Sabèi

sm. pl. Comunità religiosa del Vicino Oriente, scomparsa nel sec. XI. Le prime menzioni sono arabe e vengono da tre passi del Corano: i Sabei, in quanto monoteisti (come gli ebrei, i cristiani e gli zoroastriani), “nulla hanno da temere” da parte dell'Islam. Chi fossero questi Sabei non si può desumere dal Corano. È probabile che il termine, più che un nome proprio indicante una particolare regione o una nazione, fosse un attributo generico per indicare diverse sette non contenibili nell'ortodossia cristiana o ebraica e accomunate per una qualche pratica rituale caratteristica, per esempio il battesimo, come vorrebbero alcuni studiosi che fanno derivare Sabei dall'aramaico ṣeba' (immergere nell'acqua). Ciò spiegherebbe come talvolta siano detti Sabei anche i Mandei, “battezzatori” fioriti in ambiente mesopotamico. Comunque le fonti arabe, a partire dal sec. IX, indicano con più precisione, col nome di Sabei, una comunità religiosa della Mesopotamiasettentrionale, facente capo alla città di Harran, e perciò detta da alcuni studiosi comunità degli Harraniti. La loro religione da un lato parrebbe il frutto di una speculazione di tipo neoplatonico (con una concezione della “divinità” che raggiunge l'uomo passando attraverso le sette sfere planetarie), dall'altro è sorretta da un ritualismo in netto contrasto con questo carattere ideologico. La duplicità e il contrasto furono rilevati dalle stesse fonti arabe, tanto che un autore, Sahrastani, distingue tra due tipi di Sabei: gli adoratori degli astri (l'ideologia astrale delle promanazioni divine) e gli adoratori degli idoli (la pratica cultuale). A tutto ciò va aggiunta una mitologia in cui compaiono un creatore del mondo e almeno tre profeti. Il creatore, più che un “dio unico” nel senso delle religioni monoteistiche, parrebbe la manifestazione primordiale della “divinità”, mentre la presenza divina si manifesta in una pluralità di spiriti o “dei”; ogni spirito ha il suo tempio e il relativo campo d'azione; i sette spiriti principali hanno per tempio ciascuno un pianeta e per campo d'azione ciascuno la relativa sfera planetaria; il rapporto tra spirito e tempio è lo stesso che corre tra anima e corpo. I mitici “profeti” sono: ʽAdimūn (Buono Spirito, corruzione del termine greco Agathodáimon), identificato con l'egiziano Seth; il dio greco Ermete (il che farebbe pensare a un'origine ermetico-gnostica), identificato con Idrīs, antico profeta secondo la tradizione islamica; e infine il greco Orfeo. Tutti gli elementi mitici, come si vede, si riferiscono a una cultura ellenizzante, motivo per cui acquista un senso anche l'impressione di una derivazione neoplatonica del sistema teorico che essi sostengono. La comunità sabea di Harran fu in generale rispettata dai califfi, anche perché si era imposta come un importante centro di cultura. Per l'anno 872 si ha notizia della persecuzione di una comunità sabea di Baghdad che era stata fondata da un dissidente della comunità di Harran, di nome Tabit ben Qurra. In data 975, invece, si ha un editto di tolleranza per le comunità sabee di Harran, di Raqqa e di Diyar Muda. Una relazione del 1033 ci attesta la decadenza di Harran: di tutti gli edifici sacri restava soltanto il tempio della Luna. Seguì la completa estinzione dei Sabei.

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