedrale di Trondheim e, nel campo dell'architettura civile, con la Haakonshalle di Bergen e con le fortezze di Akershus presso Oslo e di Båhus (erette da Haakon V, 1299-1319). Esempi di arte gotica si trovano anche nella pittura ad affresco, diffusa dai maestri delle scuole di Oslo e di Bergen; nei tappeti (tappeto con i Mesi al Kunstindustrimuseet di Oslo, ca. 1180); nelle sculture, influenzate dai modelli francesi e inglesi (sculture della cattedrale di Trondheim; ritratti del re Magnus Lagabøter e dei figli nella cattedrale di Stavanger, ca. 1300). A cominciare dalla metà del sec. XIV ebbe inizio un periodo di decadenza, che coincise con il prevalere dell'influenza olandese e tedesco-settentrionale delle città dell'Hansa, evidente in opere tardogotiche di importazione (come i dossali delle chiese di Ringsaker e di Trondene). Solo nel campo dell'intaglio in legno, dell'oreficeria, dei tessuti, sopravvisse a lungo lo stile norvegese tradizionale, sia quello ornamentale vichingo e romanico, sia quello figurativo gotico. Scarse le testimonianze rinascimentali, limitate all'architettura militare (torre di Rosenkrantz a Bergen, 1562-68), poiché l'architettura civile norvegese continuò a lungo a essere lignea. Le forme barocche comparvero nel sec. XVIII in chiese e palazzi (chiesa Nuova di Bergen, 1758; Scuola di Guerra di Oslo, 1751). Nella pittura del sec. XVII prevalse il ritratto, mentre nel secolo successivo, accanto alla ritrattistica, si affermò anche la decorazione murale (Mathias Blumenthal; Peter Aadnes). Dopo il 1814 vennero costruiti imponenti edifici pubblici di stile neoclassico, su modello danese e tedesco (palazzo Reale di Oslo, di H. D. Linstow, 1824-48; Università, di Ch. H. Grosch, 1841-52). Lo stesso Grosch, H. E. Schirmer e Alexis de Châteauneuf furono i principali esponenti della corrente romantica neogotica. Agli inizi del Novecento con A. Arneberg e M. Poulsson si affermò una reazione antiromantica cui si contrappose, dopo il 1920, il neoclassicismo di G. Blakstad e H. Munthe Kasa. A partire dagli stessi anni si ebbero anche le prime affermazioni di architettura funzionale, i cui maggiori rappresentanti furono F. Brynn, G. Eliassene, S. Ellefsen, lo stesso Munthe Kasa, A. Bjercke. Nel dopoguerra, con l'istituzione del CIAM norvegese (1950), l'architettura si è sviluppata affrontando i problemi connessi all'industrializzazione e cercando di adattare i materiali tradizionali (pietra, legno) alle tecniche più avanzate, in armonia alle condizioni ambientali. La pittura norvegese nell'Ottocento fu strettamente collegata con quella tedesca. Il caposcuola della pittura di paesaggio, J. C. Dahl, fu attivo a Dresda in contatto con C. D. Friedrich. A. Cappelen, H. Gude, L. Hertevig, L. Munthe, A. Nielsen, A. Tidemand appartengono tutti alla scuola di Düsseldorf, mentre dopo il 1870 fu piuttosto Monaco di Baviera il polo di attrazione dei giovani pittori norvegesi. Verso il 1880 molti artisti aderirono al naturalismo francese: Ch. Krohg, principale esponente del realismo norvegese, H. Backer, E. Werenskiold, F. Thaulow, più vicino però ai modi dell'impressionismo. All'inizio del Novecento una viva reazione al naturalismo in senso espressionistico e simbolistico venne da un gruppo di artisti (G. Munthe, H. Egedius, L. Karsten, H. Sørensen) di cui il più significativo è E. Munch (1863-1944). Larga adesione trovò in seguito l'esperienza cubista, mediata attraverso il danese G. Jacobsen (A. Revold, L. P. Krohg, A. Rolfsen). Nel campo della scultura moderna vanno ricordati S. Sinding (1846-1922) e G. Vigeland (1869-1943), originale ritrattista orientato verso l'espressionismo; tra quelli delle successive generazioni, G.T. Janson (1901-1983), F. Fredriksen (1902-1977), O. Bast (1907-1974), A. Gunnerud (n. 1930) e A. Haukeland (1920-1983), esponente della corrente non figurativa. L'espressionismo astratto e il costruttivismo hanno esponenti significativi nei pittori J. Weidemann, G. S. Gundersen, G. Groth, che dalla fine degli anni Ottanta ha realizzato anche opere scultoree. Il surrealismo, che pure non ha trovato larga rispondenza nell'arte norvegese, ha avuto il suo maggiore rappresentante in K. Rose. Si riallaccia all'espressionismo tedesco e alla pittura di W. de Kooning l'opera di J. Doubloug (n. 1945); quella di A. Pettersen (n. 1943) trova la sua ispirazione più profonda nell'arte di Matisse, mentre alla componente espressionista affianca una tendenza naif T. Hansen (n. 1949). Nel campo della scultura la figura di maggiore risalto degli ultimi decenni è senz'altro B. Breivik (n. 1948), ma hanno una loro rilevanza anche S. Tolaas (n. 1959), P. I. Bjorlo (n. 1952), S. Sokke (n. 1952), P. Barclay (n. 1955) e K. Johannessen (n. 1960). Inoltre, esponenti importanti delle nuove tendenze della scultura norvegese, con opere d'arte che si collocano tra la scultura e le installazioni, sono J. Gundersen (n. 1942), celebre per i suoi lavori basati sul riciclaggio dei rifiuti, K. Olsen (n. 1952) che utilizza il metallo e l'irriverente K. Slettemark (n. 1932). L'architettura della Norvegia rispecchia sia le vicende storiche del Paese dove la lunga dominazione della Danimarca limitò lo sviluppo di una classe economica dominante e l'emarginazione rispetto ai movimenti architettonici internazionali, sia le caratteristiche salienti del suo territorio molto nordico e poco abitato. L'arrivo del cristianesimo portò l'edificazione di diverse chiese in pietra, anche se l'antica tradizione delle costruzioni in legno mantenne la sua supremazia, data anche l'abbondanza della preziosa materia prima. Nell'architettura, che nella seconda metà dell'Ottocento si era pur lo più rifatta a modelli tedeschi, all'inizio del Novecento si affermò una corrente più specificamente nazionale mirante a riscoprire il passato norvegese, degnamente rappresentata da A. Arneberg (1882-1961), M. Poulsson (1881-1958), J. O. Nordhagen (1883-1925). Soprattutto gli anni Trenta, dominati dal funzionalismo, si rivelarono molto produttivi. L'architettura moderna ha come più significativi esponenti in H. Munthe-Kaas (1890-1977), L. Backer (1829-1930), O. Bang (1895-1942). Le personalità di maggiore spicco del secondo dopoguerra sono A. Korsmo (1900-1968) e K. Knutsen (1903-1969), attivi anche nel campo del design (rivalutato negli ultimi anni pure a livello internazionale, soprattutto nel settore dell'industria dei mobili), che hanno influito sulla formazione della più giovane generazione di architetti (S. Fehn, K. Lund, N. Slaatto, N. H. Eggen). Il post-modernismo degli anni Ottanta, nato in reazione alla supposta carenza di espressività del modernismo, fu vissuto come la possibilità di una nuova libertà creativa dai suoi protagonisti che centrarono la loro attenzione anche su dettagli di maggiore istintualità, spesso con l'intento di integrare gli stili del passato con le spinte verso il futuro. Ma le radici moderniste tornarono con forza dopo un decennio nelle forme sobrie e geometriche delle costruzioni degli anni Novanta, alla fine dei quali un piccolo studio norvegese di architettura, Snøetta, vinse inaspettatamente il concorso bandito dallo Stato egiziano per la progettazione della nuova biblioteca di Alessandria. Il nuovo edificio, maestoso e semplice, inaugurato nel 2002, ha ulteriormente aperto la strada alla scoperta e al riconoscimento dell'architettura norvegese in tutto il mondo.

