Scipióne Emiliano, Pùblio Cornèlio

(latino Publíus Cornelíus Scipío Aemiliānus). Condottiero e uomo politico romano (Roma 185 o 184-129 a. C.). Figlio secondogenito di Lucio Emilio Paolo, a fianco del quale combatté a Pidna nel 168, venne adottato, ancora adolescente, dal primogenito dell'Africano che non aveva eredi diretti. Crebbe così nell'ambiente filellenico e liberale del Circolo degli Scipioni, dove ebbe come maestri Polibio e Panezio. Iniziò la carriera militare in Spagna nel 151 combattendo contro i Celtiberi in rivolta; si distinse poi, in qualità di tribuno militare, all'inizio della terza guerra punica, nell'assedio di Cartagine, tanto che il re di Numidia Massinissa gli affidò l'incarico di sistemare la successione, nel suo regno, tra i suoi tre figli, compito che egli assolse poi felicemente. Nel 147 la stima e la simpatia di cui godeva a Roma, insieme alla convinzione diffusa che egli fosse l'unico condottiero in grado di porre fine alla terza guerra punica, lo portarono al consolato, sebbene non avesse ancora l'età legale per quella carica: l'anno successivo, dimostrando energia e abilità riuscì infatti a far capitolare e a distruggere Cartagine, sulle cui rovine, secondo la tradizione, avrebbe pianto. Si adoperò poi nell'organizzazione della nuova provincia d'Africa e fu censore nel 142; nel 134, sebbene le rielezioni fossero vietate, aggravandosi le ribellioni dei popoli iberici, fu nuovamente eletto console e distrusse nel 133 la città di Numanzia, centro della resistenza spagnola. Morì misteriosamente al tempo dei tumulti causati a Roma dal programma agrario di Tiberio Gracco (di cui era cognato avendone sposato la sorella Sempronia), da lui avversato poiché sconvolgeva la politica di equilibrio tra Roma e la confederazione italica perseguita dal Senato.

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