Zibaldóne

titolo sotto il quale è stato raccolto tutto il complesso di appunti, note, concise osservazioni riguardanti i più diversi temi, che G. Leopardi scrisse senza un ordine prestabilito dal 1817 al 1832 a intervalli discontinui. Rimasto ignorato per molto tempo, lo Zibaldone fu pubblicato da una commissione presieduta da G. Carducci in occasione del centenario della nascita del poeta, col titolo di Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura (1898-1900) e ristampato nel 1937-38 a cura di F. Flora, che preferì il titolo originale leopardiano. Letteratura, filologia, linguistica, arte, filosofia, sociologia, storia, politica costituiscono i temi fondamentali di questo che si può definire una sorta di ricchissimo diario intellettuale, in cui possono ritrovarsi temi e motivi dei Canti e soprattutto delle Operette morali. La mancanza di sistematicità impedisce di ricostruire dagli appunti dello Zibaldone quella che si suole a torto definire la “filosofia” di Leopardi, né d'altro canto questo era lo scopo del poeta, indagante sugli innumerevoli problemi della vita umana: la natura, il dolore, l'infelicità, il bello, l'assuefazione, l'incivilimento, l'imitazione degli antichi, la ragione, la poesia ecc. Lo Zibaldone però rappresenta soprattutto il momento in cui Leopardi conduce le sue teorie pessimistiche a un limite estremo, collaudandone la validità senza cedere al sentimento: in altre parole, i grandi temi della sua poesia vengono come scarniti in una drammatica essenzialità, in una visione del mondo che rifiuta ogni irrazionale consolazione e che culmina in una consapevole accettazione di un rigido materialismo. Nasce di qui, sia pure in maniera frammentaria, il “sistema filosofico” leopardiano, che mostra i suoi fondamenti agnostici e sensistici: una filosofia antiromantica che si sovrappone a una sensibilità romantica.

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