Lessico

sm. [sec. XIV; dal latino tardo alphabētum, composto dalle prime due lettere dell'alfabeto greco, álpha e bḗta]. Il complesso dei segni (lettere) che rappresentano i suoni di una determinata lingua; abbecedario. Anche sistema di simboli che rappresentano le lettere: alfabeto Morse (per questo e per tutti gli alfabeti telegrafici, vedi codice). Fig., primi principi, nozioni fondamentali: ha imparato da solo l'alfabeto della chimica; perdere l'alfabeto, perdere la testa, non raccapezzarsi.

Linguistica: la scrittura alfabetica

In origine la parola che denotava un dato oggetto fu indicata con l'immagine dell'oggetto stesso, cioè con un ideogramma. È questo il principio su cui si basa essenzialmente la primitiva scrittura pittografica o ideografica. Come esponente diretto di un significato più che del suo contesto fonematico, l'ideogramma assume un valore universale, e può quindi essere usato e compreso in diverse lingue che allo stesso ideogramma faranno corrispondere le diverse parole indicanti ciò che l'ideogramma raffigura. Un passo fondamentale nell'evoluzione dell'alfabeto è stato fatto con l'applicazione del principio acrofonico, per cui un originario ideogramma è stato usato per indicare solo il suono o la sillaba iniziali della parola espressa dall'ideogramma. Fu l'alfabeto fenicio a sviluppare il principio dell'acrofonia già in parte impiegato dagli Egiziani. In lingue in cui la struttura portante delle parole è costituita dalle consonanti, l'ideogramma passò a indicare la consonante iniziale della parola significata (acroconsonantismo), in altre invece passò a indicare tutta la prima sillaba (acrosillabismo). Si formarono così sistemi alfabetici i cui segni notavano soltanto le consonanti (così fanno ancora gli alfabeti di lingue semitiche come l'ebraico, il siriaco, l'arabo), o intere sillabe (è il procedimento in uso nella scrittura sillabica accadica, nella scrittura cretese lineare A e B, nella scrittura lineare cipriota). I sistemi alfabetici così ottenuti, quello di tipo consonantico e quello di tipo sillabico, risultarono ancora insoddisfacenti: il primo soprattutto per quelle lingue in cui non solo le consonanti ma anche le vocali hanno una funzione determinante (si pensi, per esempio, alle insuperabili difficoltà che creerebbe un alfabeto che scrivesse solo le consonanti di parole italiane come nave, neve, nove), il secondo per ragioni essenzialmente pratiche in quanto portava a una smisurata moltiplicazione dei segni alfabetici. Un primo accorgimento per semplificare l'eccessiva complessità della scrittura sillabica si può vedere nelle scritture Brahmī dell'India, dove il segno sillabico indicante la sillaba con la vocale a è stato determinato con particolari simboli grafici in modo da indicare distintamente anche le sillabe con altri coefficienti vocalici (i, u, e, o, ai, au). Anche in Persia si possono scorgere indizi che in qualche modo preludono al passaggio dal sistema di scrittura sillabica a quello più propriamente alfabetico. Nella scrittura cuneiforme persiana infatti si incomincia a notare l'uso di segnare le vocali i e u accanto al segno sillabico indicante già per se stesso consonante più i o u. Uno stadio di passaggiodalla scrittura sillabica a quella alfabetica è possibile vedere anche nella scrittura cuneiforme neoelamica. Ma il passo decisivo che ha concluso il processo di evoluzione dell'alfabeto venne compiuto dai Greci: essi giunsero a integrare il segno consonantico con quello vocalico per riprodurre graficamente la sillaba, senza bisogno di ricorrere a tanti segni quante erano le sillabe della lingua. L'alfabeto greco fu tratto, verso il sec. X a. C., dall'alfabeto fenicio: questo fornì i simboli per le consonanti mentre per le vocali, inesistenti in fenicio, furono utilizzati i simboli delle consonanti estranee al sistema linguistico greco: 'alef per a (álpha), yod per i (iota), ʽayin per o, he per e, ecc. La principale modifica fu l'inversione dei segni, dovuta alla scrittura che in fenicio era destrorsa e divenne in greco sinistrorsa. Dapprima l'alfabeto fu leggermente diverso nei territori orientali e occidentali del mondo greco: ma poi fu adottato universalmente quello degli Ioni con 24 lettere. La sua introduzione ufficiale ad Atene avvenne sotto l'arconte Euclide nel 403-402 a. C.

