Róma, Màrcia su-

azione dimostrativa delle camicie nere, decisa il 16 ottobre 1922 e pubblicamente annunciata il 24 dello stesso mese al congresso di Napoli, consistente in una marcia sulla capitale italiana. Vinta ogni opposizione di sinistra grazie alla violenza squadrista e alla connivenza degli organi dello Stato, nell'autunno di quell'anno i fascisti mirarono, infatti, alla conquista definitiva del potere. Costituitosi un comando generale con sede a Perugia e formato dai “quadrumviri” De Bono, Balbo, Bianchi e De Vecchi, gli squadristi ebbero quindi l'ordine di concentrarsi a Santa Marinella (colonna toscana: comandanti Dino Perrone Compagni e il generale Ceccherini), a Monterotondo (colonna laziale-umbra: comandanti U. Igliori e il generale G. Fara) e a Tivoli (colonna marchigiano-abruzzese: comandante G. Bottai). La marcia sarebbe dovuta avvenire il 28 ottobre, ma le squadre d'azione – già organizzate nei giorni precedenti – vennero bloccate dalle forze dell'ordine e dalle trattative in corso a Roma. Il re si rifiutò di firmare lo stato d'assedio proposto da Facta e, dopo febbrili consultazioni, decise di chiamare al governo lo stesso B. Mussolini (29 ottobre). La mattina del 30, quando il capo dei fascisti era già nella capitale impegnato a formare il governo, fu finalmente concesso alle camicie nere di marciare su Roma dove arrivarono in parte a piedi, in parte su autocarri, ma per lo più su treni speciali. Il successo aveva aumentato il loro numero: forti di ca. 27.000 uomini all'inizio, al momento di entrare in città erano circa 40.000 e al momento di abbandonarla, terminata ogni dimostrazione, quasi 70.000.

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