Cultura: musica

Il sostrato della musica norvegese è rappresentato da un ricco patrimonio di danze e canti popolari che hanno profondamente influenzato, conferendo loro una marcata impronta nazionale, le espressioni della musica colta. Tra gli strumenti più diffusi del folclore norvegese si annoverano l'hardingfele, sorta di viola con quattro corde messe in vibrazione da un arco e quattro vibranti per simpatia; il langleik, cetra a otto corde; il lur, a fiato, costituito da un tubo a sezione conica, piegato in forma di S. Tra le numerose danze sono da citare lo halling, in ritmo binario, di movimento allegro, il gangar, destinato a coppie di ballerini, in ritmo binario composto e in tempo moderato; lo springleik o springar, di ritmo assai complesso, forse derivato dalla polonaise. Il canto gregoriano, introdotto da re Olaf I, fu coltivato sino al 1536, anno nel quale il Paese passò al protestantesimo. Sembra che nel basso Medioevo la cultura musicale norvegese abbia avuto notevoli influssi sulla polifonia inglese, in particolare sul discanto per terze parallele. Nel sec. XV, dopo la conquista della Norvegia da parte della Danimarca, iniziò un periodo di decadenza che doveva terminare solo nei primi decenni dell'Ottocento, dopo la recuperata libertà politica. W. Thrane (1790-1828), insieme con il violinista Ole Bornemann Bull (1810-1880), fu tra i primi artefici della rinascita musicale nazionale. Hafdan Kjerulf (1815-1868) elaborò nei suoi brani pianistici di impronta schumanniana quella particolare accezione del romanticismo musicale tedesco, di forte sapore nazionale, alla quale Edvard Grieg (1843-1907) diede enorme popolarità. La Norvegia ha nei confronti del suo più popolare musicista un grande debito: la musica di Grieg le diede infatti un posto di prestigio in ambito internazionale, quello che diversi secoli di emarginazione dalle più importanti correnti culturali europee le avevano sottratto. I suoi contemporanei Johan Svendsen (1840-1911) e Christian Sinding (1856-1941) ne continuarono la tradizione, pur attenuandone la componente folclorica a favore di un linguaggio di più marcata impronta europea. Una via sostanzialmente simile, pur adeguandosi alla contemporanea situazione culturale internazionale (con particolare riferimento alla Francia e alla Germania) seguirono G. R. Schjelderup (1859-1933), J. Halvorsen (1864-1935), H. Borgström (1864-1925), A. Hurum (1882-1972), O. F. Valen (1887-1952), D. M. Johansen (1888-1974), L. I. Jensen (1894-1969), A. Kleven (1899-1929), K. Egge (1906-1979). Tra i compositori delle nuove generazioni, attestati su posizioni di avanguardia, spicca la figura di Bo Nilsson (n. 1937). Negli anni Settanta la Norvegia iniziò una politica di grande investimento nel settore musicale con la creazione di molte scuole pubbliche, con l'organizzazione di festival e con la costruzione di sale da concerti e teatri, come il Teatro dell'Opera di Oslo, monumentale progetto in corso di realizzazione, la cui apertura è prevista per il 2008. Il mondo della musica classica gode del prestigio tributatole dall'Orchestra Filarmonica di Oslo e di Bergen, dall'Orchestra da Camera Norvegese, dal pianista Leif Ove Andsnes, dal violoncellista Truls Mørk. E anche al di fuori della musica classica gli artisti norvegesi sono stati capaci di superare i confini del loro Paese. Tra gli autori di musica contemporanea, il cui padre in patria è Fartein Valen (1887-1952), ricordiamo soprattutto Arne Nordheim (n. 1931) figura di spicco della musica elettronica che vive nella Grotten, situata vicino al Palazzo Reale, che il governo norvegese riserva a vita, in segno d'onore, a un artista locale. Per quanto riguarda la musica folcloristica, dalla tradizione mai interrotta sia vocale sia strumentale, ogni anno due concorsi la celebrano anche con nuovi talenti: il Festival Nazionale di Danze Folcloristiche e il Concorso Musica e Danze Tradizionali Norvegesi, dove è richiesta la perfetta padronanza degli strumenti più antichi.

