amnistìa

sf. [sec. XVII; dal greco amnēstía, oblio, condono]. Provvedimento di clemenza a carattere generale, concesso con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale (art. 79 Cost., così sostituito dalla legge costituzionale 6 marzo 1992, n.1), con il quale si stabilisce che i reati commessi fino a una data determinata sono estinti (amnistia propria) e che l'esecuzione della condanna intervenuta per essi è cessata (amnistia impropria). Di norma l'amnistia non si applica ai recidivi, ai delinquenti abituali, professionali e per tendenza. La sua concessione può essere subordinata a condizioni od obblighi. Il giudice applica l'amnistia propria prescindendo dalla valutazione del merito e quindi dalla considerazione delle prove di responsabilità del reo e di ogni altra questione relativa all'azione penale; né può compiere ulteriore attività istruttoria. Dove peraltro esistano, allo stato degli atti, le prove che il fatto non sussiste o che l'imputato non l'ha commesso o che il fatto non è preveduto dalla legge come reato, il giudice deve pronunciare il proscioglimento dell'imputato.

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