Descrizione generale

agg. e sm. [anti-2+concezionale]. Mezzo destinato a prevenire o a impedire il concepimento in maniera temporanea e reversibile, sia ostacolando l'incontro tra lo spermatozoo e la cellula-uovo, sia inibendo la maturazione di quest'ultima. È detto anche contraccettivo, antifecondativo. Non vanno inclusi tra le procedure anticoncezionali i metodi di sterilizzazione chirurgica definitiva (legatura delle trombe uterine nella donna, vasectomia o legatura dei canali deferenti nell'uomo), nonché gli interventi successivi alla formazione dell'embrione, cioè le pratiche abortive di qualsiasi tipo. L'impiego di anticoncezionali è pratica molto antica: già gli Egizi e i Greci ricorrevano a preparati spermicidi per uso vaginale, o a diaframmi di sostanze cerose atti a impedire la penetrazione del seme nella cavità uterina. Questi metodi non hanno subito rilevanti modificazioni fino agli ultimi decenni del sec. XX, quando l'esplosione demografica ha posto in termini drammatici il problema della limitazione delle nascite e ha creato un nuovo e vivace interesse per i mezzi anticoncezionali in senso sia medico sia socio-demografico. Le conoscenze sui contraccettivi sono in rapida evoluzione per via delle ricerche che a ritmo crescente vengono condotte in varie parti del mondo al fine di migliorare il carattere dei metodi anticoncezionali sotto il profilo sia sanitario sia etico e psicologico. L'efficacia dei contraccettivi può essere stabilita con notevole precisione, specie nell'ambito di collettività in cui la loro applicazione si presta a un controllo statistico. Una consueta espressione impiegata a tale proposito è la formulazione di Pearl

in cui A indica il numero di gravidanze-sorpresa; il numero 1200 è un fattore fisso che esprime in mesi un tempo standard di “esposizione” equivalente a 100 anni-femmina (100 a. f.); Mt è il tempo (in mesi) trascorso dall'epoca del primo accoppiamento, a cui vengono sottratti i mesi complessivi (Mi) nei quali il concepimento sarebbe stato impossibile per malattie, gravidanze, mancanza di rapporti, ecc. In assenza di pratiche anticoncezionali il valore di R oscilla tra 60 e 100 gravidanze/100 a. f.; pertanto il rilievo di R=30–50 indica che in un determinato periodo di osservazione (in genere un anno) il numero di gravidanze si è ridotto del 50% rispetto alla norma. L'efficacia degli anticoncezionali viene definita ampia se R è inferiore a 10 gravidanze indesiderate/100 a. f., media se R è compreso tra 10 e 20, scarsa se R è superiore a 20. Gli anticoncezionali oggi esistenti possono essere classificati in tre principali gruppi: mezzi antiovulatori; mezzi inibenti la spermatogenesi o l'attività fecondativa delle cellule spermatiche (il cosiddetto "pillolo maschile"): mezzi che si oppongono alla fecondazione dell'uovo.

