Tibèrio, Clàudio Neróne

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(latino Tiberíus Claudíus Nero). Imperatore romano (Roma 42 a. C.-Capo Miseno 37 d. C.), figlio, con Druso, di Livia, terza moglie di Augusto, e di Tiberio Claudio Nerone; si distinse presto in missioni diplomatiche (in Armenia nel 20 e nel 6 a. C.) e in vittoriose campagne militari (in Rezia nel 15 a. C.; in Pannonia nel 12 e 9; in Germania nell'8). Nello stesso periodo fu pretore (19), console (13), ebbe l'imperium proconsolare (9) e la tribunicia potestas (6). Nell'11 a. C. Augusto gli fece sposare sua figlia Giulia, affidandogli il compito di tutore sui nipoti Caio e Lucio, ma Tiberio, sentendosi messo in disparte dalla successione, nel 6 si ritirò a Rodi in volontario esilio finché, morti Caio e Lucio (suo fratello Druso era già morto nel 9), nel 4 a. C. Augusto lo adottò, così Tiberio, già investito della tribunicia potestas e dell'imperium proconsolare (divenuto dal 13 d. C. maius et infinitum), restò l'unico erede di Augusto e di fatto già coreggente suo. Salito al trono nel 14, Tiberio si pose come programma di proseguire nella politica del predecessore, evitò ogni ingrandimento territoriale limitandosi, sia sul Reno sia in Oriente, a operazioni di confine e a interventi diplomatici, o a reprimere le rivolte scoppiate in Africa (17) e in Gallia (21). All'interno, poi, ricorrendo sempre più a collaboratori diretti, continuò nella tendenza, già in atto con Augusto, a ridurre l'importanza delle tradizionali magistrature repubblicane e a esautorare gradualmente le assemblee popolari, la cui funzione diventò semplice atto formale di approvazione dei deliberati del principe. Col Senato Tiberio ebbe rapporti difficili, sia per il carattere ambiguo e schivo sia per gli intrighi di Agrippina, vedova di Germanico, della cui morte (19) venne sospettato lo stesso Tiberio. In questo clima di diffidenza il principe subì l'influenza del prefetto del pretorio Seiano, che lo persuase a esiliare Agrippina col figlioletto Nerone e a imprigionare l'altro figlio di Germanico, Druso. Nel 27 si ritirò a Capri accentuando così il suo isolamento. Seiano, rimasto padrone di Roma, tramò anche contro il terzo figlio di Germanico, il futuro Caligola, al quale andavano le simpatie di Tiberio per la successione, ma questa volta fu scoperto e giustiziato (31). Negli ultimi anni della sua vita, Tiberio sempre più isolato e inacidito promosse, in un clima di crescente terrore, una serie di processi contro ogni possibile avversario, facendo così dimenticare le sue capacità militari, l'azione portata avanti nell'organizzazione delle province, le doti di provetto amministratore, il rigoroso senso di giustizia dei primi anni. § I ritratti plastici di Tiberio trovano preciso riscontro nelle effigi monetali e in alcune gemme antiche. I tipi vanno dal ritratto giovanile (testa da Smirne alla Gliptoteca Ny Carlsberg a Copenaghen) alla versione dell'età matura (erma da Ercolano al Museo Nazionale di Napoli; busto del Museo Nazionale Romano; testa di Nîmes), a quella infine dell'età più avanzata (statua di Priverno, Musei Vaticani).

Bibliografia

A. Garzetti, L'impero da Tiberio agli Antonini, Roma, 1961; E. Kornemann, Tibère, Parigi, 1962; J. H. Thiel, Kaiser Tiberius, Darmstadt, 1970; R. Seager, Tiberius, Londra, 1972; A. Spinosa, Tiberio, Milano, 1988.

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