animalìstica, arte-

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stile che predilige, sia nella modellazione sia nella decorazione, forme e soggetti animali. La rappresentazione degli animali, sia in epoche sia in regioni diverse, occupa un ruolo essenziale tanto che, in alcuni casi, finisce col coinvolgere tutta la volontà creativa. Per l'epoca contemporanea ne sono testimoni i Boscimani dell'Africa meridionale, le figure sulle pareti rocciose dell'Australia e la produzione artistica eschimese; per il passato le pitture nelle caverne nell'età glaciale in Francia o la produzione dell'antico Oriente. Una particolare espressione figurativa dell'animale appare quasi simultaneamente intorno al 1500 a. C. Essa prende diffusa consistenza in coincidenza con lo sviluppo della metallurgia nel complesso quadro delle culture delle steppe, che nelle maggiori correnti stilistiche (arte degli Sciti, dell'Altaj e dell'Ordos) elabora un mondo figurativo, dominato dal tema animalistico. Ma la predilezione per l'immagine animale ha le sue più lontane manifestazioni nella schematizzazione decorativa dei vasi preistorici iranici, attraverso i quali si può seguire dal IV al III millennio quel processo di trasfigurazione dell'animale da un'immagine realistica a un'espressione essenzializzata (che sarà un carattere comune a tutta la produzione delle steppe), per ricondurre poi la forma nuovamente entro i termini di un vigoroso realismo. Tali aspetti appaiono costanti nella successiva arte iranica, secondo un'evoluzione (dall'arte di Sialk a quella di Hasanlu e di Amlash, fino alla bronzistica del Lorestan) che sembra costituire le premesse di quello che sarà il gusto per la rappresentazione dell'animale secondo la sensibilità degli Sciti stanziati nei territori eurasiatici. Il problema sull'origine e la simultanea diffusione del motivo animale ha dato luogo a suggestive ma non sempre conciliabili teorie. Molto viene attribuito all'estrema mobilità dei popoli nomadi, che si affacciano e premono ora su questa ora su quella civiltà, ma l'unità di fondo della rappresentazione dell'animale e la varietà delle soluzioni formali comportano distinzioni altrimenti spiegabili. Né tutto può venire imputato alla spinta delle migrazioni scitoidi, che dal Mar Nero si riversano fino alla Cina, introducendo nell'Estremo Oriente prodotti caucasici e della cultura di Hallstatt, responsabili, inoltre, nel 770 a. C., dell'arretramento della capitale cinese dei Chou a Luoyang. Scartata l'ipotesi di una sola fonte alimentatrice dell'arte delle steppe e considerando di questa l'accentuato carattere autonomo, si è ritenuto di vedere in questo fenomeno figurativo una serie di legami e di correlazioni che avvicinano civiltà diverse. L'arte delle steppe sembra svilupparsi da un mosaico di culture concatenate mediante direttrici di diffusione che si spostano continuamente da NE (culture del Bajkal) a SW (area iranica e quella caucasica nella fioritura della cultura di Talish, che partecipano delle manifestazioni bronzistiche dell'Ordos, coinvolgendo aspetti dell'Europa meridionale) e viceversa. È con la cultura di Karasuk (1200-700 a. C.), legata alle vicende metallurgiche della civiltà cinese Shang (nei cui bronzi appare l'enigmatica e fantastica immagine del t'ao-t'ieh), e poi con quella conseguente di Tagar (700-300 a. C.), punto d'incontro tra l'Ordos e la Scizia, che l'immagine dell'animale assume un ruolo di primo piano nella già avanzata tecnica bronzistica, imponendosi con un'espressione decisamente realistica. Saranno proprio le manifestazioni di queste culture, impregnate di apporti estremo-orientali (Ordos) e di altri dell'Asia anteriore (mediati poi da interferenze scito-sarmate), a investire, oltre le zone del Bajkal e della Mongolia, quelle altaiche, che, sulla spinta migratoria degli Hsiung-nu, daranno vita dal IV al II sec. a. C. a quella componente culturale unno-sarmata detta di Pazyryk. Qui la rappresentazione dell'animale rivela insieme influssi iranici, ellenistici e cinesi. L'arte delle steppe non si esaurisce nella pur vasta area in cui era germinata e sviluppata, ma si diffonde ancora e trova nuove direttrici d'espansione in Asia (nel Tibet, dove persiste fino a noi) e in Europa (tramite i contatti tra gli Unni e i Germanici), rivitalizzata dall'arte dei Vichinghi e non priva di influssi nell'azione esercitata sull'arte cristiana. Più tardi la figurazione zoomorfa diviene motivo decorativo dell'arte popolare scandinava, finlandese e lappone.

Bibliografia

D. O. Carter, The Symbol of the Beast, New York, 1957; M. Bussagli, Culture protostoriche e arte delle steppe, in “Le Civiltà dell'Oriente”, vol. IV, Roma, 1962.

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