Mezzi antiovulatori

Tra gli anticoncezionali adottati su vasta scala, le sostanze inibenti l'ovulazione costituiscono il gruppo più recente . L'era moderna degli anticoncezionali chimici ha inizio nel 1954 con la sintesi del nor-etisterone alla quale fecero seguito le prime esperienze cliniche di G. Pincus sui progestinici di sintesi. Dal punto di vista chimico gli antiovulatori appartengono a due categorie: derivati del 17-α-idrossiprogesterone, quali l'acetato di medrossiprogesterone, l'acetato di megestrolo, il clormadinone; derivati del 19-nor-testosterone. I progestinici vengono impiegati da soli oppure in associazione con un estrogeno, che spesso è rappresentato dall'etinil-estradiolo o dal mestranolo, cioè da prodotti intermedi della sintesi industriale dei 19-nor-testosteronici. Gli antiovulatori esercitano la loro attività anticoncezionale con un duplice meccanismo: inibizione funzionale dell'ovaio e modificazioni dell'ambiente uterino che impediscono il processo della fecondazione. L'inibizione ovarica arresta lo sviluppo del follicolo e la formazione del corpo luteo, realizzandosi sia direttamente sulla ghiandola sia attraverso l'ipotalamo, a livello del quale i progestinici inibiscono la liberazione di gonadotropine. Per effetto degli antiovulatori il muco cervicale diviene scarso, vischioso e modifica la sua composizione, determinando condizioni locali sfavorevoli alla penetrazione uterina degli spermatozoi. Importanti modificazioni si producono anche a livello endometriale, tanto da rendere difficile l'eventuale annidamento dell'ovulo. È ormai accertato che il blocco dell'ovulazione per un periodo corrispondente ad almeno tre o quattro cicli mestruali influisce favorevolmente sull'ulteriore fecondità della donna e che tale effetto è proporzionale alla dose di ormoni assunta. La sospensione del trattamento antiovulatorio produce infatti un forte stimolo funzionale dell'ovaio tendente a compensare le precedenti mancate ovogenesi. Ciò spiega i soddisfacenti risultati talora forniti dai progestinici ad alto dosaggio nella terapia antisterile e la frequenza di gravidanze gemellari che si riscontra al termine di trattamenti antiovulatori (tale effetto è di minore entità con le forumlazioni anticoncezionali attuali, in cui il dosaggio ormonale è molto basso, tale cioè da inibire l'ovulazione ma non da bloccare tutte le altre funzioni svolte dagli ormoni naturali prodotti nell'organismo femminile). Gli estrogeni esaltano e completano l'attività dei progestinici, facilitando, inoltre, le modalità del trattamento ciclico. Quest'ultimo può essere condotto: mediante l'impiego giornaliero dell'associazione estrogeno-progestinico dal 5º al 24º giorno del ciclo mestruale; attraverso la somministrazione continuata del progestinico utilizzato isolatamente; attraverso l'impiego quotidiano del progestinico per un periodo relativamente breve (5 giorni) seguito dal trattamento estrogenico per un tempo più lungo (16 giorni). Il trattamento antiovulatorio può avere vari effetti collaterali, quali cefalea, vertigini, turbe caratteriali (irritabilità, depressione), dolori mammari, disordini del ciclo mestruale (amenorrea, metrorragie), manifestazioni tromboemboliche. Tuttavia l'effetto secondario che più spesso induce all'interruzione del trattamento è l'aumento del peso corporeo, effetto ridotto con le attuali formulazioni a basso dosaggio. Gli anticoncezionali vengono in genere sconsigliati nei soggetti con disturbi gastrici ed epatici oppure con manifestazioni o precedenti tromboembolici (varici, flebiti, ecc.). Un discorso a parte merita, per le polemiche suscitate, la cosiddetta “pillola del giorno dopo”, considerata da alcuni al limite della pratica contraccettiva poiché non impedisce la fecondazione dell'ovulo ma l'attecchimento della blastocisti, ossia dell'aggregato di cellule che si forma nei giorni immediatamente successivi alla fecondazione. Basata sulla molecola levonorgestrel, la pillola agisce elevando notevolmente il livello degli ormoni femminili, gli estrogeni, e creando così nelle pareti interne dell'utero (endometrio) un ambiente decisamente inospitale per l'annidamento dell'ovocita fecondato.

Mezzi inibenti la spermatogenesi

Poiché l'applicazione pratica dei mezzi inibenti la spermatogenesi ha una limitata applicazione pratica, se ne darà solo un breve cenno. In realtà sono inclusi in questo gruppo non solo gli anticoncezionali che inibiscono la formazione degli spermatozoi, ma anche quelli che ne bloccano selettivamente l'attività. Tra le sostanze maggiormente studiate si ricordano: A) gli estrogeni e i progestinici di sintesi, i quali bloccano la secrezione di gonadotropine ipofisarie e quindi la produzione di testosterone nelle cellule interstiziali del testicolo. La loro somministrazione determina una temporanea azospermia, cioè la produzione di spermatozoi non vitali. L'interruzione del trattamento ripristina dopo un certo tempo la normale fecondità seminale. L'effetto secondario che rende difficoltoso l'impiego pratico di detti composti è rappresentato dalla diminuzione o dalla perdita della libido, anche se sono state portate avanti con discreto successo alcune sperimentazioni cliniche con composti a basso dosaggio. B) Alcuni nitroderivati furanici, tiazolici, vari esteri solfonici e le dicloroacetilammine bloccano la spermatogenesi per azione diretta sull'epitelio germinale del testicolo. La tossicità di tali sostanze è tuttavia particolarmente elevata, tale da rendere impossibile la loro utilizzazione abituale a fini anticoncezionali. C) Sostanze attive per via immunologica. Nello spermatozoo esistono materiali aventi proprietà di antigene, i cui anticorpi (spermagglutinine) sono stati evidenziati sia nelle secrezioni uterine sia nel sangue di soggetti sterili di ambo i sessi. Sono oggi al centro di numerose ricerche di laboratorio, con l'obiettivo di creare i cosiddetti anticoncezionali immunologici.

Mezzi che evitano la fecondazione dell'uovo

Accanto ai metodi basati sull'astinenza nei periodi fertili della donna nel corso del ciclo mestruale (per esempio la legge di Ogino-Knaus, il metodo Billings), occorre accennare ai presidi meccanici maschili e femminili. Molto diffusi sono gli anticoncezionali vaginali e intrauterini di varia foggia e costituzione, destinati, i primi, a impedire la penetrazione uterina del seme, gli altri (IUD o Intrauterine Devices) ad accelerare la migrazione dell'ovulo o a impedirne l'annidamento. Ampiamente utilizzati anche il profilattici. Vanno infine ricordate tra gli anticoncezionali le numerose sostanze spermicide che, applicate prima o appena dopo l'accoppiamento, provocano la morte della cellula spermatica o la sua immobilizzazione nell'ambiente vaginale.

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