al-Fārābī, Abū Naṣr Muḥammad

filosofo arabo (Wasīg, Turkestan, ca. 870-Damasco 950 o 951). Svolse gran parte della sua attività a Baghdad ma passò gli ultimi anni ad Aleppo. Nella sua filosofia si combinano tesi di origine aristotelica e di origine neoplatonica. Da Plotino (assimilato attraverso la Theologia Aristotelis) assume la concezione emanatistica dell'universo dall'Uno al molteplice, dall'eterno al temporale. Dall'Uno deriva l'intelletto divino o intelletto universale in atto che contiene in sé tutte le forme intelligibili: da esso al-Fārābī distingue l'intelletto umano o intelletto possibile che diventa attuale solo per la partecipazione sempre più intima e piena all'intelletto divino, costituendosi così come intelletto acquisito. L'argomentazione di al-Fārābī ha tutta la forza della logica apodittica di Aristotele di cui tradusse l'Organon, mentre il suo pensiero si sostanzia di concetti platonici: mosso dalla preoccupazione di accordare la ricerca filosofica e scientifica con l'ispirazione religiosa dell'Islam, nella Concordanza di Platone e di Aristotele al-Fārābī tentò di mostrare che le dottrine dei due filosofi greci sono conciliabili. Fra le altre opere (alcune tradotte in latino già nel Medioevo): De intellectu, De scientiis, De ortu scientiarum.

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