Schwa

s. neutro tedesco (dall'ebraico šĕvā') usato in italiano come sm. (anche nell'adattamento scevà). Nella grammatica ebraica, il segno grafico usato per indicare mancanza di vocale o vocale ridotta. Nella linguistica indeuropea il termine è stato introdotto dal danese H. Möller per indicare un'originaria vocale ridotta indeuropea di timbro indistinto, segnata graficamente con e capovolta (∂), supposta per spiegare la corrispondenza di una i indoiranica a una a della maggior parte delle altre lingue indeuropee (sanscrito pita, latino pater, da indeuropeo p∂tēr). Si sono successivamente postulati almeno tre tipi di schwa (∂₁, ∂₂, ∂₃) con un valore consonantico laringale. Alla fine dell'Ottocento lo schwa è stato scelto dai compilatori dell'alfabeto fonetico internazionale per indicare una vocale breve e indistinta presente in molte lingue. Attualmente lo schwa è al centro del dibattito per rendere l'italiano una lingua più inclusiva e svincolata dal predominio del genere maschile. Molti propongono infatti di utilizzare lo schwa al posto della desinenza maschile (come prevede la grammatica italiana) in tutti quei casi in cui ci si riferisce a gruppi misti di persone. La scelta è ritenuta particolarmente appropriata da molti linguisti, in considerazione del suo uso come convenzione grafica nell'alfabeto fonetico internazionale per definire il suono delle vocali medie, ma anche perchè graficamente assomiglia ad una forma intermedia tra una e una o, che sono le due vocali con cui la lingua italiana identifica il genere femminile e il genere maschile. 

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