Puccini, Giàcomo

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Biografia

Compositore italiano (Lucca 1858-Bruxelles 1924). Nato da una famiglia di musicisti, sarebbe stato destinato a seguire le orme del padre Michele e degli antenati Puccini in una modesta carriera di musicista locale – dedita soprattutto alla composizione di musica sacra (ce ne sono pervenuti alcuni saggi, risalenti alla primissima giovinezza, tra i quali spicca una Messa per quattro voci e orchestra), di opere di circostanza e all'insegnamento presso l'Istituto Musicale e presso privati – se la forte passione per il teatro, rivelatagli, com'ebbe egli stesso a testimoniare più tardi, da una rappresentazione dell'Aida di Verdi cui assistette nel 1876, non lo avesse decisamente spinto verso scelte di vita e una carriera completamente diverse. Superando non piccole difficoltà economiche si trasferì nel 1880 a Milano, dove per tre anni studiò al Conservatorio sotto la guida di A. Bazzini e A. Ponchielli. La composizione che concluse nel 1883 l'intensa e grama vita di studente (con il suo retroscena di dura bohème nella Milano della scapigliatura) fu un brano per orchestra, il Capriccio sinfonico. Questo pezzo insieme con la prima opera di Puccini, Le Villi (su libretto di F. Fontana), vanamente presentata al concorso Sonzogno per un'opera lirica ma rappresentata nel 1884 al Teatro Dal Verme, valse a segnalare il compositore all'attenzione del mondo culturale dell'epoca; in particolare all'editore Giulio Ricordi, che da quel momento lo legò alle sorti della propria casa. Mentre la vita sentimentale di Puccini (che fu sempre segnata da un'insoddisfatta inquietudine e da un non mai superato fondo d'amarezza) subiva una brusca svolta per la relazione, regolarizzata dal matrimonio solo nel 1904, con Elvira Bonturi (moglie di un suo ex compagno di collegio), la definizione del suo stile procedeva faticosamente nella lenta realizzazione di Edgar, rappresentata al Teatro alla Scala nel 1889. Dopo l'esito incerto di questo lavoro dovevano passare altri quattro anni prima che Manon Lescaut, messa in scena al Teatro di Torino nel 1893, imponesse autorevolmente l'autore all'attenzione europea e non solo per il confronto prestigioso con l'opera omonima di Massenet, ma per la soluzione, singolarmente audace, di realizzare concretamente una sintesi tra le esperienze del melodramma verdiano, le conquiste della scuola francese e gli ideali del dramma musicale wagneriano.

Le opere

Con la Bohème (Torino 1896) queste acquisizioni si complicano nella scelta di un taglio drammatico che rifiuta i consueti schemi narrativi in favore di un'impressionistica immediatezza del taglio scenico; questa impostazione restituisce in tutta la sua acerba fragilità la tragica caducità del quotidiano, facendo della vicenda (che assolutizza con senso di struggente malinconia e ormai al di fuori del mondo morale del Risorgimento, inscindibile dalla visione verdiana, i sentimenti come valori puri, assoluti) una commossa elegia sulla fine della giovinezza. L'intimismo pucciniano conosce con l'opera successiva, la popolarissima Tosca (1900), impacciata nello schema di un plateale dramma storico, qualche cedimento a toni compiaciutamente morbidi e crudeli, che costituiscono comunque le parti migliori di un'invenzione scopertamente indulgente a corrive concessioni alla poetica verista, sostanzialmente estranea al Puccini maggiore. Con Madama Butterfly (Milano 1904) il suo sforzo di fornire attraverso le apparenti divagazioni di un esotismo di maniera uno studio analitico, mirabile per precisione e profondità, dell'animo piccolo-borghese italiano tocca il suo momento più felice. Le ultime opere di Puccini, a cominciare da La fanciulla del West (New York 1910) sino a Turandot, il lavoro estremo interrotto dalla morte e completato da F. Alfano, attraverso le disuguali esperienze della Rondine (Montecarlo 1917), sfortunata incursione nell'ambito dell'operetta, e del Trittico (Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi, New York 1918), mirabile studio di caratteri e di atmosfere, si segnalano per un sempre più deciso approfondimento delle ragioni native della poetica pucciniana, in un attivo confronto con le più avanzate esperienze internazionali.

La critica

Per lungo tempo dopo la sua morte, sopravvenuta per l'insorgere di un cancro alla gola, la fortuna di Puccini fu caratterizzata dalla singolare dicotomia tra il successo decretatogli dalle platee di tutto il mondo e la sospettosa diffidenza della critica (sfociata talora in episodi clamorosi di aperta ostilità con le prese di posizione di Torchi e di Torrefranca). La critica denunciò volentieri, facendo propri gli argomenti mitici degli esponenti di una nuova generazione e di ideali estetici completamente diversi (Pizzetti, Casella, Malipiero, ecc.), la mancanza di respiro culturale e morale del mondo pucciniano e la sostanziale chiusura provinciale della sua arte. Entrambi questi giudizi limitativi sono stati superati da indagini critiche che hanno riconosciuto il ruolo centrale svolto da Puccini nella cultura musicale italiana ed europea del primo Novecento.

G. Sartori, Giacomo Puccini, Milano, 1958; C. Hopkinson, A Bibliography of the Works of Giacomo Puccini, New York, 1968; A. Titone, Vissi d'arte. Puccini e il disfacimento del melodramma, Milano, 1972; Puccini. 276 lettere inedite, (a cura di G. Pintorno), Montecatini, 1974; M. Girardi, Puccini. La vita e l'opera, Roma, 1989.

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