Testóri, Giovanni

scrittore, critico d'arte e pittore italiano (Novate Milanese 1923-Milano 1993). Laureato in filosofia, esordì nel 1948 con un testo di sperimentazione teatrale, Caterina di Dio, e si fece conoscere come narratore con Il dio di Roserio (1954): un racconto lungo, al centro del quale è il “lumpenproletariat” della periferia milanese. La ricognizione nel mondo del sottoproletariato prosegue con i romanzi Il ponte della Ghisolfa (1958), La Gilda del Mac Mahon (1959) e Il fabbricone (1963), che, con le commedie La Maria Brasca (1960) e L'Arialda (1961), costituiscono il ciclo de “I segreti di Milano”. La loro pubblicazione suscitò vive polemiche per la cruda violenza del linguaggio fino a provocare, per L'Arialda, un intervento della censura. Dopo i volumi di poesia I trionfi (1965) e Crocifissione (1966), che per il loro linguaggio sontuosamente barocco segnano la fase di distacco di Testori dal neorealismo, l'interesse teatrale di Testori si è concentrato su personaggi storici (La Monaca di Monza, 1967) e biblici (Erodiade, 1969), le cui complesse e morbose situazioni interiori sollecitavano un'indagine di tipo psicanalitico: l'esito più significativo di questa nuova fase è costituito da L'Ambleto (1973), che insieme a Macbetto (1974) ed Edipo (1977) forma un trittico teatrale imperniato sulla rivisitazione, in chiave di modernissima angoscia, delle tragedie classiche. Gli stessi accenti imploranti, disperati si ritrovano nelle raccolte di versi L'amore (1968), Per sempre (1970), Nel tuo sangue (1973), Ossa mea (1983), Diademata (1986), nei romanzi La cattedrale (1974), Passio Laetitiae et Felicitatis (1975), In exitu (1988), Gli angeli dello sterminio (1992), nelle ultime opere teatrali (Conversazione con la morte, 1978; Interrogatorio a Maria, 1979; Post-Hamlet, 1983; I Promessi Sposi alla prova, 1984; Confiteor, 1985; Sfaust, 1990), dove il nichilismo totale si attenua in una ricerca di Dio come approdo finale, e nell'ultima opera, pubblicata postuma, Tre lai (1994). A una vena commossa e insieme violenta fino all'osceno, vitalissima e insieme drammatica e cruenta, in cui sopravvivono il ricordo di Géricault e la spiritualità contorta degli amati pittori manieristi lombardi, cui ha dedicato gran parte dei suoi saggi critici, si ricollega anche l'attività di Testori pittore e disegnatore ripresa negli anni tra il 1960 e il 1970 (mostre personali a Torino, Galleria Galatea, 1971; Milano, Galleria Jolas, 1974; Aosta, 1993). Colori vivaci e pastosi e una materia pittorica di consistenza quasi fisiologica, definiscono figure e pezzi anatomici, nature morte e “macellerie”, con la stessa inquietante e alienata sensualità.

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