Vignòla, Iàcopo Baròzzi, detto il-

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architetto e trattatista italiano (Vignola 1507-Roma 1573). Formatosi inizialmente come pittore e quadraturista, fu presto attratto dall'architettura, assimilando a Bologna la lezione della trattatistica serliana e dedicandosi a Roma (1530-35) allo studio e al rilievo dei monumenti antichi. Dopo un breve soggiorno (1541-43) a Fontainebleau, dove ebbe modo di verificare in atto uno dei maggiori momenti del manierismo, si affermò come architetto in un successivo soggiorno bolognese (progetto per la facciata di S. Petronio; palazzo Bocchi, 1545, di impronta serliana). Trasferitosi a Roma, dal 1549 svolse una vasta e intensa attività, al servizio dei Farnese (a cominciare dalla direzione dei lavori del loro celebre palazzo romano) e del papato. L'attività architettonica del Vignola è ricca di ambiguità e di contraddizioni: da un lato è indubbio che le sue opere più valide (villa Farnese a Caprarola, 1559-73, innestata sull'impianto di una fortezza pentagonale iniziata da Antonio da Sangallo il Giovane; villa Lante a Bagnaia, dal 1566; progetti per il palazzo Farnese di Piacenza, 1560-64; i distrutti Orti Farnesiani sul Palatino a Roma, 1565-73) risentono della fertilità di invenzioni del manierismo (il cortile circolare, la scala ovale, la grande rampa d'accesso a Caprarola; gli straordinari giardini, le fantasiose fontane e i due casini di villa Lante); d'altro canto, l'affermazione maggiore del Vignola fu legata alla sua abilità professionale (direzione dei lavori della villa per Giulio III, 1551-55, e della fabbrica di S. Pietro, dal 1565) e alla sua capacità di creare uno stile che, assorbendo lo sperimentalismo serliano e i fermenti manieristi, proponesse “modelli” codificati, tipologie ripetibili. Questo stile ben si adattava alla volontà della Controriforma, di cui fu capolavoro la Chiesa del Gesù (iniziata nel 1568 e terminata nel 1576 da G. Della Porta con una facciata discordante dal progetto originale del Vignola), organismo imponente ma scarsamente articolato, a navata unica con cappelle laterali, prototipo del cosiddetto “stile gesuitico”. Di pari fortuna, sul piano teorico, fu il trattato vignolesco Regola delli cinque ordini d'architettura (1562), fissazione canonica e astorica degli ordini architettonici, modello accademico di enorme diffusione. L'ultima opera notevole dell'architetto, la chiesa di S. Anna dei Palafrenieri (progetto ca. 1570), ne ripropone invece l'ambiguità nell'impianto ellittico, che consegna ai futuri sviluppi barocchi una fertile idea manieristica.

Bibliografia

J. Coolidge, Studies on Vignola, New York, 1950; M. Walcher Casotti, Il Vignola, Trieste, 1960; A. Orazi, Jacopo Barozzi da Vignola, Roma, 1982.

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