aeropittura

sf. [sec. XX; aero-+pittura]. Genere di pittura promosso da numerosi artisti del secondo futurismo codificato nel 1929 nel Manifesto dell'aeropittura futurista redatto da F. T. Marinetti e Mino Somerzi. Le tematiche dell'aeropittura, già formulate nel 1926 alla Biennale di Venezia, furono pubblicate nel 1931 nel catalogo della mostra futurista alla Galleria Pesaro di Milano. Si tratta di una visione cosmica, di un'estetica vaga del volo e della vita aerea, configurantesi in una formulazione plastica spaziale, con casuali elementi figurativi e contrapposizione di piani in movimento. L'aeropittura, sperimentata sotto forma di fantasie aeree da Dottori, Benedetta, Corona, Belli, Monachesi, Peruzzi, Rosso e Delle Site, si traduce anche in una sorta di documentarismo aeronautico nel segno di T. Crali (si ricordi che in quegli anni I. Balbo intraprendeva le celebri trasvolate del Mediterraneo e poi dell'Oceano Atlantico). Prassi figurativa fondamentale nella prospettiva di un ulteriore analogismo al mito meccanico, l'aeropittura è un genere innovativo sia rispetto alla fase analitica della ricerca di simultaneità dinamiche delle forme, svolta dai pittori e dagli scultori futuristi degli anni Dieci del Novecento, sia rispetto al successivo momento di sintesi elaborato inizialmente da Balla, Depero e Prampolini e definito nel 1920 “arte meccanica”. L'aeropittura si è dissolta come movimento alla caduta del fascismo di cui aveva rappresentato per molti aspetti la retorica nazionalistica e la prosopopea bellicistica.

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