antireumàtico

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Farmacologia

agg. e sm. (pl. m. -ci) [anti-2+reumatico]. Farmaco impiegato nel trattamento sintomatico delle malattie reumatiche. Nel reumatismo articolare acuto le finalità della terapia farmacologica sono essenzialmente rivolte a ridurre la durata degli attacchi, lo stato febbrile, le possibili complicanze cardiache, la contrattura spastica della muscolatura. Gli agenti antireumatici di più largo impiego sono i salicilici (salicilato di sodio, acido acetilsalicilico) e alcuni derivati corticosteroidi in virtù soprattutto della loro efficace azione analgesica e antinfiammatoria. Soddisfacenti risultati si ottengono inoltre con l'impiego del piramidone (amminofenazone), del fenilbutazone e con i derivati dell'acido fenilacetico. Il trattamento delle forme croniche si avvale sostanzialmente degli stessi farmaci impiegati nelle forme acute. Il loro dosaggio viene tuttavia ridotto per limitarne gli effetti collaterali e le complicanze tossiche legate al protratto impiego nel tempo. Altri antireumatici impiegati nella terapia dell'artrite cronica sono l'indometacina, alcuni composti organici solforati, la clorochina e i sali di oro (auritioglucosio, aurotiomalato sodico). L'utilizzazione di questi ultimi farmaci (che non sono gastrolesivi ma che possiedono un'elevata tossicità a carico del fegato e del rene) è in genere riservata alla terapia dell'artrite reumatoide.

Studi e ricerche

È stato in parte chiarito il meccanismo d'azione dei farmaci antireumatici. Si è infatti ottenuta la dimostrazione con ricerche biochimiche e farmacologiche che l'attività analgesica di questi composti deriva soprattutto dalla loro interferenza nella sintesi o nel metabolismo di sostanze algogene fisiologiche, come la bradichina e le prostaglandine. All'origine dell'effetto antinfiammatorio vi sarebbero invece vari meccanismi: il blocco dei meccanismi cellulari dell'infiammazione, la stabilizzazione della membrana dei lisosomi, l'interferenza nella sintesi o nell'attività di mediatori del processo infiammatorio (istamina, serotonina, chinine), il blocco della sintesi delle prostaglandine. Un problema aperto nella farmacoterapia antireumatica è rappresentato dagli effetti secondari che i vari farmaci, anche i più moderni, esercitano a carico dell'apparato gastrointestinale: gastrite, riattivazione dell'ulcera peptica, emorragie gastriche. Alcuni preparati sono senza dubbio meno gastrolesivi degli antireumatici salicilici e dei derivati cortisonici; si ritiene tuttavia che all'attenuazione della tossicità dello stomaco corrisponda una proporzionale diminuzione del potere antinfiammatorio. La ricerca farmacologica ha comunque avuto grande impulso negli ultimi anni del sec. XX e ha portato alla produzione di molti farmaci antireumatici: alcuni sono dotati di potente azione antinfiammatoria, altri agiscono abolendo il dolore o altri sintomi delle affezioni reumatiche senza influire sul processo infiammatorio che è alla loro origine.

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