Romagnósi, Giàn Doménico

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filosofo e giurista italiano (Salsomaggiore 1761-Milano 1835). Studiò al collegio Alberoni di Piacenza; fu poi pretore a Trento e, successivamente, professore universitario a Parma, poi a Pavia e infine a Milano. Godette di molta considerazione come giurista del Regno d'Italia, caduto il quale, con la restaurazione dell'Austria in Lombardia, Romagnosi venne allontanato dall'insegnamento pubblico. Si dedicò allora all'insegnamento privato con grande successo. Per la sua scuola, tra il 1817 e il 1821, passò il fiore dell'intelligenza lombarda. Collaboratore del Conciliatore, Romagnosi fu coinvolto nei processi carbonari del 1821. Arrestato, venne poi rilasciato per mancanza di prove, ma gli fu proibito l'insegnamento anche privato. Spirito poliedrico, indagò in molti campi dello scibile umano con intelligente eclettismo. In filosofia si oppose alla “passività della conoscenza” affermata dai sensisti, accettando l'attività degli stimoli sensibili, ma affermando nel contempo l'attività causale dello spirito; contro l'idealismo trascendentale affermò e difese l'oggettività del reale. Le condizioni ideali di sviluppo si realizzano, secondo Romagnosi, solo nel fondamento “dell'ordine morale e della ragione”; funzione del legislatore è quella di ben utilizzare le azioni espresse dalle forze presenti nella società. Per questo egli inclina verso una monarchia temperata, che concili i principi della libertà naturale con quelli della giustizia e della ragione (Scienza delle Costituzioni, postuma, 1848). In diritto Romagnosi prescinde dal libero arbitrio e considera la pena come un mezzo di difesa per la società (Genesi del diritto penale, 1791). In economia opera una netta distinzione fra i fatti economici e quelli morali e politici. In politica si attiene alla formula: “libero cittadino in libero Stato”: il singolo cittadino è libero nelle sue scelte e nelle sue azioni, ma la sua libertà non deve ostacolare la libertà degli altri individui e dello Stato e deve perciò conciliarsi con le esigenze della giustizia e della ragione. Romagnosi afferma la necessità dell'unità d'Italia, ma la ritiene realizzabile solo sulla base di una solida morale pubblica e di interessi generali ben individuati e concreti. Nel nuovo Stato le leggi e gli istituti non dovranno essere dedotti dalla mera teoria, ma dovranno adeguarsi alla concreta realtà sociale. Fra le sue numerose opere vanno ricordate: Che cosa è l'eguaglianza? (1792), Introduzione allo studio del diritto pubblico universale (1805), Assunto primo della scienza del diritto naturale (1820), Della suprema economia dell'umano sapere (1828), Vedute eminenti per amministrare l'economia suprema dell'incivilimento (1834), Della vita degli Stati, Diritto naturale politico (postume, 1845).

Bibliografia

A. Draetta, Della civile filosofia di Gian Domenico Romagnosi, Bari, 1950; R. Alecci, La dottrina di Gian Domenico Romagnosi intorno alla civiltà, Padova, 1966; A. Dentone, Il problema morale in Romagnosi e Cattaneo, Milano, 1968; E. A. Albertoni (a cura di), I tempi e le opere di Gian Domenico Romagnosi, Milano, 1990.

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