Tura, Cosmè

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pittore italiano (Ferrara ca. 1430-1495). Caposcuola della pittura ferrarese quattrocentesca, che fu una delle espressioni più originali della cultura rinascimentale italiana, si formò a Ferrara, a contatto con le eleganze tardogotiche di Pisanello e di Gentile da Fabriano, con il drammatico realismo del fiammingo Rogier van der Weyden e soprattutto con il monumentalismo umanistico di Piero della Francesca e di Mantegna. Il problema di tali molteplici influenze, facilmente ravvisabili nella sua opera, è complicato dalla perdita delle sue maggiori opere giovanili e dalla difficoltà di stabilire una sicura cronologia per quelle pervenute. In termini molto generali, si può riconoscere un accentuato riferimento allo Squarcione e a Mantegna nel decennio 1450-60, da cui poi Tura elaborò e sviluppò un uso quasi esasperato della linea, continuamente spezzata e ondulata, di grandissima sensibilità decorativa. Praticamente, solo attraverso questo linearismo Tura riuscì a esprimere il volume delle figure e la necessaria profondità prospettica (mai troppo accentuata in lui), giungendo quindi anche a forme “brutte” o deformi per sottolineare i valori espressivi, riuscendo inoltre a definire i più minuziosi particolari (Madonna col Bambino dormiente, Venezia, Gallerie dell'Accademia; Primavera, Londra, National Gallery). La sua singolarità figurativa, accresciuta anche dall'impiego di una tavolozza poco “gradevole” (verdi, azzurri, rosa, violacei e bruni nelle loro tonalità più aspre e accese e con accostamenti stridenti), trova massima espressione nel gruppo di opere comprendenti le portelle d'organo per la cattedrale di Ferrara, raffiguranti l'Annunciazione e San Giorgio e la principessa (1468-69); la Pala Roverella (1474), ora dispersa in vari musei (si ricordano la Madonna col Bambino e Angeli, Londra, National Gallery, e la lunetta con la Pietà, Parigi, Louvre); gli affreschi per il Palazzo Schifanoia di Ferrara (Tura ideò probabilmente l'intero ciclo; di sua mano sono il Settembre e parte dell'Agosto e del Luglio). A questo nucleo di opere si possono accostare i due piccoli capolavori costituiti dall'ironico e quasi surreale S. Giovanni in Patmos (Genova, collezione privata) e dalla tragica e “mostruosa” Pietà (Venezia, Museo Correr). Pittore di corte fin dal 1458, Tura fu impegnato da Borso d'Este e poi dal figlio Ercole soprattutto come decoratore e come fornitore di disegni per arazzi e per oggetti d'argenteria e oreficeria, oltre che come ideatore di allestimenti di tornei e di feste. Tale attività, assai intensa e prevalente su quella di pittore, ma della quale non resta quasi nulla, potrebbe spiegare, insieme a un probabile rapporto con i miniatori degli Estensi (di origine nordica), l'uso caratteristico della linea e del colore di Tura, il suo insistere sul particolare e anche certe sorprendenti analogie (come il gusto per l'orrido) con la cultura figurativa dei Paesi tedeschi. L'influenza di Tura fu determinante per il costituirsi di una cultura figurativa autonoma a Ferrara, rappresentata, oltre che da numerosi seguaci e allievi, da Ercole de' Roberti e da Francesco del Cossa.

Bibliografia

M. Salmi, Cosmè Tura, Milano, 1957; E. Ruhmer, Cosimo Tura, Paintings and Drawings, Londra, 1958; P. Bianconi, Cosmé Tura, Milano, 1963; E. Riccomini, Cosmè Tura, a cura di F. Russoli, Milano, 1978; J. Bentini (a cura di), San Giorgio e la Principessa di Cosmè Tura, Bologna, 1985.

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