Cultura: cinema

Dal 1908 svedesi e danesi scelsero il paesaggio norvegese per i loro film, cosicché la Norvegia trascurò fino agli anni Trenta la costruzione di teatri di posa, e i primi registi nazionali (tra cui Tancred Ibsen, nipote del drammaturgo e autore di piccole epopee paesane come Il vagabondo nel 1937 e Gjest Baardsen nel 1939) furono costretti a rifugiarsi negli esterni. Inoltre, mentre svedesi e danesi produssero abbastanza presto film entrati a far parte dei circuiti internazionali, la Norvegia volse lo sguardo alla cinematografia solo più tardi e in maniera meno rilevante cominciando con un lavoro andato perso, del quale si hanno notizie incerte. Si tratta probabilmente di un film prodotto nel 1906 o nel 1908 da Hugo Hermansen, dal titolo Fiskarlivets farer (I pericoli della vita di un pescatore) oppure Et drama paa havet (Un dramma sul mare). I più considerano opera prima norvegese il film Fattigdomens forbannelse (La maledizione della povertà), prodotto nel 1911 da Haldan Nobel Roede. Si dovette poi attendere il 1920, quando Fante-Anne (La zingara Anne) di Rasmus Brestein diede il via a una nuova era che vide cambiare soprattutto l'ambientazione delle opere: dalle grandi città a luoghi naturali come la campagna norvegese. Negli anni Trenta si affacciarono sulla scena in rapida crescita registi quali Bjørstjerne Bjørnson. Il bastardo (1940) di Helge Lunde, ambientato in Lapponia, fu il primo film norvegese conosciuto internazionalmente grazie alla Mostra di Venezia. Se gli anni che precedettero la guerra furono caratterizzati da diversi adattamenti cinematografici di opere letterarie accolte positivamente dal pubblico, durante l'occupazione nazista in Norvegia la censura tedesca limitò la cinematografia, ma nel dopoguerra lo Stato provvide a incrementare la produzione, che non è nazionalizzata, ma “municipalizzata” (principale società, la Norsk Film di Oslo). Fu proprio allora che si affermò una nuova generazione di registi, tra i quali Edith Carlmar, la prima regista donna norvegese, le cui opere sono oggi considerate dei classici del cinema nordico. La protagonista del suo ultimo film Ung flukt (Ragazza in fuga, 1959) è Liv Ullmann, l'attrice e regista norvegese più famosa nel mondo. Da La battaglia per la bomba atomica (1948) di Titus Vibe-Müller, in coproduzione con la Francia, ad Atterraggio di fortuna (1952) e Nove vite (1957) del regista-romanziere Arne Skouen, ebbero spicco i temi della Resistenza e delle esplorazioni geografiche, entrambi trattati in stile semidocumentaristico. Rinomanza internazionale ottennero sia il reportage Kon-Tiki (1950) sull'impresa di Thor Heyerdhal, che per questo film vinse l'Oscar per il miglior documentario nel 1952 (unico norvegese ad averlo ottenuto); sia l'animatore di film di fantocci Ivo Caprino, premiato a Venezia nel 1952 per Il piccolo violinista Frikk. Tra i registi degli