antipirina

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sf. [da anti-2+greco pyr, fuoco+-ina]. Nome d'uso del composto chimico 2,3-dimetil-1-fenil-3-pirazolin-5-one, di formula

È noto anche come ossichinazolina o dimetilossichinazina e come fenazone. Scoperto da L. Knorr nel 1883, è un farmaco dotato di proprietà analgesiche e antipiretiche. Si prepara per azione dell'acetato di etile sulla fenilidrazina e successiva metilazione. È una polvere bianca, cristallina, leggermente amara, solubile in acqua e nei solventi organici. L'antipirina, somministrata per bocca o per via rettale, esercita effetti antidolorifici per azione diretta sui centri nervosi sottocorticali, mentre la sua attività antipiretica è legata alla depressione dei centri termoregolatori che determina vasodilatazione cutanea, sudorazione e quindi dispersione del calore. Applicata localmente, l'antipirina ha effetti emostatici in quanto provoca la coagulazione delle proteine plasmatiche e tessutali e favorisce la trasformazione del fibrinogeno in fibrina. Può talora causare vomito, tremori ed eruzioni cutanee. Vari derivati dell'antipirina, quali l'acetilsalicilato, il mandelato e il salicilato, vengono impiegati nella medicina umana e veterinaria per i loro effetti antipiretici e analgesici. La sua importanza è anche legata al fatto che costituisce l'intermedio chiave per la sintesi industriale di altri analgesici antipiretici a struttura pirazolonica, più usati dell'antipirina stessa (amminofenazone o piramidone, sulfamipirina, dipirone, ecc.).

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