popolo che diede vita alla grande cultura della Mesoamerica, che si sviluppò negli Stati messicani del Veracruz e del Tabasco (vedi Messico).

Origini e diffusione geografica

Resta ancora ignota l'origine di questo popolo, e anche il nome con cui viene individuato è recente. Furono infatti chiamati Olmechi da B. di Sahagún, nella prima metà del sec. XVI, gli indigeni che vivevano nella giungla costiera del Golfo del Messico; in seguito questo nome, che significa “popoli del caucciù”, fu esteso anche ai più antichi abitatori dell'area che secondo M. D. Coe, a seguito di prove linguistiche e della presenza nel Veracruz del gruppo mayoide degli Uastechi (vedi Huaxtecos), sarebbero forse di origine maya. La cultura olmeca, che ebbe origine nel cosiddetto periodo formativo (5000-1500 a. C.) e si sviluppò nel preclassico (1500 a. C.-inizio era volgare), soprattutto a iniziare dal sec. IX, informò di sé anche il susseguente periodo classico (sec. I-X d. C.) e costituì la piattaforma da cui presero il via tutte le culture della Mesoamerica. Innanzitutto rinvenimenti archeologici hanno accertato che gli Olmechi inventarono i sistemi di scrittura e di numerazione presenti, con alcune varianti, anche nelle altre culture mesoamericane. In area olmeca si trovano infatti le più antiche date scritte di quest'area, e cioè il 31 a. C. (stele C di Tres Zapotes) e il 162 d. C. (figurina di giada di Tuxtla Gutierrez). Gli Olmechi non dovettero essere un popolo pacifico, almeno per quanto appare dalle scene raffigurate sui monumenti; si tratta quasi sempre infatti di scene di assoggettamento e di battaglia. È ancora incerto se la loro fu semplicemente una conquista territoriale, oppure se ebbe un carattere religioso, con lo scopo di diffondere il culto del giaguaro. Quello che è certo è che si sono rinvenute prove della loro presenza sull'altopiano centrale del Messico, nell'Oaxaca (vedi Mixtechi e Monte Albán) e nel Chiapas (Messico meridionale), in Guatemala e nel Salvador; comunque l'area in cui si irradiano gli influssi della loro produzione artistica (notevole soprattutto nel campo della scultura su pietra) e il culto del dio della pioggia, comprende tutta la Mesoamerica.

Arte e archeologia

La capitale degli Olmechi dovette essere La Venta, i cui edifici non sono però ben conservati, in quanto completamente immersi nella giungla tropicale. La costruzione principale è la Grande Piramide, centro di un grande complesso architettonico orientato in direzione nord-sud, con resti di colonnati e di pavimenti realizzati con una tecnica del tipo del mosaico. Apparentemente la città fu abbandonata e condannata all'oblio dai suoi stessi abitanti: infatti buona parte dei monumenti risulta abbattuta intenzionalmente già in epoca olmeca. Forse l'élite guerriero-sacerdotale fu rovesciata dal volgo rurale, sfruttato oltre che per il lavoro dei campi anche per la costruzione di monumenti. La Venta è ricchissima delle sculture in pietra per cui gli Olmechi sono meritatamente famosi. Conserva infatti stele, altari e teste colossali in basalto, materiale che proviene da luoghi lontani più di 100 km e che forse era trasportato con zattere lungo il fiume Tonalà. Le teste rappresentano realisticamente volti dalle fattezze negroidi, con un copricapo simile a un casco ; sulle stele sono raffigurati uomini e felini; sugli altari compaiono scene di lotta tra uomini e giaguari umanizzati. I personaggi hanno per lo più corpi tozzi, massicci e spesso malformati . Tipiche dell'arte olmeca sono le figure in giada e nefrite con viso da putto (baby-face) e quelle col labbro superiore che scopre i denti e che ricordano il giaguaro (jaguar-face). Spesso il volto umano presenta caratteristiche del muso di questo animale forse in rapporto a credenze religiose che vedevano nel giaguaro un antenato degli Olmechi. Capolavoro dell'arte olmeca è la scultura nota come Il lottatore (Città di Messico, Museo Nazionale di Antropologia) ; a tutto tondo, alta ca. 70 cm, rappresenta un uomo, con barba e baffi, accosciato, con le braccia alzate nell'atteggiamento del pugile. Sono da ricordare infine gli specchi concavi in magnetite e ilmenite, che servivano anche per produrre il fuoco (specchi ustori) e per proiettare immagini su una superficie levigata.

Bibliografia

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