anni Cinquanta e Sessanta, alla fine dei quali il cinema norvegese subì l'influenza delle tendenze moderniste europee, figurano, oltre al già citato Arne Skouen, Nils R. Müller, Kåre Bergström, Nils R. Christensen. Ma solo negli anni Settanta si uscì da un certo arcaismo con la creazione del Norsk Filmsenter per film non commerciali, l'arrivo delle tecniche del cinema-verità, l'ammodernamento tematico e linguistico e la presenza di nuovi cineasti portatori di contenuti legati allo spirito ribelle dei movimenti giovanili, che consideravano il cinema un'istanza politica oltre che artistica. Ricordiamo Paul Løkkeberg (Exit, 1970), Knud-Leif Thomsen (Il matrimonio di Lina), Peter Blom (La casa di sua madre, 1973), Oddvar Bull Tuhus (Sciopero!, 1974; Angoscia, 1976), Knut Andersen (La svolta, 1977), Svend Wam (La maggioranza silenziosa, 1977), Peter Vennerod (Chi ha deciso?, 1979) e di tre registe: Laila Mikkelsen (Noi, 1977), Vibeke Løkkeberg (La rivelazione, 1978; Tradimento, 1981) e la più nota all'estero Anja Breien, autrice di Stupro (1971), Mogli (1975), Mogli. Dieci anni dopo (1985), Mogli III (1996), saga di tre donne che discutono della vita, dell'amore e dei cambiamenti, Il gioco serio (1977, girato in Svezia), L'eredità (1979), Caccia alla strega (1981), L'uccello di carta (1984), Il ladro di gioielli (1990). All'inizio degli anni Ottanta la stanchezza del pubblico nei confronti delle tematiche del realismo sociale condusse il cinema norvegese verso un periodo di declino dal quale uscì grazie a registi come Ola Solum, autore di Orions belte (La cintura di Orione, 1985, Vagabondi, 1989), Nils Gaup, che diresse Veiviseren (La guida, 1987), The Panthfinder, ispirato a una leggenda medievale e presentato in lingua sami, Martin Asphaug (En håndfull tid, Una manciata di tempo, 1989), Marius Holst (Ti kniver i hjertet, Dieci coltelli nel cuore, 1994, Blue Angel, 1995, vincitore del Festival di Berlino) e altri ancora diventati beniamini anche del pubblico internazionale. E il cambio generazionale dei registi, che sembra caratterizzare la ciclica ricomparsa della fortuna per il cinema norvegese, ha portato fama, ma soprattutto bellezza, nella storia filmica e documentaristica di questo Paese: sono di Hans Petter Moland Kjærlighetens kjøtere (Zero Kelvin, 1996), grande successo del 2001; di Pal Sletaune Posta celere (1997), che ha vinto la Caméra d'Or al Festival di Cannes; di Petter Næss Elling, candidato agli Oscar nel 2002 e di Eivind Tolås Love is the Law (L’amore detta legge), che ha vinto il premio per il miglior cortometraggio al Festival di Cannes del 2003. Nel 2013, Kon-Tiki, di Joachim Rønning e Espen Sandberg, è stato candidato agli Oscar come miglior film straniero. Ritorno alla vita (2015), film di coproduzione Norvegese diretto da Wim Wenders, è stato presentato fuori concorso al Festival Internazionale del Cinema di Berlino.