Linguistica: incongruenze dei sistemi alfabetici

Dalla primitiva simbolica rappresentazione figurata si giunse così, attraverso un'evoluzione millenaria, alla scomposizione di ciò che si voleva esprimere nelle sue fondamentali unità fonematiche e alla loro rappresentazione grafica a mezzo di singoli segni. Il principio ispiratore della scrittura alfabetica ebbe un'immediata e rapida diffusione e a essa si fece ricorso ogniqualvolta nel corso dei secoli si presentò la necessità di fissare per iscritto una determinata lingua. Tale necessità si fece ripetutamente sentire specialmente quando, per la propagazione del nuovo messaggio religioso, si pose il problema di tradurre la Bibbia nelle lingue dei popoli che si volevano cristianizzare. Ulfila nel sec. IV, Mesrop Mastoc all'inizio del sec. V, Cirillo e Metodio nel sec. IX, fornendo ai Goti, agli Armeni e agli Slavi l'alfabeto che non possedevano, non fecero altro che applicare un principio già scoperto e la loro opera fu certo agevolata dai modelli a cui potevano ispirarsi. I progressivi, ulteriori perfezionamenti poterono certo migliorare la praticità e la funzionalità dell'alfabeto, ma non riuscirono a eliminarne completamente i difetti e le deficienze. I vari sistemi alfabetici attuali presentano infatti, in misura diversa, incongruenze e imperfezioni, in parte riconducibili a difetti che erano già all'origine, in parte dovuti al fatto che spesso una lingua ha adottato fonemi di un'altra lingua che aveva caratteristiche sensibilmente diverse, in parte infine spiegabili con il divario che si è venuto creando tra l'alfabeto, per se stesso statico, e la realtà linguistica in perenne divenire. Si hanno così nei vari alfabeti oggi in uso segni cui non corrisponde alcun valore fonetico, segni plurivalenti (cioè un solo segno per diversi suoni) e, viceversa, più segni per uno stesso suono. L'evidenza di questa precaria situazione ci può apparire soprattutto macroscopica nei sistemi alfabetici di lingue straniere. Basti pensare alle parole inglesi ill, become, cities, silly, money dove lo stesso fonema è indifferentemente scritto i, e, ie, y, ey, o alle parole francesi mot, faux, cadeau dove lo stesso fonema è indifferentemente scritto o, au, eau. Viceversa nelle parole inglesi food, flood, floor lo stesso segno oo indica tre suoni diversi. Anche in italiano possiamo trovare diverse grafie per lo stesso fonema (in amica, amiche, cuore, quote, la velare sorda è scritta con c, ch, q) e viceversa un'identica grafia per più fonemi (in casa, cena lo stesso segno c indica due suoni ben diversi). Inoltre l'italiano non distingue graficamente e chiusa da e aperta che in sillaba tonica sono fenomeni distinti, atti quindi a differenziare due parole: pesca (con e aperta è il frutto, con e chiusa l'atto del pescare o la III pers. pr. dello stesso verbo), venti (con e aperta è sostantivo, con e chiusa è numerale), botte (con o aperta “percosse”, con o chiusa “recipiente”), fosse (con o aperta è sostantivo, con o chiusa è verbo). Di fronte a una situazione di questo genere bisogna però procedere con estrema cautela e guardarsi da rimedi semplicistici che potrebbero risolvere alcuni problemi, ma ne creerebbero altri. Per esempio, in inglese e in francese si presenta abbastanza spesso il caso inverso a quello or ora visto in italiano, cioè parole con identica pronuncia e diversa grafia: inglese sun e son, court e caught, knight e night, ecc.; francese tant e temps; os, au, eau, haut; cent, sang, sans; sain, saint, sein, ecc. In questi casi un alfabeto che riproducesse esattamente i fonemi annullerebbe la distinzione grafica di queste forme lessicali omofone che invece risultano ben caratterizzate dalla diversa grafia. La perfetta corrispondenza tra suono e segno grafico, che è estremamente difficile se non impossibile ottenere con i vari alfabeti storici, si è raggiunta con i cosiddetti alfabeti fonetici formati da numerosi e complessi simboli.

Simbologia

Significati simbolici e mistici dell'alfabeto nel suo complesso e nelle singole lettere si trovano già negli scritti mistici giudaici: alef e tau equivarrebbero all'alfa e omega dei greci; da parte loro gli haggadisti annettono alle lettere un valore cosmico e attribuiscono loro una parte rilevante nella creazione del mondo e nella rivelazione sinaitica. I cabalisti si basano sul valore numerico delle lettere per stabilire l'età del mondo; a ogni lettera corrisponderebbe inoltre un'essenza spirituale: la prima lettera sarebbe la fonte di tutte le altre e queste a loro volta si dividerebbero in gruppi, carichi ognuno di un proprio particolare significato: mistero della grazia, mistero della misericordia, mistero della giustizia. Ogni combinazione di lettere esprimerebbe inoltre un'idea mistica e con una di esse si potrebbe creare anche un uomo. Nel cristianesimo primitivo la sigla alfa e omega è simbolo della divinità come principio e fine di tutte le cose; uguale significato ha la croce decussata, con dentro inscritte le lettere degli alfabeti greco e latino. Gli gnostici arricchiscono il simbolismo dell'alfabeto fino all'abuso: le 24 lettere dell'alfabeto greco significano la verità e il mistero dell'incarnazione di Cristo; le sette vocali simboleggiano le sette corde dell'eptacordo, che sprigiona le sue armonie per onorare Dio.

Bibliografia

M. Choen, La grande invention de l'écriture et son évolution, Parigi, 1958; D. Diringer, L'alfabeto nella storia della civiltà, Firenze, 1969; S. Gregorietti, La forma della scrittura. Tipologia e storia degli alfabeti dai sumeri ai giorni nostri, Milano, 1988.

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