Terèsa d'Ávila

(Teresa de Ávila; al secolo Teresa de Cepeda y Ahumada). Santa, riformatrice religiosa e scrittrice mistica spagnola (Ávila o Gotarrendura 1515-Alba de Tormes, Salamanca, 1582). Discendente da una famiglia ebrea di Toledo, convertita verso la fine del sec. XV e trasferitasi poi ad Ávila, nel 1534 entrò nel convento carmelitano dell'Incarnazione, nella sua città, dove trascorse molti anni oscuri. Ne uscì nel 1562, per iniziare un'energica riforma dell'ordine carmelitano; e nel ventennio successivo fino alla morte percorse instancabilmente la Spagna, fondando altri sedici conventi riformati e superando difficoltà d'ogni genere. Fu persino processata dall'Inquisizione di Siviglia. Ma nulla poté piegare l'intrepida e intelligentissima donna, dotata di un carattere aperto e sereno, naturalmente semplice e ottimista. Fra i molti amici contò Giovanni della Croce e Giovanni d'Ávila, religiosi gesuiti e di altri ordini, che compresero l'urgenza e la necessità di una riforma spirituale alle soglie dell'età moderna, e semplici laici devoti che continuavano a coltivare, più o meno in segreto, le idee degli erasmisti e degli alumbrados, in un'epoca controriformistica e in un Paese inquisitoriale e “chiuso” quale era la Spagna di Filippo II. Fu canonizzata nel 1622. Nel 1970 fu proclamata dottore della Chiesa. Ebbe una modesta cultura, in gioventù lesse i romanzi cavallereschi e poi vari testi religiosi, antichi e moderni. Scrisse molte lettere (ne sono state pubblicate ca. 450), ma quasi tutte negli ultimi vent'anni vertiginosi e perciò con scopi pratici, piuttosto “parlate” che scritte, e una trentina di poesiole, in genere adattamenti religiosi di preesistenti canzoni popolari o colte. Senonché un giorno, verso il 1560, quando stava per lasciare il monastero “mitigato” per lanciarsi a capofitto nell'azione di riforma, due dotti e pii amici ai quali aveva svelato, in parte, le cose straordinarie che erano cominciate a succederle (visioni mistiche, voci soprannaturali), sentenziarono sbigottiti che erano opera del demonio. A questo punto, stimolata da savi confessori (il gesuita Cetina e poi il domenicano Ibáñez), Teresa si mise a scrivere, per capire e per capirsi; e così nacquero la prima e la seconda redazione dello stupendo Libro de su vida, pubblicato postumo da Luis de León nel 1588; e successivamente, nelle pause dell'infaticabile azione riformatrice, il Camino de perfección (1562-69; Cammino di perfezione), mirabile regola della vita ascetica; Las Moradas o Castillo interior (1577; Il castello interiore), capolavoro mistico, la cui lucida serenità risulta tanto più sorprendente dove si sappia che fu scritto in momenti difficili (Teresa era a Toledo, ammalata, mentre la sua opera pareva sul punto di fallire); e infine il Libro de las Fundaciones (Libro delle fondazioni di Santa Teresa), puntuale relazione delle travagliate vicende della riforma, iniziato nel 1573 e finito a Burgos l'anno stesso della sua morte. A parte altri scritti minori, le quattro opere sono di straordinario rilievo, giudicabile da almeno tre punti di vista: quello storico, perché sono testi capitali per la storia della cultura spagnola della seconda metà del sec. XVI; quello religioso, perché in essi (come negli scritti del coevo Giovanni della Croce, che però è più rigoroso teologo, mentre Teresa è più “umana” e quindi “scrittrice”) culmina in Spagna, per diramarsi poi in altri Paesi (specie la Francia), un secolo almeno di letteratura ascetica e mistica, nata da radici medievali ma ravvivata dall'incontro con le correnti platoniche e agostiniane del Rinascimento; e infine quello letterario, dato che questa mistica, immersa nell'azione cristiana in un mondo pieno d'odi e d'ingiustizie, era senza saperlo una grande scrittrice. Sempre semplice e spontanea, anche quando scrive di cose soprannaturali, acuta osservatrice della realtà e innamorata della natura, Teresa “scrive come parla”, in fretta, con digressioni, incisi, anacoluti, fulminee allusioni subito lasciate cadere, venature umoristiche, ingenuità sentimentali, slanci lirici presto smorzati, attimi autocritici (“Válgame Dios, en lo que me he metido”), sempre scoprendo, quasi in virtù di un infallibile istinto, l'uscita dai labirinti sintattici in cui la sospinge il suo impeto, e sempre ritrovando quella “llaneza y claridad por la que yo soy perdida”. Festa il 15 ottobre.

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