Cultura: spettacolo

Fino a tutto il sec. XVIII il teatro della Norvegia consisteva in occasionali rappresentazioni di gruppi studenteschi e in ancor più occasionali tournées di compagnie tedesche e, soprattutto, danesi. Attori danesi che recitavano nella loro lingua occuparono anche il primo teatro pubblico della capitale, il Christiania Theater, sorto nel 1827, distrutto da un incendio nel 1835 e ricostruito due anni dopo. Il primo tentativo di dar vita a un teatro in norvegese fu compiuto nel 1850 a Bergen dal violinista Ole Bull, che fondò un Norske Theater, affidandone l'anno dopo la direzione artistica a Ibsen. Nel 1852 si aprì un Norske Theater anche a Cristiania (dove fu attivo Ibsen dal 1857 al 1862) con attori che dieci anni dopo soppiantarono definitivamente gli interpreti danesi al più prestigioso Christiania, diretto dal 1865 al 1867 dal drammaturgo B. Bjørnson, il cui figlio Bjørn divenne nel 1899 il direttore del nuovo Nationaltheater, che vantava una compagnia stabile d'eccellente livello e che ha continuato a presentare i classici nazionali e stranieri in edizioni di buon livello artistico. A questo teatro se ne sono poi affiancati altri: il Norske (1913), dove si recita in lingua landsmål, il Nye (1929), specializzato nel repertorio contemporaneo, e il Folke (1935), legato alle società operaie. Tutte queste sale si trovano nella capitale, ma vi sono teatri municipali anche a Bergen, Trondheim e Stavanger, e dal 1948 esiste una compagnia, Rikstheater, sovvenzionata per recitare nei centri minori. Nel 1953 è stata inoltre fondata a Oslo una Scuola statale d'arte drammatica. Dal 1948 esiste, sempre a Oslo, una compagnia professionale di balletto. Il nucleo originario, fondato da Gerd Kjolaas e Louise Browne funzionò come compagnia di giro fino al 1952, con il nome Ny Norske Ballet. Nel 1953 Kjolaas e Rita Tori diedero vita al Norske Ballet che nel 1958, grazie a nuovi finanziamenti statali, poté rafforzarsi e divenire il Balletto Nazionale Norvegese, affiancato nel 1965 da una scuola per l'istruzione professionale dei futuri ballerini. Sull'attività della compagnia, divenuta col tempo di discrete dimensioni, prevale, nel complesso, l'influenza della moderna tradizione coreutica britannica. Il repertorio è composto da alcuni classici del balletto internazionale cui si affiancano creazioni di autori moderni, norvegesi e stranieri. Un certo fermento di attività sul versante dell'arte moderna, che fino a poco tempo fa non aveva prodotto, in Norvegia, alcun risultato di particolare rilievo, gode oggi dei frutti di una maggiore collaborazione tra le istituzioni teatrali e alcune compagnie sperimentali, come la Goksøyr/Martens Salong che nel 2004 è stata la prima compagnia teatrale a rappresentare la Norvegia al Festival Teatrale di Avignone. Inoltre la Casa Nazionale della Danza, l'Opera Nazionale e il Balletto Nazionale avranno nuove sedi nel 2008, dove sono previsti palchi riservati alle forme maggiormente sperimentali sia di danza contemporanea sia di opera. Il Black Box Teater di Oslo, il BIT– Teatergarasjen di Bergen, il Teaterhuset Avant Garden di Trondheim insieme oggi compongono il Performing Arts' Network che organizza spettacoli di celebri compagnie nazionali e internazionali.

Bibliografia

Per la geografia

O. Knudsen, Norway at Work, Oslo, 1972; M. Helvig, Norway: Land, People, Industries. A Brief Geography, Oslo, 1979; W. Imber, Norway, Oslo, 1980; W. R. Mead, An Historical Geography of Scandinavia, Londra, 1981; F. Hodne, The Norwegian Economy, 1920-1980, Londra, 1983; B. S. John, Scandinavia: a New Geography, New York, 1984.

Per la storia

J. A. Gade, Hanseatic Control of Norwegian Commerce during the Later Middle Ages, Londra, 1951; T. K. Derry, A History of Modern Norway 1814-1972, Oxford, 1973; T. K. Derry, A History of Scandinavia, Londra, 1979; A. Selbyg, Norway Today, Oxford, 1986.

Per la letteratura

E. Bredsdorff e altri, An Introduction to Scandinavian Literature, Cambridge, 1951; J. Lescoffier, Histoire de la littérature norvégienne, Parigi, 1952; S. Cheynet, Scandinavian Literature, Londra, 1978.

Per l'arte

H. Sheteling, Classical Impulses in Scandinavian Art from the Migration Period to the Viking Age, Oslo, 1949; R. Hauglid, Pitture delle Stavkirker, New York, 1955.

Per la musica

B. Quamme, Norwegian Music and Composers, Londra, 1949; J. Horton, Scandinavian Music: a Short History, Londra, 1963; B. Wallner, Scandinavian Music After the Second World War, in “The Musical Quarterly”, 1965.

Per il cinema

F. Hardy, The Scandinavian Film, Londra, 1952; F. Savio, La via scandinava, in “Visione privata”, Roma, 1972; J. E. Holst, Norway, in “International Film Guide 1974”, Londra-New York, 1973.

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